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The Bradwell Conspiracy - recensione

Un breve solstizio d'estate all'ombra di Stonehenge.

Siamo nell'anno 2026: in seguito ad una serie di scavi condotti attorno a Stonehenge, nel cuore del Regno Unito, la celebre composizione di monoliti si è trovata inevitabilmente a rischio distruzione, ma grazie al provvidenziale intervento della multinazionale Bradwell Electronics il prezioso sito è stato infine tratto in salvo. In cambio del servizio reso, la ricchissima compagnia ha ottenuto dal governo britannico i permessi necessari per costruire un enorme museo accanto ai dolmen, ovvero lo Stonehenge Museum, luogo che il nostro sfortunato protagonista si trova a visitare durante un lungo solstizio d'estate.

Ciò che né la corona britannica né lo sconosciuto visitatore possono minimamente sospettare, è che al di sotto della superficie si nasconde un'intricata rete di laboratori in cui l'azienda di Melissa Bradwell porta avanti progetti di ricerca encomiabili ed oltremodo avanzati, esperimenti che spaziano dalla creazione di una forma di energia sostenibile fino alla pulizia di tutte le acque del pianeta. Ma al tempo stesso, fra provette e server societari, serpeggia un fitto mistero legato al passato della casata e ad inquietanti forme di energia raccolte nei recessi della Terra.

Nel turbinio della lotta alle corporazioni, l'organizzazione terroristica En Masse aveva già nel 2007 messo a segno un terribile attentato ai danni della famiglia di magnati, uccidendo un'intera generazione di Bradwell durante un attacco nel cuore di Bruxelles. Ma cosa c'entra tutto questo con la nostra avventura in The Bradwell Conspiracy? Proprio mentre il protagonista si trova all'ingresso del museo in occasione di una raccolta fondi, una terribile esplosione devasta la struttura, lasciandolo a terra privo di sensi e danneggiando irreparabilmente le sue corde vocali.

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Facciamo un passo indietro. The Bradwell Conspiracy è l'ultima produzione degli inglesi di Bossa Studios, sviluppata da A Brave Plan, un puzzle game in prima persona che prende ispirazione dall'enigmistica di Portal per fonderla con un interessante sottotesto narrativo. Il team di sviluppo è una fucina di artisti vincitori dei BAFTA, un gruppo di lavoro che ha unito la dialoghista di Battlestar Galactica con i performer dietro ai protagonisti di Assassin's Creed Origins, pescando qualche talento da opere come Alien: Isolation e Tomb Raider per poi chiudere il cerchio con l'apporto del compositore di Journey.

Insomma, un team di pesi massimi che ha scelto di sfidare gli dei, perché diciamocelo, Portal è uno di quei pochissimi videogiochi che si possono definire perfetti senza far infuriare nessuno. Alla prova dei fatti, le premesse di The Bradwell Conspiracy si sono dimostrate eccellenti: un soggetto accattivante e profondo, messo in scena nello stile di Bioshock? C'è. Un gameplay efficace ed enigmi di buona fattura? Abbiamo anche quelli. Un'ambientazione misteriosa e fortemente atmosferica? Certo, non poteva mancare. Si tratta quindi di un successo su tutti i fronti? Purtroppo, non è così.

Partiamo dall'inizio: il protagonista senza nome si risveglia sommerso di polvere nella hall dello Stonehenge Museum, luogo in cui fa immediatamente la conoscenza di quelli che saranno i suoi unici compagni di viaggio. Il primo è la Guida, intelligenza artificiale integrata negli Smartglasses forniti a ciascun visitatore, entità che costituisce l'unica interfaccia con il mondo; il secondo, invece, è la misteriosa Amber, un'impiegata della Bradwell rimasta intrappolata fra le macerie proprio come noi, la voce amica che ci guida nei meandri dell'edificio senza mai poter udire le nostre risposte.

Sotto Stonehenge, ormai adibito a museo, si fanno largo decine di gallerie che ospitano i laboratori della Bradwell Electronics.

Eh già, com'è possibile comunicare senza corde vocali? L'unico modo è ricorrere alla fotocamera integrata negli Smartglasses, strumento fondamentale per condividere con Amber immagini di ogni genere, indispensabile tanto per risolvere gli enigmi quanto per alzare il sipario sugli stralci di narrativa emergente celati nei laboratori della Bradwell. In effetti, gran parte della forza comunicativa dell'opera si nasconde proprio nella storia occulta dell'industria, fra progetti misteriosi ed un lato oscuro da decostruire uno scatto alla volta assieme alla nostra compagna.

Il parallelismo con il lavoro di Valve si deve quasi esclusivamente alla struttura del gameplay, perché l'eredità della Portal Gun si è riversata in un dispositivo brevettato dalla Bradwell che consente di manipolare la materia. Attraverso questa futuristica "pistola" è possibile smaterializzare numerosi oggetti della scenografia per acquisirne il relativo progetto, in modo da poterli replicare in qualsiasi momento sfruttando una sorta di stampante 3D.

Mettiamo caso che ci sia una voragine troppo profonda per essere superata. Non dovremmo fare altro che trovare qualche asse di legno nascosta in giro per il livello, immagazzinarla nel dispositivo e, sfruttando le riserve di materia accumulata, costruire un comodo ponte per passare dall'altro lato. Ovviamente, proseguendo nel labirinto della struttura gli enigmi si faranno via via più complessi, fino a richiederci di esaminare minuziosamente l'ambiente, gestire le risorse con parsimonia e lavorare assieme ad Amber con grande coordinazione.

In questo momento stiamo smaterializzando la statua di un cane. Perché, si sa, la statua di un cane fa sempre comodo.

C'è da dire che, anche se il design degli enigmi è buono e la difficoltà tarata in modo egregio, chiunque sia stato forgiato dalle prove di GLaDOS o svezzato dagli scorci di Syberia non si troverà di fronte ad un'avventura capace di tenerlo impegnato per più di tre ore. Un fattore, questo, che diventa l'anticamera perfetta per accogliere il bipolarismo di cui soffre l'universo narrativo.

All'inizio, infatti, i corridoi in marmo della grezza struttura brutalista sembrano costituire solamente la vetta di un gigantesco iceberg di informazioni, laddove l'unico scopo del protagonista è quello di riuscire ad abbandonare l'edificio. La Bradwell è un'azienda rivolta al futuro e all'apparenza impegnata socialmente, ma nasconde una verità capace di trascinare nel suo vortice tanto lo sfortunato eroe di turno quanto la misteriosa Amber. E cosa c'entra con tutto questo Stonehenge, luogo che da sempre rappresenta un pallino per gli occultisti più appassionati?

Il fatto è che The Bradwell Conspiracy genera molte più domande rispetto a quante risposte riesca effettivamente a fornire. Nonostante la generosa offerta portata dal racconto emergente, la mole di dettagli e curiosità accumulate fra i primi livelli non trova riscontro in una risoluzione che arriva troppo rapidamente, strappandoci all'improvviso da un mondo squisitamente congegnato. Il che, da un certo punto di vista, è un grandissimo complimento, perché saremmo rimasti volentieri incollati allo schermo per almeno il doppio del tempo.

Nonostante l'architettura tipicamente brutalista, le ambientazioni si alternano con stile, e ciascun enigma è minuziosamente curato.

Il rapporto simbiotico con Amber ricorda a tratti quello con il primo Atlas di Bioshock, ma impatta sul giocato e guadagna grandissimo peso grazie alla prova attoriale di Rebecca LaChance, vera punta di diamante del progetto. La stesura del soggetto, invece, è stata efficace al punto da diventare il grande tallone d'Achille dell'opera, perché la stretta natura indipendente ha finito per comprimere le effettive potenzialità della produzione.

Dal punto di vista tecnico, invece, The Bradwell Conspiracy sa qual è il suo lavoro e lo svolge senza fare capriole. Il motore fisico si mette al servizio del gameplay statico, e se qualcosa sembra non funzionare come dovrebbe significa quasi certamente che siamo noi quelli in errore. Al netto di parecchi cali di frame nelle sezioni più cariche, solitamente quando ci si volta di scatto, il minimalismo estetico ha pagato l'impegno, disegnando un'esperienza ruvida ma che scorre senza troppi intoppi.

In poche parole, ci siamo trovati di fronte ad un titolo che aveva tutte le carte in regola per andare ben oltre la sua iniziale ambizione, ma è mancata stabilità nelle fondamenta di ciascuna meccanica. Anche se il finale è riuscito a risolvere i buoni presupposti autoriali con qualche spumeggiante colpo di scena, l'opera ci ha salutati con un sapore dolceamaro, come se avessimo lasciato indietro troppi interrogativi prima di raggiungere i titoli di coda.

Proseguendo nell'avventura le prove si fanno sempre più complesse, fino a richiedere la coordinazione di numerosi fattori. Su tutti, svetta sempre un'esplorazione oltremodo attenta.

Aldilà di questa critica, che potrebbe tranquillamente essere smentita attraverso una parte due o, perché no, attraverso la creazione di un universo narrativo ancor più vasto, The Bradwell Conspiracy resta un ottimo puzzle game, seppur eccessivamente breve. Se siete amanti del genere, all'interno dello Stonehenge Museum troverete un'atmosfera frizzante, un gameplay fresco ed un tessuto narrativo coinvolgente, gli ingredienti perfetti per trascorrere un pomeriggio o una serata all'insegna del divertimento. Ma solamente un pomeriggio o una serata.

7 / 10