Terminator: Destino Oscuro - recensione
Terminare o non terminare, questo è il dilemma…
Quando nel 2013 si era sparsa la notizia che James Cameron sarebbe rientrato in possesso dei diritti della saga di Terminator, grazie a una nuova legge sul copyright (che vuole i diritti tornare all'autore originale 35 anni dopo il primo prodotto), tutti i fan dei precedenti film del regista stesso si sono messi in attesa.
Ora finalmente, dopo una lavorazione iniziata nel 2017, torna sui grandi e grandissimi schermi Terminator: Destino Oscuro, che fa piazza pulita di tutti i tre film successivi a Il Giorno del Giudizio (sequel uscito nel 1991 dello storico primo film dell'84), ignorando signorilmente quanto successo in Terminator 3 (2003), Salvation (2009) e in Genisys (2015). Anche la serie TV del 2008 è stata disconosciuta.
Nell'intenzione di dare il via a una nuova trilogia sono stati coinvolti nella scrittura di una nuova storia personaggi come David S. Goyer (Il Cavaliere Oscuro, L'Uomo d'Acciaio, Batman vs Superman, le serie Flashforward, Constantine) e Billy Ray (State of Play, Hunger Games, Captain Phillips, Gemini Man).
Ad affiancarli troviamo, oltre a Josh Friedman (autore della serie televisiva The Sarah Connor Chronicles), ora al lavoro su Avatar 2, anche Charles H. Eglee che ha collaborato alla scrittura di numerosi episodi di serie di gran successo fra cui Jag, LYPD, The Shield, TheWalking Dead, Dexter, e il meno blasonato Justin Rhodes. Cameron, autore della storia originale, ha affidato la regia a Tim Miller, in esplosiva ascesa dopo Deadpool e l'episodio Ice Age contenuto nella serie Love, Death & Robots.
Tutto questo dispendio di energie, di menti geniali cosa ha partorito? Quale innovativa trama è stata scritta, a proseguire quanto già ben noto? Niente di originale, purtroppo, e lo diciamo con mestizia. Sono passati 27 anni, la fine del mondo non c'è stata grazie a Sarah e John e al sacrificio del vecchio T-800, che si era immolato per la pace delle future generazioni. Ma nella sovrappopolata Città del Messico si materializzano, con i consueti lampi di energia e i turbini di vento, due nuove creature provenienti come le altre volte da un futuro che vorrebbe cancellarsi (andando a modificare il passato) o preservarsi (eliminando chi potrebbe opporvisi).
Perché se Skynet è stata sconfitta, possiamo dubitare che gli umani non abbiano trovato un altro modo per distruggere il pianeta, andando incontro a un "oscuro destino"? I due "visitatori" sono la buona Grace (Mackenzie Davis), donna-soldato umana ma artificialmente potenziata, e il malvagio Rev-9 (Diego Luna), emissario di Legion, nuova distruttiva potenza artificiale. Il bersaglio da proteggere/eliminare è la giovane operaia metalmeccanica Dani (Natalia Reyes), che sta già notando come nella sua fabbrica i robot stiano prendendo il posto degli operai in carne e ossa.
Perché per il futuro Dani è così importante da volerla preservare o eliminare? Il meccanismo non è originale e si discosterà dalle vecchie sceneggiature solo per una virata al femminile degna degli ultimi film Disney, il che già lascia un po' scettici. A fianco di Dani e della sua "angela" custode Grace, scenderà in campo una Sarah Connor ormai diventata un'arida macchina di vendetta, e un nuovo/vecchio T-800. Tre donne e una macchina obsoleta contro un cyborg ancora più indistruttibile di sempre: come potrà mai andare a finire? È consigliata ma non indispensabile dare prima una riguardata a Judgment Day. Niente scene alla fine dei titoli di coda, invece.
La carismatica Linda Hamilton ritorna quindi degnamente in scena, con il suo viso privo di ritocchi estetici perfetto per rendere un personaggio devastato da una vita di inusitata durezza. Di Arnold Schwarzenegger che dire, se non bene? Regge sulle spalle tutto il peso del film, in mancanza di altri poli di interesse. Mackenzie Davis (star in ascesa dopo la serie tv Halt and Catch Fire e Blade Runner 2049) è androgina, fragile, eppure potente e pur sempre umana. Natalia Reyes è la nuova eroina Dani, che però manca dello spessore (come personaggio e come attrice) per immaginare altri film scritti su di lei. Gabriel Luna ha la giusta fissità criminale del letale Rev-9.
Non si impone all'attenzione la colonna sonora di Junkie XL, e ce ne stupiamo visti i positivi precedenti. In una sequenza in cui a prendersi a sportellate sono due aerei, e, con un budget di 180 milioni di dollari, ci saremmo poi aspettati effetti visivi migliori.
Con tutta l'umana solidarietà nei confronti di un autore che voglia riappropriarsi delle proprie creature, con altrettanto rispetto nei confronti degli interessi commerciali che ci sono dietro questi continui raschiamenti di barile (detto nell'accezione più nobile del termine), senza trascurare l'affetto e la simpatia nei confronti del personaggio e dell'attore Arnold Schwarzenegger, dobbiamo dire che questo nuovo trattamento, che si spaccia per sequel ma sembra un riciclo, ci ha lasciati freddissimi, anzi un po' annoiati da diversi fattori.
Un'ora iniziale replica pedissequamente parti del secondo e del primo film, quanto a meccaniche narrative e sequenze d'azione (ma proprio pari-pari); non suscita troppo interesse la continua riproposizione di scene di lotta fra il mostruoso Rev-9 e i suoi bersagli, che alla lunga risultano monotone data la capacità del cyborg di sopportare qualunque ingiuria fisica e di ricomporsi all'istante, fuso, frantumato o grattugiato che sia (finché, come sempre, non si trova il trucchetto per terminarlo per davvero).
Fa sbuffare l'aggiornamento "femminista" dei personaggi, perché ormai è ora di finirla. Abbiamo capito che gli eroi che salvano il mondo possono anche essere giovani donne all'apparenza fragili (e già che siamo in campo politically correct, buttiamo lì un accenno all'immigrazione clandestina e al possesso delle armi). E lampeggia clamorosa la complessiva riproposizione di tutto quanto era già stato detto/rappresentato in partenza, dall'84 in poi, senza un guizzo di originalità.
Inoltre questo Rev-9 come "cattivo" ha anche meno appeal del T-1000 di Judgment Day (là era Robert Patrick), che era bellissimo, di una specie di fluido e argenteo mercurio (tecnologia messa a punto per le creature acquatiche di Abyss), mentre qui si disfa e riforma in una specie di nero catrame semi-liquido.
Il film riprende interesse alla comparsa in scena di Schwarzenegger, ennesimo T-800 mandato sulla Terra per ammazzare John Connor e qui rimasto (non possiamo dire di più) che, grazie alla simpatia per l'attore, resta la cosa più piacevole del film. E non è sufficiente.
Certo ci si può interrogare se il difetto stia nel film o in noi, che in questi ultimi 40 anni siamo cresciuti e, sia dal vivo che sugli schermi, ne abbiamo viste così tante da perdere la capacità di stupirci. Ahimè, noi miseri...