Stranger Things 4 Recensione, il Diavolo vive a Hawkins
I protagonisti della serie di culto di Netflix ritornano, tra le difficoltà del liceo e una nuova, terribile minaccia.
Che ci crediate o meno sono passati ben tre anni dall'arrivo su Netflix della terza stagione di Stranger Things, la celeberrima serie TV che vede come protagonisti un gruppo di ragazzi appena adolescenti alle prese con una dimensione parallela oscura e piena di terribili insidie, che sembra aver preso di mira la piccola e fittizia cittadina di Hawkins nell’Indiana.
All'indomani della violentissima battaglia dello Starcourt Mall, che aveva concluso in modo piuttosto traumatico gli eventi della passata stagione, Stranger Things 4 si appresta ad abbattersi come un tifone sulla rinomata piattaforma streaming statunitense con altri 9 episodi dalla durata piuttosto corposa (si parla di più di 60 minuti a puntata, con alcune che superano anche la soglia dell'ora e mezza, ndR), che riprendono i fili del racconto esattamente da dove li avevamo lasciati.
Abbiamo visto in anteprima il primo set di episodi, quello che sarà distribuito in un'unica soluzione il 27 maggio e possiamo finalmente parlarvi – ovviamente senza alcun tipo di spoiler – di ciò che dovreste aspettarvi da questa nuova opera dei Duffer Brothers che tenta di rispondere a un'annosa questione: è peggio affrontare le creature infernali partorite dal Sottosopra o gli anni del liceo? Probabilmente la risposta sta nel mezzo.
Dopo aver inferto un colpo notevole alla dimensione oscura grazie alle eroiche gesta di Billy Hargrove e Jim Hopper e con l'eliminazione del potente Mind Flayer che ha consentito di sigillare il portale nell'ultima puntata trasmessa nel 2019, ritroviamo tutti gli amati protagonisti della serie alle prese con le problematiche dettate da un repentino trasferimento nella caotica California e, soprattutto, dalle difficoltà ad integrarsi in un ambiente spesso ostile come quello del liceo.
Ritroviamo Undici, alias Jane Hopper, che sembra aver perso completamente i suoi poteri e si ritrova a condurre, forse per la prima volta nella sua vita, una quotidianità del tutto ordinaria fatta di scuola e amicizie, proprio come una qualunque adolescente. Se non fosse che, come spesso accade, un gruppo di bulli ha captato le debolezze della povera ragazza e si diverte a vessarla con scherzi di cattivo gusto e vere e proprie violenze fisiche.
Fortunatamente il break primaverile è alle porte ed è un'ottima occasione per organizzare una rimpatriata con Mike, Lucas, Dustin e tutti gli altri, anch'essi emarginati dalle storture di uno schema sociale che divide i 'popolari' e i 'reietti'. Lucas, dal canto suo, è diventato un provetto cestista e ha iniziato a frequentare i tipi più 'in' dell'istituto mentre Mike e Dustin hanno trovato rifugio nell'Hellfire Club, un gruppo di giocatori di Dungeons & Dragons capitanati dal carismatico Dungeon Master Eddie Munson (Joseph Quinn), chitarrista metal dai modi bizzarri, invero l'aggiunta più gradevole al già nutrito cast di Stranger Things.
Insomma, la vita prosegue tra mille ostacoli e complicazioni ma, per lo meno, la minaccia del Sottosopra appare finalmente sopita, come un incubo che appartiene a un passato lontano, sepolto tra le pieghe del tempo. Purtroppo, però, la 'tranquillità' è destinata a durare poco: una serie di efferati omicidi sconvolgono la contea di Hawkins e sembrano riconducibili alle mostruosità che un tempo provenivano dalla dimensione parallela.
Inizia qui una rocambolesca indagine che porterà a scoprire dei segreti inimmaginabili, alcuni dei quali rischiano di cambiare radicalmente la concezione che avevamo della città, degli esperimenti svolti su Undici e sugli altri ragazzi e, soprattutto, sulle relazioni tra i vari personaggi che abbiamo imparato a conoscere e ad amare.
Ovviamente abbiamo limitato il più possibile il racconto della trama per evitare qualsiasi tipo di anticipazione ma possiamo tranquillizzarvi su una cosa: quello di Stranger Things 4 è esattamente il tipo di racconto che speravamo di trovare in questa nuova stagione. Il ritmo della narrazione è sempre ben calibrato con scene che alternano sapientemente momenti più leggeri e dialogici che consentono di entrare maggiormente nell'intimità dei rapporti tra i protagonisti (finendo per affezionarsi ancora di più ad essi, se possibile) e altri dal forte coinvolgimento emotivo con sequenze che mescolano azione, violenza ed effetti visivi di buona fattura facendo bene attenzione a non scadere nel gratuito o nel fan-service più becero.
Certo, permangono alcune piccole forzature a livello di sceneggiatura, alcune forse un pelo difficili da digerire se non ci si cala appieno nel cosiddetto 'patto di sospensione dell'incredulità' ma abbiamo apprezzato come i fratelli Duffer abbiano portato avanti praticamente tutte le sotto-trame che compongono l'articolato mosaico di Stranger Things dosandone saggiamente il minutaggio senza perdersi in dialoghi eccessivamente verbosi o in scene superflue. La scrittura risulta asciutta, precisa e puntuale: se amate questo mondo e questi personaggi, non potrete che rimanere col fiato sospeso per l'intera durata di questa nuova avventura.
Va detto, comunque, che non abbiamo ancora avuto modo di vedere l'epilogo della stagione poiché gli ultimi due episodi non sono ancora stati resi disponibili, pertanto non possiamo sapere in che modo abbiano intenzione di concludere il racconto. Per quanto visto finora, però, possiamo dirci piuttosto soddisfatti del lavoro svolto dagli showrunner, sia a livello di narrativa che, naturalmente, di tecnica e effetti visivi.
I motivi possono essere molteplici, a partire da un budget faraonico (siamo sui 30 milioni di dollari a puntata, il doppio ad esempio rispetto a quello stanziato per l'ultima stagione di Game of Thrones, tanto per mettere le cose in prospettiva), fino ad arrivare ad una raggiunta maturità da parte del cast che è letteralmente cresciuto sotto gli occhi degli spettatori, dai ragazzini che erano sei anni fa, agli albori della serie, agli adulti che sono diventati oggi.
Senza stare a rimarcare la bravura di attori già ampiamente affermati come Winona Ryder o David Harbour, sono i ragazzi a giocare la parte del leone, con una buona performance messa in scena dalla quasi totalità degli interpreti. Non stiamo parlando di materiale da Oscar, sia chiaro, ma è pur sempre un livello alquanto elevato che permette al pubblico di immedesimarsi nelle vicende e nei personaggi quanto basta da vivere questa la storia nel migliore dei modi.
Ottima anche la regia che, come in ogni serie moderna che si rispetti, passa di testimone alternandosi tra i Duffer Brothers, già creatori e showrunner della serie; il talentuoso cineasta di origine ungherese Nimród Antal, già conosciuto per aver diretto il thriller Vacancy del 2007, il sequel/reboot di Predator scritto da Robert Rodriguez nel 2010 e il mai troppo osannato film-concerto Metallica: Through the Never del 2013; il regista canadese Shawn Levy, recentemente salito agli onori della cronaca per film come Free Guy di Disney o The Adam Project distribuito dalla stessa Netflix.
È una regia attenta, capace di seguire in modo scrupoloso sia gli scambi di battute tra i personaggi enfatizzando efficacemente i momenti più leggeri che le scene d'azione, qui presenti in numero maggiore e in scala decisamente più ampia rispetto al passato. E non mancano nemmeno tante gustosissime citazioni ai grandi cult dell'horror degli anni '80 come Halloween, Hellraiser o Nightmare on Elm Street (c'è anche un brillante cameo di Robert Englund, indimenticabile interprete del mostruoso Freddy Krueger) che faranno la gioia degli appassionati del genere.
Buona anche la costruzione delle atmosfere che, grazie a scenografie sempre all'altezza della situazione e un immaginario davvero inquietante coadiuvato da un’ottima direzione della fotografia riesce a confezionare alcune inquadrature parecchio evocative, soprattutto in alcuni frangenti specifici che non trattiamo nel dettaglio solo per non incorrere nel rischio spoiler ma che, siamo sicuri, riconoscerete subito, già ad un primo sguardo.
Una nota di merito, in calce, va alla selezione musicale che riporta in auge alcuni brani immortali dagli anni '80 e li posiziona in punti strategici della narrazione per potenziarne la potenza espressiva. Il risultato, in alcuni casi, è davvero da applausi.
In definitiva, questa prima parte di Stranger Things 4 ha saputo toccare le giuste corde e ci ha consegnato proprio il tipo di prodotto che speravamo di trovare. Se le ultime due puntate dovessero mantenersi su questi standard qualitativi, saremmo di fronte a una stagione che rimarrà scolpita nel cuore, negli occhi e nella mente degli spettatori per lungo tempo. Siete pronti a tornare a Hawkins e scoprire la sconcertante origine di questa nuova minaccia?