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The 25th Ward: The Silver Case - recensione

La follia di Suda51 è facile da scorgere tra gli altissimi palazzi verdi.

Ogni volta che giochiamo un titolo di Goichi Suda, aka Suda51, ci facciamo sempre la stesse domande: come avrà convinto i publisher a farsi dare i soldi per produrre il gioco in questione? E come glielo avrà descritto? Chissà. Fatto sta che anche stavolta abbiamo a che fare con un titolo a sua firma e del suo studio Grasshopper Manufacture, e anche stavolta siamo pronti ad una dose di follia mista a vivida genialità.

The 25th Ward: The Silver Case è arrivato in Europa in sordina, quasi dal nulla, e ammettiamo che qualche ricerca online è stata necessaria per riscoprire le origini del gioco. Si tratta in realtà del sequel del primo capitolo, una visual novel uscita più di dieci anni fa su mobile, e anche su 3DS qualche tempo dopo. Oggi invece siamo su PS4 (e in futuro su PC) e il discorso cambia, ma non il succo. 25th Ward è ancora una visual novel con una trama thriller e d'investigazione, in cui i casi violenti e macabri si svolgono sotto il nostro sguardo tra un dialogo e l'altro dei personaggi che ci circondano.

Nei panni di un nuovo membro del team, o direttamente in quelli degli altri personaggi, parteciperemo alle indagini di diversi casi che si svolgono nel complesso del 25th Ward, una zona residenziale ad altissima densità, dove si raggruppano attività di tipo decisamente variegato. Anche i personaggi che vi abitano non sono tipi comuni e tra un discorso filosofico e l'altro, pian piano scopriremo la particolare vita suburbana che caratterizza il particolare quartiere. Spiegarla è alquanto difficile poichè, come molti altri titoli che portano la firma del buon Suda51, tutto è interpretato secondo una chiave molto personale, che punta a concetti forti ma raccolti da un linguaggio decisamente criptico, che poco ha a che fare con le solite regole narrative a cui siamo abituati.

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Ne viene fuori che The 25th Ward è più un'esperienza da leggere che giocare. È una visual novel a tutti gli effetti, quindi bisogna aspettarsi pagine e pagine di testo da leggere accompagnate da semplici ritratti di chi parla, e la tipica immagine della location in cui ci si trova sullo sfondo. Niente pistole o spade elettriche come Killer 7 o No More Heroes, nel venticinquesimo blocco si fa da spettatori di eventi al limite del credibile, che però quasi sicuramente non avrete mai visto in altre produzioni.

Le poche azioni da scegliere sono integrate in una piccola figura geometrica da ruotare per sceglierle, e che mostrano i classici comandi da avventura grafica d'altri tempi: guarda, parla con, muoviti e usa un oggetto. Viene da pensare subito ai classici enigmi con elementi da incastrare tra un dialogo e l'altro, e invece no. Per una buona fetta del tempo si legge e si guarda lo svolgersi degli eventi, senza poter intervenire direttamente.

In alcune fasi è possibile spostarsi muovendosi nei quattro punti cardinali, ma dopo un po' di volte è chiaro che si tratta, come le altre azioni, di un semplice mandare avanti la storia. Qualche enigma è legato ai discorsi affrontati dai peronaggi poco prima, ma nulla di comparabile alle avventure anni '90. Riscoprendo le origini del gioco si capisce che la poca interattività è un proprio un retaggio del primo capitolo, nato su mobile più di una decade fa, e quindi di una struttura che si è scelto di non variare, non approfittando del cambio radicale di piattaforma.

Lo stile grafico mostra due stili: uno retro, quasi anni '80, l'altro illustrato con un tratto marcato.

Si sarebbe potuto aggiungere un pizzico d'azione, quel tanto che basta per non snaturare il prodotto e far sì che il prosieguo della narrazione fosse intervallato da scelte e considerazioni, non solo pagine di testo da far scorrere dopo qualche pressione dei pulsanti. In alcuni casi abbiamo accomunato la partita alla lettura di un manga. Di un gran bel manga però. La storia messa in piedi da Suda e gli altri due autori originali, Yuki e Ooda, accompagnata dalle illustrazioni di Takashi Miyamoto è appassionante, ricca di atmosfera che riesce ad avere spessore nonostante un involucro tutto sommato semplice.

I testi sono curati in modo da far risaltare aspetti del grottesco luogo in cui ci si trova, il 25th Ward appunto, con il contagocce, in modo improvviso e mai palese, nascosti nei dialoghi ricchi di carattere dei tanti personaggi che incontreremo. Chiaramente c'è uno stile prettamente nipponico dietro, con personalità marcate in modo quasi esagerato, come la bella ma strafottente Kuroyanagi, schietta e diretta, che anche per rispondere "sì" ci mette una parolaccia prima o dopo.

Il tratto di Miyamoto, monocromatico e dalle ampie pennellate, rende tutta l'atmosfera più densa, carica di serietà e tristezza. Il contrasto tra le illustrazioni e il resto del gioco, dall'interfaccia utente alle immagini 3D che fanno da setting per l'avventura, è la tipica firma di Suda, che punta ad essere disturbante e dissacrante. Pixel bianchi giganti, toni rosa e verde acceso, suoni 8bit e tanta altra roba che rimanda dritta alle console anni '80. Pur essendo fondamentalmente un giallo, non si sa mai quale aria si respira in The 25th Ward. In una schermata si assiste ad un suicidio, in un'altra si riflette sullo stato d'animo di un protagonista, in un'altra si assiste straniti ad una scena grottesca, in un'altra ancora si ride. Un'altalena di emozioni difficile da interpretare, ma sicuramente adulta e originale.

L'avventura vede avvicendarsi diversi protagonisti in un'ambientazione quasi disturbante, il venticinquesimo quartiere.

È da queste considerazioni che bisogna interpretare il voto a fine articolo per The 25th Ward. È un gioco adatto a chi ha qualche anno in più sul groppone e un lungo storico videoludico alle spalle, che si è stufato magari di giocare l'ennesimo racing o l'ennesimo FPS e vuole qualcosa di completamente nuovo, che riesca a stupirlo e a non fargli dare per scontato cosa accadrà nella prossima scena. È consigliato a chi voglia mettere per un momento da parte riflessi e punteggi e leggere invece con calma una storia ricca di dettagli da cogliere. Tra cui anche riferimenti più o meno palesi ai vecchi titoli di Goichi Suda.

Vedendola invece sotto una luce canonica, l'avventura di The 25th Ward si perde tra mille difetti, figli proprio della direzione artistica. La quasi totale assenza di gameplay costringe ad un'esperienza noiosa per chiunque voglia una qualsiasi sfida dal gioco, mentre a livello tecnico la ambientazioni in 3D sfoggiano pochezza di dettagli e una veste generalmente grezza, afflitta oltretutto da un pesante aliasing.

Fondamentalmente The 25th Ward è rimasto un gioco per smartphone, che avrebbe fatto una figura migliore se fosse rimasto su tale piattaforma. La potenza e la flessibilità di PlayStation 4 avrebbe potuto essere sfruttata per rifinire i dettagli e incrementare il carico emozionale.

Il livello di interazione è basilare. Saremo chiamati a interagire con semplici azioni per mandare avanti le sequenze di gioco.

Se fa al caso vostro, The 25th Ward vi conquisterà col suo taglio disturbante e profondo. Come dire che la bellezza sta negli occhi di chi guarda. Tuttavia, quando si gioca un titolo di Suda51, si deve sapere a cosa si va incontro e abbandonare qualsivoglia aspettativa. Di sicuro non sarà una hit, ma è l'ennesimo lampo di genio di un designer che ha sempre avuto il coraggio di osare.

8 / 10
Avatar di Michele Sollazzo
Michele Sollazzo: Provenendo dalla leggendaria regione del Molise, non poteva fare a meno di vivere avventure in mondi virtuali. Dopo un'infanzia vissuta tra gli arcade dei bar diventa adulto firmando petizioni per far uscire Shenmue 3. Ora è passato a Outcast 2.

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