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The Evil Within, un bagno di sangue e paura - prova

Shinji Mikami continua a preparare il suo ritorno.

Il ritorno di Shinji Mikami è atteso da molti come la seconda venuta del messia dei survival horror, il papà di Resident Evil si prepara a terrorizzarci (ma non troppo) in un gioco nuovo (ma non troppo) che prende a piene mani dai canoni dello sviluppatore nipponico. L'atmosfera à la Resident Evil c'è tutta, con un miscuglio di sensazioni simili a quelle evocate dal quarto capitolo spruzzate però di parecchie citazioni ad un passato più lontano, fatto di tempi più compassati e ville infestate da zombie.

Non sono solo le sensazioni evocate dalle atmosfere a portarci in un mondo a metà tra i primi capitoli di Resident Evil e quello ambientato in Spagna, ma è anche il gameplay a stringere l'occhio alla precedente esperienza di Mikami nel mondo videoludico. La cifra stilistica del designer giapponese è infatti evidente in tantissimi aspetti dell'opera, da quello estetico a quelli più puramente ludici.

I movimenti del nostro protagonista, per esempio, sembrano rifarsi ad un set di animazioni molto familiare, anche se ovviamente aggiornato per l'occasione, così come quelli di alcuni zombie che si aggirano in maniera molto simile ai Ganados del quarto capitolo. Anche l'atmosfera di alcune aree di gioco ricorda i villaggi spagnoli, almeno nella rappresentazione di nemici zombie e senzienti quel tanto che basta per dare una parvenza d'organizzazione.

In alcuni frangenti i filtri che sporcano l'immagine prendono il sopravvento, e tutto diventa più sporco e polveroso.

La storia, poi, ricalca quel copione che ci aspettiamo da un gioco di Mikami, con un antagonista benestante e travagliato che si lancia nella realizzazione di esperimenti ben oltre il confine consentito dall'etica, e che di fatto crea la sua personale orda di zombie.

"L'atmosfera à la Resident Evil c'è tutta"

Non è ancora chiaro quale tipo di controllo abbia sul suo operato, o se magari le cose gli sfuggano di mano visti alcuni mostri che decisamente sembrano difficili da imbrigliare in ordini o indicazioni.

Se gli zombie più semplici si possono anche guidare, le creature mutate che capita di affrontare sono ancora da spiegare, anche se pure in questo caso non si può fare a meno di pensare alla serie di Resident Evil.

Oltre al villaggio citato abbiamo visto anche una villa ed il solito miscuglio di costruzioni industriali e fognature, ma questo non vuol dire che The Evil Within sia semplicemente un clone di un passato amato da molti. Per esempio il complesso sistema di armi e upgrade presente in Resident Evil lascia il passo a qualcosa che appare più contenuto nelle dimensioni, visto che il comunque presente arsenale a base di fucili a pompa e pistole viene affiancato da una balestra armabile con munizioni di vario tipo.

Zombie? Uomini mutati? La varietà di nemici proposta sembra buona, anche sul fronte dei miniboss incontrati nella prova.

Probabilmente si tratta di un sistema utile soprattuto durante gli scontri coi boss o con i nemici più particolari, visto che i dardi offerti promettono di avere effetti diversi e più interessanti delle semplici esplosioni (comunque presenti): la possibilità di ghiacciare gli avversari, o di elettrificarli, sembra fatta apposta per tornare utile in determinati frangenti, soprattutto se teniamo conto del restante arsenale, non particolarmente ricco.

"Dal punto di vista stilistico non possiamo che dirci soddisfatti"

La varietà dei nemici, invece, dovrà essere messa alla prova con maggiore tempo a disposizione, visto che per ora ci limitiamo a parlare di zombie vari e di qualche miniboss. In generale, comunque, l'impressione è che gli avversari siano piuttosto coriacei e capaci di dare del filo da torcere al giocatore, soprattutto se si gioca a livelli di difficoltà medio alti e munizioni e kit medici scarseggiano. Interessante anche la necessità di bruciare i cadaveri dei nemici per evitare che questi tornino poi alla loro molesta non vita, anche se chiaramente i fiammiferi non sono infiniti e torna il tema della scarsità di risorse.

Se dal punto di vista stilistico non possiamo che dirci soddisfatti, vista l'ottima caratterizzazione di nemici e ambientazioni, così come di un antagonista forse un po' stereotipato, ma certo intrigante, è il fronte tecnico ad offrire il fianco a qualche critica, a causa di un motore grafico che affonda evidentemente le sue radici nella passata generazione di console, il che si vede da strutture poligonali semplici e da un livello di dettaglio non particolarmente alto.

La scelta di utilizzare dei filtri a sporcare le immagini è comunque vincente, un po' perché riesce a migliorare il colpo d'occhio, e un po' perché contribuisce non poco all'atmosfera polverosa e infetta che si respira giocando.

Non mancano momenti decisamente splatter, ma del resto questo non è certo un gioco per persone facilmente impressionabili.

Il giudizio deve dunque essere ancora sospeso, visto che non si riesce a capire l'effettivo livello qualitativo del titolo da brevi prove. I presupposti per la creazione di un prodotto convincente ci sono tutti, ma soltanto un'analisi più approfondita del titolo di Tango Gameworks potrà restituirci una valutazione obiettiva.

Ad esempio non possiamo dirci completamente soddisfatti dai puzzle proposti, decisamente lontani dai fasti dei primi Resident Evil, ma non è detto che non ci sia qualcosa di meglio in porzioni di gioco ancora tenute nascoste.

L'impressione è che The Evil Within possa convincere l'appassionato del genere (o dell'opera di Mikami) senza grossi problemi, pur senza particolari guizzi e senza discostarsi più di tanto dalle precedenti creazioni del designer nipponico.