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The Division: finalmente in azione - prova

Alla scoperta del multiplayer.

Los Angeles - L'E3 2015 ci ha regalato diverse soddisfazioni, tra cui la possibilità di testare con mano l'ancora misterioso multiplayer di The Division. La sessione da noi affrontata ci ha visti partire per la Dark Zone con un team composto da tre persone.

La Dark Zone è una zona estremamente pericolosa, che potrebbe mettere chiunque con le spalle al muro in pochi minuti. In sostanza, si tratta di una parte di New York rapidamente abbandonata dagli esseri umani, per via dell'intensità eccessiva delle radiazioni al suo interno.

Per questo motivo, esplorando la zona è possibile reperire un gran numero di armi, alcune delle quali così potenti da garantire vantaggi incredibili a chiunque sia così fortunato da metterci le mani sopra. Prima di iniziare la partita abbiamo fatto una prova dei controlli, mentre eravamo nell'ovattata sicurezza di Time Square. In questo modo abbiamo preso confidenza con le varie armi e con i gadget a disposizione del gruppo, oltre che con le basi del movimento.

La Dark Zone nasconde grossi pericoli ma anche ricompense fuori dal comune.

A seconda del personaggio utilizzato, si poteva contare su una granata a ricerca, una bomba adesiva, una torretta mobile, e su tutta una serie di diavolerie che i giocatori saranno più che felici di sperimentare quando il gioco uscirà nei negozi.

Una volta nella Dark Zone abbiamo eliminato una serie di bersagli nemici controllati dalla CPU, cercando di recuperare l'oggetto leggendario segnato sulla mappa. Da questo punto di vista ci è sembrato quasi di essere alle prese con Destiny e le sue armi esotiche, il che è piuttosto interessante.

Esattamente come accade nel titolo di Bungie con i suoi engrammi criptati, infatti, in The Division una volta raccolto il loot leggendario non è possibile equipaggiarlo immediatamente, perché contaminato dalle radiazioni. Per usarlo, è prima necessario eseguire con successo l'estrazione dalla Dark Zone.

Ed è proprio al momento dell'estrazione che le cose si complicano. Una volta raggiunto il punto indicato ed eliminati i mob controllati dalla CPU, diventa estremamente probabile imbattersi in uno o più team controllati da giocatori umani, che possono scegliere se collaborare ed evitare scontri o se ingaggiare una battaglia senza quartiere in cui annichilire le forze rivali.

Per essere estratti con successo, una volta avviata la procedura si devono eliminare le minacce e resistere fino all'arrivo dell'elicottero, ma non è affatto facile! The Division, infatti, è un TPS particolare, in cui la gestione attenta delle coperture è di vitale importanza.

Per essere abbattuti basta davvero poco, e la cooperazione e la comunicazione tra i membri dello stesso team sono la chiave per la vittoria. Naturalmente è possibile curare i compagni di squadra caduti, a patto che questi siano a terra agonizzanti e non abbiano ancora ricevuto il colpo di grazia. Proprio come in Gears Of War.

Quando l'intero team viene abbattuto, l'estrazione si interrompe, e la squadra respawna vicino alla zona calda, dove deve tornare per un nuovo tentativo. Naturalmente, nei paraggi troverà ancora i giocatori umani, e l'intera operazione ricomincerà da zero.

Il sistema di controllo di The Division ci ha convinti, visto che permette di gestire con naturalezza gli spostamenti da una copertura all'altra, e perfino l'arrampicata sugli elementi delle ambientazioni.

Premendo il tasto A accanto a una qualsiasi superficie ci si accovaccia per ripararsi dal fuoco nemico. Tenendo premuto A e puntando verso un'altra copertura, si corre automaticamente per raggiungerla. Il tasto B, invece, controlla le arrampicate, e premendolo ci si inerpica su qualsiasi oggetto delle dimensioni adatte: casse, macchine, spartitraffico, ringhiere. Tutto più essere facilmente aggirato, tramite la semplice pressione di un comando.

Pur giocando con una squadra di sconosciuti, ci siamo divertiti parecchio in questa sessione multiplayer.

Sinceramente, però, la prova che abbiamo fatto è stata piuttosto caotica e confusionaria. Prima di tutto, abbiamo giocato insieme a uno sviluppatore e ad un perfetto sconosciuto, dettaglio piuttosto importante in un titolo che richiede un grande gioco di squadra.

In secondo luogo, non avevamo alcuna familiarità con le armi e gli oggetti a disposizione. Quel che conta, però, è che ci siamo divertiti parecchio, e che con Ubisoft stia cercando di creare un'esperienza diversa dal solito.

Se tutto andrà come da programma, potremmo ritrovarci fra le mani una piacevole sorpresa, una boccata d'aria fresca nel genere degli sparatutto in terza persona. A questo punto non ci resta che attendere pazientemente la fine dello sviluppo del gioco, anche per valutare il comparto tecnico e altri elementi di gameplay.

Avatar di Filippo Facchetti
Filippo Facchetti è un rispettabile nerd da sempre appassionato di "giochini elettronici". Prima di approdare a Eurogamer scrive per importanti riviste di settore e conduce programmi TV dedicati all'intrattenimento digitale.
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