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Stiamo perdendo la borghesia dei videogiochi - editoriale

I progetti di medie dimensioni sono sempre più all'angolo.

Anthem Next non si farà più: il progetto originale resterà vivo (più o meno), ma Electronic Arts (EA) non intende spendere un dollaro in più nel miglioramento complessivo dell'esperienza. Non dovrebbe stupire: EA è una società quotata in borsa e quando si arriva a quel punto, i discorsi sul lato artistico e sull'intrattenimento vengono meno. Ci sono solo valutazioni riguardanti i ricavi, i costi e la sostenibilità complessiva di un progetto: Anthem Next non lo era, evidentemente.

È il costo di voler costruire dei videogiochi tripla A. Per sostenere un progetto da centinaia di milioni di dollari bisogna quotarsi in borsa, per avere nuovo capitale da investire; ma a quel punto bisogna rispondere ai desideri finanziari degli azionisti,, spesso totalmente slegati dall'interesse nei videogiochi, come ha dimostrato di recente il fondo per gli investimenti pubblici dell'Arabia Saudita, e quindi a dinamiche molto diverse.

Ed ecco a voi Electronic Arts, ma non solo: anche Activision Blizzard, Take-Two (sebbene Rockstar Games, in tal senso, possa essere considerata un'eccezione) o Ubisoft. Ed ecco scelte come quella di cancellare Anthem Next o Gaia, gioco che era in sviluppo presso Motive e che, secondo quanto ha riportato Bloomberg, è stato anch'esso cancellato da EA.

Electronic Arts ha deciso di non investire più su Anthem Next e ha cancellato il progetto, dirottando quelle risorse economiche e umane su altro, come Dragon Age 4.

Ciò non dovrebbe stupire anche perché le grandi società, in virtù della necessità di far quadrare i conti, intendono assumersi sempre meno rischi, facendo crescere i ricavi attorno a pochissimi progetti; spesso attorno a uno solo. I profitti di Activision sono cresciuti del 77% grazie al franchise di Call of Duty, che ora prevede tre pilastri: l'episodio annuale per PC e console; Call of Duty Mobile e la modalità battle royale Warzone, disponibile anche come contenuto separato. Nel 2020 la serie ha superato i 100 milioni di utenti mensili attivi.

Electronic Arts ha generato oltre 6 miliardi di dollari di profitti dalla modalità Ultimate Team di FIFA dal 2015 al 2020. A dicembre dello scorso anno, Ultimate Team ha raggiunto il record di 6 milioni di utenti attivi al giorno. Assassin's Creed: Valhalla è stato il miglior lancio di sempre per la serie di Ubisoft. Nella più recente presentazione dei risultati finanziari trimestrali, la società ha sottolineato che il gioco ha registrato ricavi record per la serie - già incredibilmente remunerativa - e che, anzi, è persino aumentato il coinvolgimento degli utenti di Odyssey e Origins, ossia i due capitoli precedenti di Assassin's Creed.

Questi colossi possono permettersi di non rischiare: hanno i loro tripla A consolidati e farsi belli con nuove proprietà intellettuali non serve. Negli ultimi tempi è diventato evidente l'accentramento di queste società verso le loro principali proprietà intellettuali, proprio per consolidare le fonti di ricavi positive e sfoltire quelle meno positive, riducendo le risorse investite nei progetti più rischiosi o che richiedevano (come Anthem) una profonda revisione per essere risollevati.

FIFA Ultimate Team ha raggiunto un record a dicembre 2020: 6 milioni di utenti attivi al giorno.

Ciò ha creato una spaccatura. Stiamo attraversando una fase dell'industria in cui sta sparendo quella che potremmo definire "borghesia videoludica": una fascia intermedia fra i piccoli studi indipendenti e i colossi quotati in borsa che fatturano miliardi di euro. Ci sono alcuni sopravvissuti (fra cui Housemarque e Focus Home Interactive), ma i giochi AA (progetti da qualche decina di milioni di euro al massimo) sembrano essere sempre più estranei o quanto meno sempre più messi in un angolo.

Difficile identificare gli esatti motivi sottostanti questa situazione. Uno di questi potrebbe essere il fatto che le società medie diventano spesso preda delle grandi società, com'è stato per Milestone con THQ Nordic: acquisendo un'azienda di medie dimensioni ma economicamente solida, le grandi società possono aumentare rapidamente i ricavi generati dal gruppo, compiacendo quindi gli azionisti. Oppure le aziende di medie dimensioni vengono fagocitate da società ancora più grandi, come Microsoft, per rimpolpare rapidamente i propri studi interni: a quel punto diventano parte integrante della macchina del grande editore quotato in borsa.

Forse, invece, è stata una selezione naturale: le grandi società hanno iniziato a dare agli utenti ciò che volevano. Più Ultimate Team? Più Ultimate Team: inutile spendere soldi altrove, rischiando di mancare il bersaglio, se si può vincere facilmente. I live service hanno bisogno di tante persone che creano contenuti regolarmente e sparpagliare le risorse umane su progetti medio-piccoli rappresenta un costo che può essere evitato.

L'italiana Milestone era uno dei pochi punti fermi della 'borghesia videoludica': è stata acquisita da THQ Nordic nel 2019.

Bisogna inoltre considerare che il settore videoludico è altamente competitivo. La fascia media di videogiochi non è né abbastanza piccola da poter ridurre i costi di produzione né sufficientemente grande per poter offrire grafica ultra-realistica, e la vastità di contenuti che il pubblico desidera; meglio quindi scegliere una delle sue strade estreme.

Un ritorno a un passato più eterogeneo pare insomma improbabile. Anzi, è probabile che con il tempo le grandi società accentreranno sempre di più le loro strategie attorno a pochissimi giochi (potenzialmente uno solo: basti pensare al supporto che sta dando Rockstar Games a GTA Online, che ormai ha vissuto tre generazioni di console).

I piccoli studi possono decidere se restare indipendenti e continuare a fare lavori artigianali e sopravvivere, oppure se tentare di far parte del grande editore. Ma ciò rischia di creare un'industria oligarchica che guarda con disinteresse (molto più di ora) la creatività e l'innovazione.