Stranger of Paradise Final Fantasy Origin Recensione: L'inizio della leggenda
Dagli autori di Ninja Gaiden e Nioh arriva uno spinoff atipico e che sa il fatto suo.
Il trailer d'annuncio di Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin lasciò tutti un po' spiazzati: nonostante il tanto atteso Final Fantasy XVI avesse già mostrato un mood piuttosto cupo, con le sue atmosfere buie, comprimari anonimi e una massiccia dose di violenza, il nuovo titolo di Team Ninja sembrava tutto fuorché un Final Fantasy, escludendo la presenza di alcuni luoghi, nomenclature e mostri iconici della saga.
Dopo aver giocato e completato la campagna principale, della durata di circa 30 ore, possiamo finalmente discutere questa annosa questione, ovviamente senza mostrare o parlare di elementi considerabili spoiler per la storia.
Stranger of Paradise è tanto satira, quanto celebrazione dello storico brand videoludico, che ha recentemente spento 35 candeline. Il titolo va a destrutturare i luoghi comuni, gli stereotipi, gli elementi ricorrenti del fantasy classico e lo fa con una sfrontatezza che, probabilmente, confonderà buona parte dei fan di lunga data. Non stiamo parlando di sottile metanarrativa (comunque presente, per quanto secondaria) ma di personaggi totalmente calati nella maschera che li rappresenta, senza nulla che li renda... memorabili.
Questo potrebbe essere visto da molti come un grave difetto, alla luce di un'industria sempre più matura e intenzionata a trasmettere un messaggio o una morale con le sue produzioni... ma c'è una ragione per cui Stranger of Paradise, con i suoi titoli di coda, ci ha lasciati con un sorriso sulle labbra: esiste una spiegazione per tutto. O quasi.
Oltre al puro e semplice fanservice, vi è un motivo per cui i livelli del gioco siano reinterpretazioni di luoghi iconici dei vari capitoli della saga... e i comportamenti "cristallizzati" dei membri del cast hanno una motivazione dietro, anche piuttosto affascinante. Questo non cambia il fatto che, purtroppo, Stranger of Paradise presenti una narrazione grezza e ridotta all'osso, con animazioni rigide e modelli poveri di dettagli.
Avremmo apprezzato la presenza di hub di gioco, per creare maggior coesione fra i membri del gruppo, i cui rapporti si sviluppano e maturano letteralmente offscreen; al contrario, i filmati in computer grafica ci hanno convinto, proprio perché mostrano quella fluidità e quel guizzo creativo purtroppo assenti in buona parte delle cutscene in engine.
Dal punto di vista puramente visivo, Stranger of Paradise non è di certo un gioco che faccia gridare al miracolo: parliamo di un titolo cross-gen che ha sacrificato buona parte dei dettagli a schermo e della risoluzione per garantire un framerate stabile a cavallo delle due generazioni videoludiche, che su PS5 (in modalità Prestazioni) ha retto i 60fps con giusto una manciata di lievi rallentamenti.
Lodevole il lavoro di design e redesign delle creature, presenti in grande varietà tanto visiva, quanto strategica. Anche le mappe di gioco riescono a offrire un'esperienza esplorativa diversificata, seppur resa leggermente ridondante all'interno degli ultimi dungeon di trama.
Menzione d'onore per le feature DualSense nella versione PS5 del software, di certo non al livello dei titoli first party di casa Sony, ma comunque in grado di regalare un'appagante feedback sensoriale.
Stranger of Paradise ha un sistema di progressione molto simile a quanto già visto in Nioh e Nioh 2: da una mappa del mondo, il giocatore seleziona la missione da affrontare, che viene visualizzata con una breve presentazione testuale, il livello di equipaggiamento suggerito e la lista delle ricompense ottenibili in caso di successo. Non è presente un'open map, per cui ogni zona sarà chiusa e isolata rispetto alle altre.
È anche possibile scegliere il livello di difficoltà a cui affrontare ogni incarico; rispetto alle sfide dei recenti titoli di Team Ninja, Stranger of Paradise si è dimostrato assai permissivo, con una difficoltà Dinamica (equivalente del livello Standard/Normale) alla portata di qualunque giocatore con basilare esperienza nel genere action.
Per i meno abili, è presente anche una difficoltà Narrativa, utile anche per chi fosse solo interessato alla storia del gioco, mentre i videogiocatori alla ricerca di sfida e di equipaggiamenti più rari potranno cimentarsi nella modalità Difficile.
Inoltre, una volta completata l'ultima missione principale, si aggiungerà la modalità Caotica, vero e proprio endgame del titolo, con il livello di sfida incrementabile a discrezione del giocatore, equipaggiamenti unici e tanto, davvero tanto farming, nel caso in cui si puntasse anche all'ottimizzazione del proprio equipaggiamento tramite la fucina e il consumo di materiali di crafting.
Questi ultimi si recuperano completando le missioni e scomponendo armi e armature: maggiore la rarità dell'equipaggiamento, migliori saranno i materiali ottenuti. Dobbiamo dire che questa feature ci ha convinto poco: si tratta di una chiara eredità dei due Nioh, ma senza un effettivo peso nel bilanciamento di gioco, se non al termine della campagna e per contenuti davvero avanzati. Ci domandiamo, quindi, il senso d'introdurre la meccanica all'inizio dell'avventura, per giunta senza la minima contestualizzazione narrativa.
Ogni pezzo d'equipaggiamento presenta statistiche, effetti secondari e affinità: questo valore, espresso in percentuale, permette al giocatore con l'armamento indosso d'attivare dei perk per la classe corrispondente, corrispondenti ad abilità passive o incrementi statistici. Inutile dire che, maggiore sarà il livello d'affinità dell'arma o armatura in uso, più alto sarà il valore risultante dalla somma delle percentuali, il che porterà a bonus sempre più d'impatto per il gameplay.
Per quanto riguarda il sistema di combattimento del gioco, ci troviamo di fronte all'elemento senza dubbio migliore di Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin. L'ispirazione alle meccaniche di Nioh e Nioh 2 è palese e a tratti persino sfacciata, con asset, HUD e animazioni per buona parte riprese dai titoli sopracitati. Tuttavia, il risultato finale possiede una sua identità e, soprattutto, diverte senza se e senza ma.
Jack può attaccare i suoi avversari con attacchi fisici e magici, schivare i loro colpi o pararli. Nemici e alleati dispongono di una barra di logoramento, che viene ridotta da ogni colpo messo a segno e che induce il Crollo nel momento in cui si svuota completamente; oltre agli attacchi standard e caricati con il tasto R1 (o equivalente), è possibile eseguire abilità dinamiche con il tasto R2, che consumano Punti Magia (PM) e possono essere fisiche o magiche, causano danni elevati e portano più facilmente i nemici verso il crollo.
Come già visto in Nioh, diverse combinazioni di R1 e R2 fanno eseguire mosse diverse. Il giocatore può abbinare attacchi e combo in modo da personalizzare il proprio approccio al combattimento e adattarsi alla situazione: ad esempio, sarà preferibile sostituire un attacco fisico con uno elementale, nel caso in cui si debbano affrontare determinati tipi di creature.
Portare al crollo gli avversari è un elemento chiave della strategia, dato che li rende vulnerabili all'Impeto Spirituale, ovvero una brutale mossa di esecuzione di Jack che infligge loro il colpo di grazia e aumenta i PM massimi del protagonista in un'esplosione di sangue e membra mutilate e cristallizzate.
Tenendo premuto il tasto Cerchio (o equivalente), il personaggio si protegge con lo Scudo spirituale e, nel caso in cui subisse un attacco in questo stato, il danno sarebbe nullo e i suoi PM massimi aumenterebbero. Inoltre, parando alcuni attacchi con lo Scudo spirituale, questi vengono appresi come abilità istantanee, in pieno stile Mago Blu, ma con un numero di usi limitato.
Jack può anche utilizzare Lux, un potere speciale che riduce la barra PM di due segmenti, ma risulta preziosissima per affrontare un gran numero di nemici contemporaneamente o un boss difficile da far entrare in Crollo.
Oltre a Lux, il giocatore potrà usare fino a tre diverse tecniche per volta, che attiveranno effetti specifici e temporanei, ma molto potenti; ad esempio, rendere la propria arma avvelenata per intossicare i nemici, o provocarli affinchè concentrino la propria offensiva sul protagonista.
Combo, tecniche ed effetti secondari si sbloccano evolvendo le Classi: queste si suddividono in Base, Avanzate e Supreme e ciascuna ha le proprie abilità uniche e armi equipaggiabili. Più complessa è una classe, maggiori saranno i requisiti richiesti per sbloccarla. Il Ladro, ad esempio, richiede giusto una certa padronanza dell'Assalitore, ma il Saggio sarà ottenibile solo con il potenziamento di Mago Nero e Mago Bianco, che sono a loro volta classi Avanzate, derivate dal Mago.
Nonostante a parole possa suonare astruso, all'atto pratico è necessaria giusto un po' di pratica coi menu, senza che il sistema risulti mai inutilmente complicato. Durante il combattimento, il giocatore può alternare in tempo reale fino a due classi: le combinazioni possibili fra le oltre trenta disponibili sono impressionanti e tra armi, tecniche, combo ed affinità, Stranger of Paradise ci ha mostrato una profondità strategica davvero inaspettata.
Feature del tutto opzionale ma comunque assai divertente si è rivelata essere la modalità Multigiocatore: fino a tre persone possono unire le loro forze online e affrontare insieme qualunque missione del gioco, principale o secondaria. In quel caso, l'host della partita avrà controllo di Jack, mentre gli altri due assumeranno le sembianze di un altro membro del gruppo, pur mantenendo le stesse abilità del protagonista.
Fra le classi disponibili abbiamo notato la curiosa assenza dell'Arciere e delle relative specializzazioni. Alla luce di quanto divertente e modulabile si sia rivelato il gameplay, non ci dispiacerebbe veder mostrata questa classe in un eventuale annuncio, tra un paio d'anni, di un gioco sequel sulla stessa linea d'onda, ma ampliato e "raffinato" come già accaduto nel caso di Nioh e Nioh 2... o perché no, come aggiunta per i contenuti del Season Pass, prossimamente disponibili.
Stranger of Paradise: Final Fantasy Origin è una gemma grezza: reinterpreta l'approccio videoludico già visto nei due Nioh, declinandolo in chiave Final Fantasy, e presenta una narrazione antitetica a ogni possibile trope del genere e, soprattutto, della saga in questione; manca però di quella messa a lucido e, forse, del coraggio che avrebbe fatto la differenza tra un buon gioco e un piccolo capolavoro.