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Starlink: Battle for Atlas - recensione

Le navi spaziali di Ubisoft decollano, ma il carburante non è certo a buon mercato.

Non ci sono dubbi che Starlink: Battle for Atlas sia un titolo valido. Lo diciamo candidamente, ci siamo divertiti parecchio giocando con le navicelle spaziali di Ubisoft. Forse meno a lungo di quanto avremmo sperato, è vero. In appena dodici ore abbiamo portato a termine la missione principale, ma sono comunque state dodici ore molto intense, durante le quali abbiamo faticato a mettere giù il controller.

Il problema però sorge non appena lo mettiamo giù, il controller. Quando arriva il momento, cioè, di riporre nel cassetto il sorriso un po' ingenuo del bimbo che vola fra pianeti sconosciuti e di indossare lo sguardo corrucciato del recensore puntiglioso. Sguardo che inesorabilmente cade sulla collezione di piloti, cannoni e astronavi che, mentre scriviamo, occupa buona parte della nostra scrivania.

Starlink: Battle for Atlas è un prodotto che gli addetti del settore amano identificare con l'etichetta Toys-to-life. Così come gli ormai defunti Skylanders, Disney Infinity e LEGO Dimension, il gioco interagisce con oggetti fisici, tangibili. Grazie ad uno speciale accessorio da collegare al controller (la versione per Switch include invece un grip dedicato nel quale infilare i Joy-Con) possiamo cambiare personaggi ed equipaggiamenti su schermo incastonando letteralmente fra loro pezzi di plastica. Prima infiliamo sul supporto il pilota, poi ci posizioniamo sopra la navetta, infine selezioniamo le armi da agganciare alle ali.

Volendo, su suddette ali possiamo inserirne un altro paio per modificare le statistiche della nave, o montare i cannoni al contrario, così da sparare ai nemici che ci colgono alle spalle. Ogni modifica, ogni variabile, viene istantaneamente letta dal gioco e riprodotta fedelmente su schermo. Ed è una cosa assai bella. La fisicità dell'esperienza è un elemento fondamentale nel successo di un titolo del genere, e più tocchiamo i vari accessori, più li maneggiamo, maggiore sarà l'affetto che proveremo per essi. In fondo sono giocattoli, non semplici statuine che scannerizziamo una volta e poi lasciamo sullo scaffale a prendere polvere.

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Da questo punto di vista Starlink è forse il Toys-to-life meglio riuscito. La sensazione di controllo sull'astronave è potente, anche solo per il fatto di averla sempre davanti a sé, appollaiata sul controller. Inizialmente l'effetto è un po' strano, ma nel giro di un paio d'ore si instaura subito un rapporto speciale col proprio velivolo. Cambiare le armi al volo diventa un'operazione naturale, e in più di qualche occasione abbiamo provato l'irrefrenabile istinto di ondeggiare il pad a destra e sinistra per simulare il volo del mezzo.

La massa che ci portiamo appresso fortunatamente non è mai eccessiva, e sessioni da più ore con in mano un controller a pieno carico non hanno mai causato fastidio o stanchezza. Merito di Ubisoft, senza dubbio, per aver trovato un buon compromesso fra peso dei materiali e qualità, ma c'è da tener conto che la versione Switch, da noi testata, può fare affidamento anche sulla leggerezza dei Joycon. Per intenderci, grip più navicella pesano solamente 50 grammi in più rispetto al controller di Xbox One senza nulla montato sopra. Per quanto riguarda le altre piattaforme preferiamo quindi non sbilanciarci.

Dopo le fasi iniziali, però, è successo qualcosa che ha cambiato totalmente il nostro modo di vivere il gioco. Durante uno scontro, infatti, siamo morti. Starlink funziona esattamente come altri prodotti simili: ogni astronave in nostro possesso equivale ad una vita, e se vogliamo evitare il game over dobbiamo necessariamente sostituire il mezzo. Un semplice trucchetto per incentivare l'acquisto di altri kit e specialmente per i più piccini, ricominciare una boss fight dall'inizio ad ogni morte può risultare un filo frustrante.

Ebbene, nello starter pack della versione per Nintendo Switch sono già presenti due navi, una delle quali ci viene data in formato digitale. Perché sì, alla fine i giocattoli servono relativamente. Ogni volta infatti che utilizziamo un accessorio questo viene registrato nel menù, ed è possibile poi equipaggiarlo senza avere il pezzo a portata di mano. Una soluzione intelligente per poter giocare al titolo Ubisoft in portatile, e in generale per non dover obbligatoriamente sopportare la navicella che ci svolazza sempre davanti al naso.

Per quanto il design degli elementi originali di Starlink sia apprezzabile, l'Arwing di Fox McCloud rimane l'astronave più bella e affascinante da utilizzare.

Siamo morti, dicevamo, e per proseguire dovevamo salire a bordo del nostro secondo velivolo. Il gioco però non ce lo lasciava fare, non con la nave di plastica ancora montata sul controller. In poche parole, non è possibile giocare mescolando elementi fisici e digitali. Abbiamo dovuto smontare tutto e passare alla modalità full digital. Una volta riparato il mezzo siamo ripassati alla configurazione fisica, ma poi, ovviamente, siamo morti ancora. E ancora. E ancora... Alternare le due modalità è ben presto diventato uno stress e alla fine ci siamo arresi e siamo arrivati ai titoli di coda senza più toccare una singola astronave.

A confondere ancora di più le carte in tavola, acquistando il gioco dall'eShop, allo stesso prezzo dello starter pack che compriamo in negozio è possibile ottenere un pacchetto con ben cinque navi, sette piloti e dodici cannoni: una serie di contenuti assai superiore a quella del bundle fisico. Certo, non avremmo avuto il piacere di toccare tutto con i nostri polpastrelli, ma è un piacere che giustifica l'esborso di ben 30€ a kit? Soprattutto quando ci limitiamo a scannerizzare i pezzi e a lasciarli poi sullo scaffale a prendere la polvere?

Ecco quindi la ragione dello sguardo corrucciato. Qualcosa che non quadra, i conti non tornano. Il modello economico messo in piedi da Ubisoft ci fa storcere un po' il naso, e questa dualità fra fisico e digitale, che in teoria avrebbe dovuto essere un punto di forza, ci lascia perplessi. Dopo l'entusiasmo iniziale abbiamo cominciato a provare un distaccamento via via sempre più pungente nei confronti di queste navicelle. Un peccato, considerando che, come detto in apertura, il gioco in sé ci è piaciuto.

Starlink: Battle for Atlas è una piacevolissima avventura open world ambientata fra i pianeti di una galassia lontana. I protagonisti di questa odissea interplanetaria sono i membri dell'equipaggio della Equinox, una nave spaziale terrestre capitanata dall'esimio scienziato Vincent St. Grand. Quest'ultimo, dopo essere entrato in contatto con una particolare tecnologia aliena, si è distinto per essere l'unico essere da un capo all'altro dell'universo in grado di sintetizzare un'antica forma di energia, il Nova.

Nonostante i pianeti non presentino tantissimi punti di interesse, la palette cromatica e gli effetti di luce regalano scorci incantevoli.

Il suo talento lo pone nel mirino di Grax e della sua Legione, un esercito malvagio con mire espansionistiche ma a corto di carburante. Non appena la Equinox giunge nel sistema di Atlas, Grax non si lascia sfuggire l'occasione di rapire St. Grand per metterlo ai lavori forzati. Carpito il segreto del Nova, i cattivi possono nuovamente riempire i serbatoi dei loro potentissimi armamenti e partire alla conquista del cosmo.

Spetta alla ciurma della Equinox correre in soccorso del loro capitano e dell'intera galassia. St. Grand aveva raccolto attorno a sé un gruppo eterogeneo di avventurieri, tutti abilissimi ai comandi di un caccia interstellare. Per quanto i piloti siano uno degli elementi fondamentali del titolo, la loro personalità non ci stupisce più di tanto. Gli autori si sono limitati a tratteggiare superficialmente una manciata di stereotipi, che si limitano a portare avanti una narrazione senza alti né bassi.

Difficile affezionarsi a qualcuno di essi in particolare, e la scelta di chi equipaggiare, fra le statuine che abbiamo a disposizione, dipende esclusivamente dalle loro abilità speciali in battaglia. Ogni pilota infatti ha un particolare potere da scatenare durante gli scontri, dall'abilità di rallentare il tempo, per esempio, alla possibilità di chiamare in campo degli alleati. Se potenziati a dovere e usati al momento giusto, questi poteri possono cambiare le sorti di un combattimento.

Le vere protagoniste di Starlink sono le astronavi, da cui, in fondo, non scendiamo mai. I comandi sono puliti, agevolati da un sistema di mira ben calibrato che difficilmente fa mancare il bersaglio. Nelle fasi più propriamente aeree, nonostante le schivate, i cambi di direzione e i caccia nemici che sfrecciano in tutte le direzioni, non perdiamo mai il senso dell'orientamento.

Date le vaste dimensioni dell'universo di gioco e l'assenza di caricamenti, su Switch sono stati fatti dei sacrifici dal punto di vista grafico. Piuttosto bassa la definizione, bene invece il frame rate, stabile a 30 fps con rari cali nei momenti più concitati.

Lo spazio profondo, fra i bagliori stellari e cinture di asteroidi, fa da palcoscenico agli scontri più epici. In alcuni casi la nostra flotta dovrà abbattere giganteschi incrociatori, protetti da torrette difensive e sciami di caccia nemici che ci costringono a danzare fra i raggi laser. Sono momenti emozionanti ed adrenalinici, che non hanno nulla da invidiare alle battaglie spaziali viste al cinema.

Sulla superficie dei pianeti il gameplay cambia radicalmente. Spegnendo i motori la nostra nave comincia a fluttuare a pochi metri da terra, accostando la giocabilità a quella di uno sparatutto in terza persona, con tanto di salti e schivate. Può capitare di dover affrontare delle vere e proprie (per quanto brevi) sezioni platformistiche. Forse l'unica ingenuità dal punto di vista dei controlli, un po' troppo nervosi e scattanti per il genere di precisione richiesta.

I combattimenti terrestri sono assai dinamici e resi più avvincenti dal sistema elementale degli armamenti. Ogni cannone che agganciamo sulle ali della nostra navicella causa un tipo particolare di danni, più o meno efficaci contro un particolare tipo di nemici. Molto intuitivamente, per esempio, i cannoni termici sono lo strumento migliore contro i mostri criogenici. Un sistema che funziona e diverte, grazie soprattutto alla possibilità di creare combo fra tipologie diverse di armi. Possiamo per esempio congelare un nemico con i razzi congelanti e poi finirlo in quattro e quattr'otto col lanciafiamme.

Proprio in questo frangente, però, la natura Toys-to-life viene a mettere i bastoni fra le ruote. Perché tutto sommato conta relativamente poco chi usiamo come pilota o quale navicella equipaggiamo. Le armi però sono un elemento da non sottovalutare, che dona profondità e varietà al gameplay. Il cannone giusto al momento giusto semplifica la vita, e infastidisce sapere che dobbiamo sborsare del denaro per ottenerlo.

La prima battaglia contro un Prime è memorabile. Dopo una decina ci faremo il callo.

Ad unire ed amalgamare le diverse fasi di gioco interviene l'intelligente meccanica open world di Starlink. Per moltissimi versi il titolo di Ubisoft ricorda una versione in miniatura di No Man's Sky. Attraversare l'atmosfera di un pianeta e fiondarsi verso lo spazio senza alcuna soluzione di continuità dona le stesse sensazioni di libertà che ritroviamo nel simulatore spaziale di Hello Games.

Lo stesso stile grafico e la palette cromatica sgargiante contribuiscono a rafforzare questo parallelismo. Se escludiamo alcuni insediamenti sparsi qui e lì e i resti di un'antica civiltà, la superficie dei pianeti risulta quasi incontaminata, coperta da una vegetazione evocativa, popolata da strane creature che pascolano beate.

La sensazione di libertà, però, non riguarda solamente gli spostamenti, ma agisce più in profondità. Una volta superata la fase introduttiva ed essere entrati nel vivo dell'avventura, sarà il giocatore a prendere in mano le redini e a dipanare lo svolgersi degli eventi secondo il proprio ritmo e le proprie esigenze. Gli sviluppatori sono stati assai abili nel simulare una vera e propria guerra interplanetaria, e per avere la meglio sulla Legione non basta completare la missione e far fuori il nemico di turno.

Starlink è arricchito da un'interconnessione di elementi difficilmente semplificabile in poche parole, ma tenteremo ugualmente. Ogni settore di Atlas è attaccato da un potentissimo incrociatore. Questo incrociatore spedisce dei mostri aracniformi, chiamati Prime, sui vari pianeti del settore. La presenza di questi mostri potenzia ulteriormente l'incrociatore. I Prime vagano sulla superficie del pianeta per piantare estrattori, dei marchingegni che succhiano energia dal sottosuolo e potenziano il Prime che li ha installati. Più estrattori ci sono, maggiore è l'influenza della Legione sul pianeta.

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Cosa deve fare il giocatore? Semplicemente distruggere gli estrattori, così da indebolire il Prime. Poi distruggere tutti i Prime di un settore, così da indebolire l'incrociatore. Poi attaccare l'incrociatore e liberare il settore una volta per tutte. Un'impresa più facile a dirsi che a farsi.

Fortunatamente su ogni pianeta possiamo creare degli avamposti, grazie ai quali aumenteremo la nostra influenza. In pratica allestiremo un nostro piccolo esercito, che darà una mano a raccogliere risorse e a tenere a bada estrattori e Prime su un pianeta mentre noi ci occupiamo di quello vicino. Un aiuto fondamentale, perché se non ci sbrighiamo l'incrociatore ci mette un attimo a rispedire un nuovo mostro su un corpo celeste da poco liberato.

È un sistema intrigante, che alla lunga forse mostra un po' il fianco ad una certa ripetitività. Nonostante ciò, l'ottimo sistema di crescita riesce a mantenere le cose interessanti fino alla fine. Ogni elemento presente nel gioco acquisisce esperienza ed è potenziabile a proprio piacimento, e se ai piloti ad ogni livello possiamo assegnare dei punti abilità, ad armi e astronavi possiamo equipaggiare una serie di mod che troviamo durante il gioco, per lo più droppate dai nemici.

Alcune di queste mod sono assai rare e si ottengono completando determinate missioni. Ciò porta il giocatore a provare quel classico desiderio di completismo tipico dei migliori GDR, e quando siamo abbastanza forti possiamo anche tentare di variare la formula. Attaccare un Prime senza aver prima distrutto gli estrattori ci vedrà coinvolti in uno scontro più impegnativo e appassionante, e verso la fine è assai difficile resistere alla tentazione di attaccare un incrociatore pienamente operativo, con tutti i Prime che gli forniscono energia.

Durante i combattimenti spaziali i raggi laser non mancano di certo...

Dodici ore per completare la storia principale non sono molte ma ad onor del vero abbiamo giocato al secondo dei quattro livelli di difficoltà. Dato il target giovane del prodotto, è normale che il grado di sfida sia tarato verso il basso, e da giocatori con esperienza siamo volati attraverso le fasi conclusive senza preoccuparci troppo di raccogliere il mare di potenziamenti che ci attendeva in giro per la galassia.

Una volta sconfitto Grax, comunque, su Atlas c'è ancora tanto da fare, altre storyline da seguire e altri pianeti da esplorare. Una run al livello di difficoltà più indicato alle nostre abilità, che miri a completare tutto al 100%, può tenere impegnati anche per il doppio del tempo.

Starlink: Battle for Atlas è una nuova promettente IP dedicata ai giocatori più giovani, che permette loro di esplorare un universo vasto e affascinante. Nonostante la storia poco incisiva e una certa ripetitività di fondo, il gameplay avvincente è riuscito a conquistarci.

Limando alcuni aspetti il futuro di Starlink potrebbe essere roseo, ma la decisione dell'azienda francese di voler depredare i nostri portafogli vendedoci separatamente ogni singolo elemento di gioco potrebbe non trovare i favori del pubblico. Considerato soprattutto che la possibilità di giocare in digitale rende piloti e navicelle dei meri DLC di plastica.

Sarebbe un peccato non vedere questa serie evolversi e raggiungere il suo massimo potenziale negli anni a venire. Ma se ciò dovesse accadere, la colpa non potrà che ricadere su Ubisoft.

7 / 10