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Starbound - prova

Girovagare per lo spazio può ancora divertire?

Lo spazio, inteso come ultima frontiera, ha avuto vita breve in ambito videoludico. Sin dagli albori del passatempo di cui siamo così fervidamente appassionati, si sono susseguiti titoli che per mezzo dell'immaginazione hanno scandagliato le più remote galassie, mettendoci al comando di vascelli fantascientifici in grado di solcare i mari privi di gravità del cosmo a velocità smodate. Starbound si inserisce in questo ricco filone narrativo, cercando di restituirci la magia dell'esplorazione scomparsa in maniera direttamente proporzionale alla quantità di titoli a tema spaziale usciti nel corso di decenni.

Starbound è quindi e innanzi tutto un gioco di esplorazione. Il tutorial, che è preceduto da una rapida fase di creazione del personaggio in cui scegliere razza e aspetto del nostro pixelloso alter-ego, ci informa dello status di esuli. Per sfuggire alle consuetudini barbare dei nostri simili o per la mancanza di un pianeta da chiamare "casa", ci troviamo dunque a vagare per lo spazio in solitudine a bordo della nostra astronave. Il gioco guida i nostri passi attraverso alcune missioni preliminari in maniera più o meno dettagliata, descrivendo dapprima con precisione le procedure da seguire per poi lasciarci una sempre maggiore autonomia.

A pochi minuti dall'inizio della nostra esperienza ci troviamo comunque già con i piedi ben piantati a terra. Le esigenze più banali, come la raccolta di cibo e di materiali per la costruzione, ci spingono in fretta ad abbandonare la comodità del nostro angusto mezzo di trasporto e a catapultarci sulla superficie del pianeta attorno a cui orbita.

Nulla rilassa come visitare un penitenziario intergalattico.

È a questo punto che si può provare un certo smarrimento, non solo per via della vastità dello scenario, che si estende per decine di chilometri virtuali in tutte le direzioni, ma anche per il numero di cose da fare e da creare. Se il tutorial infatti accompagna nell'apprendimento dei rudimenti, il resto è lasciato completamente al giocatore, creando facilmente un po'di confusione qualora manchi un pizzico di intraprendenza.

"A seconda del pianeta ci dovremo confrontare con giungle, distese di ghiaccio, campi di asteroidi o deserti"

A seconda del pianeta ci dovremo confrontare con giungle, distese di ghiaccio, campi di asteroidi o deserti. Ce ne sono a migliaia, sono tutti generati casualmente con una varietà e una qualità di costruzione notevoli. I biomi più ostili ci daranno il benvenuto con piogge acide e sciami di meteoriti, mettendo velocemente a nudo la natura survival del titolo, anche se inizialmente faremo i conti con asperità adatte alla nostra scarsa esperienza. Proprio come i pianeti, gli esseri viventi che incontreremo saranno dotati di caratteristiche del tutto imprevedibili, dall'aspetto alle abilità che posseggono. Non mancherà mai il senso di mistero nello scorgere un nuovo avversario, che porterà a domandarci "come potrei morire questa volta?".

Se non si è soliti adottare un approccio più che cauto, la morte ci farà infatti visita spesso, sebbene le sue conseguenze non siano drastiche come si potrebbe pensare. Esaurita la nostra riserva di punti vita verremo semplicemente rigenerati a bordo del nostro vascello, in possesso di tutto il nostro equipaggiamento ma privati di una modesta quantità di Pixel, la valuta del gioco utilizzata per commerciare e costruire gli oggetti più potenti. Una penalità decisamente di poco conto, se pensiamo a cosa giochi come Minecraft e Terraria ci hanno abituati durante i nostri tête-à-tête con la Mietitrice.

Alcuni dungeon sono piuttosto evocativi.

Il gap tecnologico fra noi e le primitive forme di vita autoctone è evidente e si concretizza nella possibilità di creare armi da mischia o da distanza, nonché armature per proteggerci. Il tutto è gestito da un'interfaccia già sorprendentemente rifinita per lo sviluppo embrionale in cui si trova il gioco, sebbene la ricchezza di opzioni vada in parte a scapito dell'intuitività.

"Per com'è concepito al momento non possiamo purtroppo elogiare il sistema di combattimento"

Per com'è concepito al momento non possiamo purtroppo elogiare il sistema di combattimento, vessato da un'eccessiva semplicità, dall'intelligenza artificiale che come spesso accade di intelligente non ha poi molto, e per l'impossibilità di farsi un'idea precisa delle potenzialità dei nostri avversari, un problema sentito soprattutto nelle fasi avanzate del gioco.

I deboli mostri che si opporranno a noi inizialmente non sono del resto che l'antipasto di quello che il gioco ha da proporci. I dungeon, anch'essi generati secondo i canoni della casualità, sono una realtà importante: non solo spezzano la routine del nostro peregrinare ma ci mettono a contatto con altri esseri senzienti. Questi saranno a volte amichevoli, molto più spesso ostili e diverranno fonte di materili rari, Pixel e armi, se saremo abbastanza abili da ripulirli. In futuro verrà implementato un articolato sistema di quest che sicuramente renderà più conveniente avventurarsi nei dungeon più pericolosi dell'universo.

Ecco come si presenta un villaggio dei Floran, una delle sei razze attualmente disponibili.

Ancora una volta si rimane sorpresi della varietà con cui, anche in questo caso, gli ambienti vengano generati in modo armonioso, quasi fossero costruiti con certosina cura manuale, con arredi, trappole, stanze e tesori sistemati con naturalezza. Di buona fattura, oltre al comparto grafico, è la malinconica colonna sonora del gioco, che sottolinea i passaggi dal giorno alla notte, gli scontri con gli avversari e accompagna le nostre esplorazioni.

"Il gioco è una sorpresa dietro l'altra, una matrioska in cui il contenuto è più grande del contenitore"

Il rischio che alla lunga stanchi è presente ma svolge il suo lavoro più che bene, caratterizzando persino i cruciali incontri con i boss. Per progredire nel gioco è infatti necessario sconfiggere questi avversari che si distinguono per potenza in virtù di una resistenza superiore e di abilità uniche, che necessiteranno di una breve fase di studio per evitare che ci annieno. I materiali che ricaveremo se lo scontro avrà successo serviranno a potenziare i motori della nostra astronave, sbloccando settori della mappa precedentemente inaccessibili e nuovi oggetti da costruire.

Parlando di un titolo in Early Access è inevitabile la presenza di bug che però, vale la pena di notare, non pregiudicano l'esperienza ludica. Qualche sporadica collisione imprecisa durante gli scontri, gli altrettanto limitati crash e poco altro: questo è tutto ciò che Starbound ha da offire in materia per la sua prima fase della beta, denominata Progenitor, che precede le due fasi finali denominate Automaton e Bio-organic.

La beta di Starbound decolla con questo video.

Probabilmente non è un grosso rischio vaticinare il successo di Starbound. Fossimo venali basterebbe il milione di copie vendute per affermarlo. Gli sviluppatori della Chucklefish hanno ancora molto su cui lavorare, ma al momento il gioco è una sorpresa dietro l'altra, una matrioska in cui il contenuto è più grande del contenitore ogni volta che lo si apre.

Sarebbe ugualmente avventato dare ora un giudizio definitivo. Con tutte le caratteristiche messe sul piatto c'è la possibilità che Starbound vada ciecamente a raggiungere la ricca schiatta di titoli che hanno osato sempre di più, per poi cadere vittima della propria ambizione. E viste le premesse sarebbe un peccato se, inebriato dal troppo successo, prendesse la rotta sbagliata e volasse troppo vicino ad uno dei suoi tanti soli.

Avatar di Matteo Tabai
Matteo Tabai: È un ragazzo abbastanza alto, appassionato di videogiochi, musica, montagna e buon cibo. Onnivoro sia a tavola che con un controller in mano, ha l'assurda pretesa di fare dei videogames la sua professione. Chi vivrà, vedrà.
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Starbound

PS4, Xbox One, PC, Mac

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