Star Wars: The Old Republic
Metti un orco nello spazio...
Le quest che ho potuto svolgere nei primi livelli del mio personaggio (un guerriero Sith di nome Xalke) sono state le stesse che ho trovato in qualsiasi MMO: vai lì ed esplora quella location, vai là e uccidi 5 mostri di un tipo e 6 dell’altro, raccogli il tale oggetto in quella zona impestata e riportalo indietro, ecc.
Tutto molto convenzionale, quindi, così come convenzionali sono le spell che ho avuto a disposizione. La prima cosa da fare presente è che il guerriero Sith altri non è che un Warrior di World of Warcraft tirato a lucido, e quindi completamente incentrato sulla gestione della Rage. In altre parole si vede un mob in lontananza, si usa l’abilità Force Charge (una carica da lontano che costruisce rage e lascia l’avversario stunnato qualche secondo), quindi si apre con Assault (una serie di rapidi attacchi che non costano nulla) e, quando si è abbastanza carichi, si usa Vicious Slash, un colpo potentissimo che al costo di una modesta quantità di rage oneshotta (o bishotta, se proprio va male), il tapino che abbiamo di fronte.
Chiudono il cerchio delle abilità disponibili inizialmente Channel Hatred (assimilabile alle bende di WoW, con tanto di cooldown, per curare le proprie ferite) e Call Shuttle, che ho trovato in cooldown ma che stando al tooltip è a tutti gli effetti la buona, vecchia e cara Hearthstone. L’unica curiosità rimasta irrisolta da questa prova è che ogni personaggio avrà a disposizione un’astronave che dovrebbe servire come base d’appoggio e per gli spostamenti, velivolo che purtroppo non ho potuto esplorare di persona in quanto appunto non richiamabile.
Una volta completate le quest e ottenuto qualche pezzo di armatura più performante e un’arma che non sembrasse un oggetto carnevalesco, è stato il turno di passare a trovare i vendor appostati poco fuori il mio punto di partenza e quindi dare un’occhiata ai trainer nelle immediate vicinanze.
Tutte cose che per me che gioco a WoW sin dall’alpha hanno un sapore incredibilmente familiare, sapore che risponde, in parte, al quesito che avevo menzionato in apertura. Già, perché alla fine, sebbene 25 minuti di gioco in un MMO siano una goccia nell’oceano, ciò che ho visto non è altro che una riedizione spaziale di World of Warcraft. Stesse dinamiche, stessa velocità di gioco e stessa gestione del personaggio (almeno, di quell’unico che ho provato). C’è persino il quest tracker e lo scroll combat text che rigurgita numeri sopra le teste dei nostri avversari.
Così come in WoW nei primi livelli, infine, è pressoché impossibile morire: durante la mia prova non ho mai neppure lontanamente corso il rischio di lasciarci le penne, né ho dovuto fare affidamento sull’aiuto di qualcun altro per completare le quest. Il vero grado di difficoltà di questo gioco, prematuramente classificato come inesistente, è quindi ben lungi dall’essere comprensibile.
Volendo concludere allora questo primo e rapido hands on di TOR, credo si possa affermare con una certa tranquillità che ci troviamo di fronte a un serio concorrente di World of Warcraft, se non altro perché BioWare pare avere preso a esempio il suo rivale come nessun altro aveva mai osato fare prima, se escludiamo qualche clonazzo russo uscito negli ultimi mesi.
E mentre gli appassionati delle terre di Azeroth si trascinano non senza una certa stanchezza per le lande di Northrend in attesa di qualche Cataclisma che ne rivitalizzi l’esistenza (parallela, s’intende), Electronic Arts pare volerci attrarre con un gameplay fotocopia arricchito però da più poligoni, texture maggiormente definite e un contesto sempre accattivante nonostante abbia oltre trent’anni sul groppone.
Qualsiasi altro giudizio è ovviamente sospeso in attesa di potere provare il gioco più a lungo e in altre circostanze (come party, istanze e dungeon, giusto per fare i primi esempi che mi vengono in mente), ma quanto meno questo E3, tra le tante cose, è servito a inquadrare meglio questo MMO di BioWare, dipinto come rivoluzionario ma che, almeno al momento, pare molto più tradizionale di quanto non voglia sembrare.