Superliminal - recensione
Tra sogno e realtà.
"Nulla è reale, tutto è lecito". Con tutta probabilità non esiste una citazione migliore per descrivere Superliminal, una produzione del team indipendente Pillow Castle Games che come obbiettivo, quasi certamente, si pone quello di cercare costantemente di disorientare il giocatore, giocando con le sue percezioni.
L'incipit è semplice: siamo in una specie di clinica del sonno, dove in seguito a una particolare terapia, possiamo migliorare la qualità dei nostri sogni. Ci troviamo così in una serie di ambientazioni appositamente costruite per noi, all'interno del nostro subconscio, e dove in un certo senso possiamo giocare con la realtà. Con questa premessa si giustificano tutte le stravaganze che dovremo affrontare per arrivare alla fine del nostro percorso.
Superliminal si basa proprio su questo, sfruttando ampiamente la possibilità di distaccarsi dalle leggi della fisica, e costruendo ben nove livelli, dalla durata massima di circa un paio d'ore, dentro ai quali sarà richiesto semplicemente di usare la logica, o meglio, di ragionare fuori da essa. L'immaginario di logico ha ben poco e propone una serie di puzzle tutt'altro che complessi, che però a volte richiederanno qualche minuto per essere studiati e compresi.
Come accennavamo ci sono ben nove livelli, e ognuno di essi sfrutta diverse meccaniche, concentrandosi sull'indurre specifiche sensazioni nel giocatore. Anche qui però, per quanto sempre secondo schemi tutt'altro che logici, la complessità delle sfide aumenta in maniera graduale, partendo dalla semplice prospettiva e arrivando al concetto stesso di paradosso.
Nei primi livelli si inizia semplicemente a familiarizzare con le dinamiche che riguardano la prospettiva, mostrandoci che se prendiamo un oggetto da terra è grande 10cm, guardiamo un punto distante della stanza e lì lo lasciamo, per via della prospettiva le sue dimensioni sembreranno ben maggiori. Questa particolare meccanica la si dovrà utilizzare per tutto il gioco, sfruttandola di volta in volta per manipolare le dimensioni degli oggetti a seconda delle necessità.
O ancora, e qui entra in gioco pure la fisica, se un ventilatore grande qualche centimetro non è in grado di generare grossi spostamenti, ingrandendolo fino a un diametro di qualche metro potremo utilizzarlo per far cadere una torre simile a quella del Jenga, su cui è situata la nostra via di uscita, proseguendo così nell'avventura.
Queste meccaniche però non si limitano al semplicemente movimento degli oggetti: in un particolare livello infatti non si possono raccogliere ma cliccando su di essi se ne genera solo una copia statica, che possiamo sfruttare ad esempio con una porta, creando tassello dopo tassello una scala i cui gradini sono proprio le copie della porta originale.
In un altro livello ancora, invece, non abbiamo praticamente visibilità, essendo quasi interamente nell'ombra, ma possiamo sfruttare determinati oggetti luminosi, come i segnali che indicano le uscite d'emergenza, per illuminarci il cammino tra i corridoi. Non possono poi certo mancare puzzle che richiedono l'utilizzo di porte collegate tra loro in pieno stile Portal, gioco da cui, insieme a The Stanley Parable, gli sviluppatori han chiaramente tratto ispirazione.
Come se tutto ciò non fosse abbastanza, sono pure presenti livelli in cui tutto ciò che abbiamo appreso non ha alcuna importanza, con oggetti che se toccati si smontano o porte che una volta aperte celano dietro solo un muro di mattoni. Insomma, non appena si acquisisce una certa sicurezza, il gioco è pronto a confondere il giocatore ma senza mai sembrare ingiusto.
Tutto ciò per giungere all'effettiva conclusione del viaggio, alla morale finale che a modo suo riesce a sorprendere, dando un senso alle parole che ci hanno accompagnato, livello dopo livello, e riuscendo a lasciare qualcosa nel giocatore. Un viaggio fatto di rompicapi, a volte dettati dalla logica delle dinamiche apprese, altre invece privi di ogni razionalità, ma senz'altro con quella componente "giocosa" capace di coinvolgere.
Uno degli aspetti che più contribuiscono alla costruzione delle atmosfere è il comparto sonoro, strutturato in maniera tale da fare leva, esattamente quanto basta, sulle percezioni del giocatore. Quando ci troviamo all'interno di un albergo, ad esempio, sentiamo in sottofondo della musica classica, ma non appena mettiamo piede fuori dal set la musica cessa, e si può sentire solo un freddo silenzio, interrotto dai nostri passi.
Questo utilizzo del sonoro, assieme alla gestione dell'illuminazione e al posizionamento di alcuni oggetti, giocano in maniera perfetta con gli stati d'animo del giocatore, riuscendo quasi a controllare gli attimi di tranquillità e quelli di ansia.
Superliminal è un'opera interessante, non eccessivamente longeva ma certamente capace di creare un'atmosfera coinvolgente, in grado di catturare il giocatore e di accompagnarlo, quasi inconsciamente, verso la fine del viaggio, con una morale finale che lascerà il segno in molti giocatori. Alcune meccaniche potevano essere sfruttate maggiormente, questo è vero, ma il risultato finale è più che convincente.