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Tencent, il grande publisher di cui nessuno sa nulla - editoriale

Il colosso cinese alle spalle di Ubisoft, Activision, Bluehole, Supercell…

Ubisoft, Activision Blizzard, Epic Games, Glu Mobile, Pocket Games, Bluehole, Frontier Developments, Supercell, Riot Games. Qual è il comune denominatore fra questi produttori e sviluppatori di videogiochi? Uno: l'azienda cinese Tencent. Lentamente, inesorabilmente e in modo tutt'altro che plateale, infatti, la società (che vale circa 550 miliardi di dollari) si è fatta strada in tantissime delle principali realtà videoludiche.

Il più recente capitolo della sua storia finanziaria è aver acquisito il 5% delle azioni di Ubisoft, che si è finalmente sbarazzata dell'ombra malevola di Vivendi, che in più occasioni aveva tentato una scalata per acquisire una quota rilevante dell'azienda dietro a Rainbow Six e Assassin's Creed.

Avete presente quel piccolo fenomeno videoludico chiamato League of Legends? Lo sviluppatore Riot Games è di proprietà di Tencent.

Tencent dà l'impressione di voler tenere il piede in ogni scarpa che conta all'interno dell'industria: ha un pezzetto degli sviluppatori di PlayerUnknown's Battleground (quota mai pubblicamente definita) e allo stesso tempo detiene poco meno della metà di Epic Games (e quindi di Fortnite); possiede interamente Riot Games, cioè l'autore di League of Legends, e allo stesso tempo detiene il 5% di Activision Blizzard.

Considerato che parliamo di una delle più grandi aziende di tecnologia al mondo (sua l'applicazione di messaggistica WeChat, usata da circa un miliardo di utenti) non è affatto una sorpresa che la dirigenza intenda mettere il naso in ogni giro d'affari mondiale che conti (ha finanziato Didi, l'Uber cinese, per 700 milioni di dollari, ha una quota in Tesla e ha investito anche nella startup tedesca Lilium Aviation, che si occupa di realizzare jet elettrici). Il suo interesse verso il mondo dei videogiochi, però, è tutto sommato recente.

Fondata nel 1998, solo dal 2011 (quando acquisì oltre il 92% di Riot Games) si è affacciata concretamente nel mondo degli investimenti nelle società videoludiche. Per anni stringere fra le mani League of Legends, uno dei più grandi fenomeni mondiali anche negli eSport, è stato sufficiente; ben presto, però, è arrivata una raffica: prima una quota di minoranza in Epic Games, poi in Activision Blizzard, poi CJ Games (società coreana); e ancora Robot Entertainment (autori di Orcs Must Die!) e Pocket Games.

Acquisendo Supercell per oltre 10 miliardi di dollari (mai confermati, però), Tencent ha messo in tasca anche Clash of Clans.

Dopo Riot Games il suo secondo acquisto più celebre - e più importante - è stato Supercell, gli sviluppatori di Clash of Clans, un altro fenomeno mondiale su smartphone e un altro gioco presente negli eSport. Potremmo andare avanti a lungo; arrivati a questo punto avrete capito che Tencent, inizialmente una società prevalentemente presente in Cina, nel corso dell'ultimo lustro ha lasciato la sua impronta in numerose aziende che operano soprattutto negli Stati Uniti e in Europa. È rimasta dietro le quinte, diffondendosi a macchia d'olio.

Ciò è interessante di per sé analizzando la strategia della società stessa, che sta fortemente pendendo verso l'industria videoludica. Quando ha acquisito il 12% di Snap Inc (ossia Snapchat), non ha nascosto la volontà di "esplorare le opportunità di collaborazione con l'azienda in merito alla pubblicazione di giochi mobile". Se una società che fattura più di 36 miliardi di dollari l'anno (in crescita del 56%) si interessa all'industria videoludica, è una notizia che deve far rizzare le orecchie a tutti perché in primo luogo è un'ulteriore dimostrazione della rilevanza di questo medium e in secondo luogo può diventare un potenziale partner per giochi più ampi, servizi migliori o diffusioni più omogenee in tutto il mondo.

L'amministratore delegato di Tencent Ma Huateng, noto anche come Pony Ma.

È infatti indubbio che la Cina sia sempre stata vista come una El Dorado per gli sviluppatori di videogiochi. Per lungo tempo recintata dal governo, che vede molto male le industrie estere, soltanto recentemente si è aperta lasciando uno spiraglio commerciale ai vari produttori. Tencent, quindi, può rappresentare un ponte a due vie: verso il resto mondo e, al contempo, verso la Cina. Tencent, per esempio, è il partner che ha permesso a Bluehole di portare PUBG in Cina; si è accordata con Nintendo per portare Arena of Valor (precedentemente noto come King of Glory) su Switch.

E a ulteriore dimostrazione delle possibilità di Tencent, bisogna ricordare il progetto di realizzazione di un "parco industriale a tema eSport" a Wuhu con tanto di università, parchi giochi e centri dati.

Per capire le proporzioni del mercato videoludico cinese, basti pensare che la piattaforma WeGame (di proprietà di Tencent) rappresenta circa 200 milioni di utenti; Steam, a confronto, ne ha circa 150 milioni sparsi in tutto il mondo.

Tencent possiede una piattaforma digitale di distribuzione di videogiochi, che coinvolge circa 200 milioni di utenti: WeGame.

Tencent, insomma, ha un piede nel mondo degli eSport, nella distribuzione digitale, nella produzione e nello sviluppo di videogiochi e ha tutto l'interesse di attraversare il mondo intero (attraverso le aziende di cui ha comprato una quota per fior fior di milioni di dollari) per spargere il suo giro d'affari al di fuori della Cina. È l'ombra nascosta dietro tantissimi colossi dell'industria. E chissà se fra le sue mire possa esserci pure Electronic Arts. Sia mai che si lasci indietro una figurina.

Avatar di Massimiliano Di Marco
Massimiliano Di Marco: Aspetta la pensione per recuperare la libreria di giochi di Steam. Critica qualsiasi cosa si muova, soprattutto se videoludica, e gode alla vista di Super Mario e Batman.

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