The Awakened Fate Ultimatum: paradiso infernale - recensione
Diventare un dio è un colpo di fortuna... o no?
Se ti chiami Shin Kamikaze e all'uscita da scuola vieni ucciso da demoni volanti che prima ti piantano una spada in petto e poi ti informano di essere stati inviati per eliminarti, ci vuole qualcosa di speciale per risollevare la giornata.
Venire resuscitati poco dopo una morte così particolare bilancia in teoria le cose, specialmente se nella tua nuova incarnazione scopri di essere rinato come un dio, ma il protagonista di The Awakened Fate Ultimatum non passerà di certo alla storia come un tipo fortunato, visto che si trova catapultato subito dopo in una cruenta guerra tra angeli e demoni e costretto a scegliere se dividere una stanza con la sorella dell'arcangelo locale o l'avvenente e spregiudicata diavolessa scienzato che lo ha resuscitato.
Un prologo del genere è sicuramente abbastanza per annoverare il nuovo titolo di Nippon Ichi tra i più bizzarri degli ultimi tempi, ma in realtà, ad avventura salpata, il tutto non si discosta troppo dalle bizzarrie a cui ci hanno abituato Disgaea e successori, anche quanto a caratterizzazione (Jupiel, l'angelo menzionato poco fa, ricorda più che vagamente Flonne, mentre Ariael potrebbe essere la sorella maggiore e maggiorata di Etna).
Il fortunato paragone con il vulcanico GDR che ha reso noto il nome di Nippon Ichi si interrompe, purtroppo, qui. A dispetto della premessa, in cui il protagonista diventa suo malgrado una divinità proprio come nel predecessore The Guided Fate Paradox, le atmosfere stavolta sono molto più cupe e cozzano terribilmente con stile grafico e ambientazione.
Niente di male se non fosse che, nel tentativo di sviluppare trama e introspezione, gli sviluppatori hanno realizzato una serie di sequenze di intermezzo interminabili tra un dungeon e l'altro, con dialoghi veramente lunghi e difficili da digerire, ma soprattutto che non riescono a costruire il minimo legame empatico con i personaggi.
Tra angeli diventati crudeli per via della guerra, bambini-soldato, orde demoniache prive di scrupoli, scienziati prigionieri, divinità oscure e chi più ne ha più ne metta, il materiale per un dramma di proporzioni epiche non mancherebbe, ma lo stile fumettoso non lega bene con le tonalità più scure della trama.
Teoricamente, è possibile influenzare anche il corso degli eventi con delle scelte particolarmente importanti che invogliano anche a rigiocare più di una volta la storia, ma quando si scopre ad esempio che un personaggio è destinato a morire a prescindere dalla decisione presa, la meccanica perde di efficacia.
Non che il dipanarsi della trama sia reso in maniera spettacolare: gli intermezzi consistono nei classici dialoghi con disegni statici, seppur ben realizzati, dei personaggi coinvolti. Il protagonista non brilla per particolare carisma, ma alla lunga il difetto maggiore è la già citata lunghezza di queste sezioni, che a volte appaiono veramente interminabili.
Sul fronte gameplay le prospettive sono migliori, più che altro perché il sistema è facile da apprendere e i dungeon scorrono via veloci. Movimento e combattimento si svolgono a turni senza stacchi tra l'uno e l'altro, con ogni casella percorsa o colpo portato che corrisponde a un'azione dei mostri sulla mappa.
I dungeon sono composti da più livelli generati casualmente, con la possibilità di effettuare un salvataggio sospensivo prima di scendere al piano successivo, ma non di ricaricare più volte in caso qualcosa vada storto, che comunque non giustifica appieno il bollino "roguelike" affibbiato da Nippon Ichi al suo titolo, anche perché in caso di fallimento è possibile ripetere il dungeon da capo.
Vista la sua natura divina, Shin può anche trasformarsi in angelo o diavolo per combattere meglio contro i nemici del tipo opposto. Movimento e azioni sono regolati da una quantità finita di punti, per cui non è possibile restare sempre trasformati. Cambiare forma non consuma alcuna risorsa, per cui spesso diventa pura formalità scegliere il tipo di trasformazione ed eliminare il nemico di turno prima di tornare umano. La grande quantità di oggetti recuperabili nel dungeon o acquistabili nello shop tra una sortita e l'altra non rendono comunque problematico il ripristino di punti azione o HP.
Le fasi giocate, in definitiva, scorrono abbastanza veloci e senza intoppi, ma risentono di una semplicità eccessiva nella natura di armi e oggetti. Le sezioni di sviluppo del personaggio e dell'equipaggiamento non sono poi particolarmente profonde: Shin acquisisce abilità e incrementi alle statistiche secondo un sistema che ricorda la Sphere Grid di Final Fantasy X, ma con molti meno percorsi e una progressione nel complesso meno libera.
In definitiva, The Awakened Fate Ultimatum sorprende in negativo per la superficialità che caratterizza i sistemi principali di gioco, dalle scelte fondamentali da prendere a combattimento e sviluppo del personaggio. Il risultato sarebbe un dungeon crawler piuttosto leggero e godibile a patto di non pretendere troppo, ma l'uso eccessivo di dialoghi e intermezzi rallenta molto il ritmo.
Insomma, non c'è traccia né della dirompente comicità né della giocabilità che caratterizzano altri titoli targati Nippon Ichi, e non per una questione di scelte ma proprio perché The Awakened Fate Ultimatum risulta in definitiva carente e superficiale da troppi punti di vista, gameplay in primis.