Strategia nei videogiochi, a che punto siamo? - editoriale
Riflessioni sullo stato del genere strategico.
Strategia. Il termine è sicuramente abusato; dagli RTS più banali agli operazionali impenetrabili (se non attraverso tomi di centinaia di pagine) il termine "strategia" viene allegramente utilizzato per delineare il genere di appartenenza.
La verità, però, è che il termine in sé è stato definito, dalla sua nascita (sesto secolo nell'impero romano orientale) fino a oggi in maniera tutt'altro che precisa. Sfogliando le varie definizioni i concetti ricorrenti sono quelli di "risorse limitate", "obiettivi specifici", "scenari futuri" e, soprattutto, utilizzo di varie discipline (tattica, logistica, logica e molte altre).
Trattare l'argomento è quindi, anche per un settore delimitato come quello dei videogiochi, tutt'altro che agevole. Prima cosa, quindi, creare una tipologia, ovvero categorizzare. Proviamo cioè a creare delle sottofamiglie del genere strategico; ma ancora prima identifichiamo gli ingredienti che le varie sottofamiglie di strategici mixano in maniera diversa.
- Gestione delle risorse
- Base building
- Strategia militare
- Strategia civile
- Sviluppo narrativo
- Tattica militare
Queste sei categorie dovrebbero esaurire lo scibile di gameplay utilizzato dal genere "strategico" nei videogiochi. Vediamo qualche esempio.
La serie Civilization mescola i primi cinque ingredienti mettendo in posizione marginale lo sviluppo narrativo (che è emergente, ovvero è una sorta di sottoprodotto del gameplay) e la strategia militare. Il nuovo Xcom si concentra primariamente sulla tattica militare offrendo al giocatore un po' di gestione delle risorse, di base building e un pizzico di sviluppo narrativo per rendere l'offerta più varia e sempre fresca. Un RTS come Company of Heroes 2 lascia fuori la strategia civile e quella militare per scendere nel dettaglio di battaglie singole (con relativa tattica) arricchite da un filo di gestione delle risorse e di base building.
L'esercizio può andare avanti all'infinito. Potete ripeterlo con titoli del sottogenere "spaziale 4x" (Galactic Civilization, Masters of Orion, Endless Space...) con giochi operazionali più o meno poderosi (la produzione Slitherine è indicativa) o con i titoli storici di Paradox. Troverete sempre un mix di quei sei elementi più o meno sapientemente dosato. O quasi...
Nel ripetersi infinito delle formule di successo esistono infatti anche titoli che fanno l'impensabile, ovvero innovano. Osano cioè inserire dei nuovi ingredienti! L'esempio che utilizzerò in questo editoriale è Crusader Kings II, lo strategico intrigo-centrico di Paradox.
Un paragrafo per spiegare velocemente le peculiarità di CKII. Il gioco vi propone la posizione peculiare di regnante che fa parte di un dinastia; ciò che conta è che la dinastia ottenga prestigio e potere a prescindere dai singoli regnanti che via via impersonerete. Inoltre, e qui sta la parte più interessante, tutto ruota intorno al set di caratteristiche del personaggio che impersonate, i suoi skill, i suoi vizi e le sue virtù.
Di più, questi tratti (tutti) sono in relazione diretta con i tratti di tutti gli altri personaggi del gioco (regnanti, vassalli, cortigiani, funzionari) e sono "distillati" nell'opinione personale che ognuno ha di ogni altro personaggio. Le combinazioni sono pressoché infinite e il gameplay ruota intorno alla gestione dei rapporti con i personaggi attraverso azioni che possono influire sulle relazioni interpersonali (e qui Paradox si è scatenata facendo di CKII una sorta di simulatore di telenovelas medievale).
Sembrerebbe un RPG (e in effetti molti lo definiscono tale) ma la verità è che cambia semplicemente la "paternità" dei numeri che si confrontano e l'esperienza ha all'improvviso un gusto molto più "umano" e realistico.
Come se non fosse abbastanza, CKII inserisce un'altra novità, ovvero il sistema medievale di vassallaggio che crea una catena gerarchica tra i personaggi e rende più interessante la gestione "geografica" degli imperi spezzettandola in regni, ducati e contee.
Bene. La descrizione è sicuramente riduttiva (per approfondire vi rimando alla nostra recensione), ma è sufficiente a illustrare il mio punto. Quando si inseriscono degli ingredienti nuovi nella ricetta videoludica si "rischia" di produrre qualcosa di straordinario e di far fare un piccolo balzo in avanti all'intero genere. Ma questo è veramente ciò che i giocatori desiderano? Vogliamo veramente re-imparare tutto daccapo ogni volta che acquistiamo un nuovo gioco come in CKII oppure ci basta "aggiornare" le skin, rivedere le relazioni tra unità e godere dei nuovi effetti speciali?
È la solita storia, anche un po' noiosa, di utenti che cercano innovazione contro utenti che cercano esperienze "consolatorie" e "more of the same". Non esiste un'opinione giusta e una sbagliata, esistono le esigenze della gente e le crociate contro chi ha un'idea diversa sono semplicemente questo, delle crociate (con tutta l'accezione negativa possibile del termine).
Ma la questione non è così semplice...
Ricordo distintamente che di fronte alla grafica a pixel (non "pixellosa", proprio fatta a pixel!) dell'Intellivision, da bambino immaginavo ingenuamente un gameplay futuro in cui un incontro di boxe, ad esempio, poteva arricchirsi di tutto quanto c'era intorno nella realtà. Ma i limiti erano tremendi e l'entusiasmo incontenibile quando qualcuno sembrava averli abbattuti.
Dungeon Master, Simcity, Dune II... titoli che davano la sensazione della frontiera, delle possibilità infinite. L'hype contemporaneo ha imparato a sfruttare quest'abilità fantasmatica dei videogiochi di creare immaginari possibili giocando col desiderio inconscio di ogni giocatore, quello di trovare il gioco infinito e perfetto.
E allora questi esempi forse mostrano che se iniettiamo una quantità incredibile di denaro in un settore quello che ne otteniamo è, perlopiù, denaro. Mentre l'innovazione, il passetto avanti verso i sogni, abbisogna invece di passione e di genio. Magari la galassia di Star Citizen sarà la migliore mai realizzata, ma se il gameplay non sarà altro che tutto quanto abbiamo già visto rimescolato e servito in salsa di texture super dettagliate allora l'appuntamento con la storia sarà stato mancato e tanto valeva rimanere a giocare a Elite.
Il settore dei boardgame è piuttosto indicativo in questo senso. Di soldi ne girano esponenzialmente meno, ma le idee proliferano, tanto che in certi aspetti il gameplay è più avanzato lì che nei corrispettivi videoludici. Uno dei migliori boardgame tattici WWII mai realizzato, Combat Commander di GMT Games, è capace di simulare battaglie con un grado di varietà, imprevedibilità (e anche semplicità) che il miglior Company of Heroes si sogna.
E questo perché i designer di Combat Commander non si sono seduti su una formula di successo per cambiare qualche particolare e aggiornarlo tecnicamente ma hanno rischiato e innovato con ambizione per portare ai giocatori una dimensione fino ad allora sconosciuta, quella del caos imprevedibile del campo di battaglia. Esattamente come in CKII, elementi già conosciuti ai giocatori (nel caso di Combat Commander il gameplay in stile Squad Leader) sono stati affiancati da innovazioni coraggiose.
Ma le innovazioni costano, e più specificatamente costano in riferimento al rischio, altissimo, di non compiacere il giocatore (che anzi spesso sfidano a cambiare le proprie abitudini). Però grazie a queste innovazioni il nostro sogno di videogiocatori si espande e non è un caso che chi traccia la storia dei videogiochi citi Dune II e Command & Conquer e non Company of heroes o Age of Empires, oppure inserirà sicuramente il primo Civilization senza sognarsi di nominare il nuovo Beyond Earth.
Eppure, detto tutto questo, chiuso questo articolo e speditolo al capo, accenderò Steam e mi metterò a giocare a Company of Heroes 2. Un po' perché la qualità è indiscutibile (e diverte) e un po' perché su CKII ho già raggiunto le 300 ore di gioco...
Come al solito il segreto sta non tanto nelle risposte, ma nel farsi le domande corrette.