The Flame in the Flood: Complete Edition - recensione
Il roguelike survival game di The Molasses Flood debutta su PlayStation 4.
Il senso di The Flame in the Flood va ricercato ben al di là delle meccaniche ludiche che lo compongono. La sua efficacia, in senso artistico e non solo, supera abbondantemente la somma delle parti che ne costituiscono il gameplay. Ciò accade perché anche questa Complete Edition, sottotitolo ingannevole per un semplice porting su PlayStation 4 di un gioco già pubblicato su PC e Xbox One un anno fa, rappresenta un esperimento in larga parte riuscito, ma tutt'altro che privo di imperfezioni e spigoli.
Il tema portante dell'opera è il viaggio. Non quello estremo, persino incosciente in pieno stile In To The Wild. Si tratta piuttosto del lento esodo, necessario e disperato, di The Road. C'è un mondo, un'America del nord nello specifico, devastato da un'apocalisse che ha preso le sembianze di una pioggia torrenziale che ha spazzato via città, nazioni, buona parte del continente. L'umanità, come naufraghi in un oceano violento e agitato, si sono aggrappati alle cime di alcuni altipiani tramutati in isole di fortuna. Uomini, donne e bambini sopravvivono minacciati da una natura feroce e dalle sinistre voci che si materializzano nel cervello di chi da troppo tempo è costretto a soffrire il freddo in completa solitudine.
L'art design utilizzato per l'occasione è stupefacente per la grazia con cui si tiene lontano da certe derive e influenze che tanto vanno di moda negli ultimi tempi. Pur abbondando di personaggi dalle proporzioni deformate, pur affiancando figure rotonde ad animali selvatici che con i loro spigoli ben testimoniano la loro letalità, il mondo disegnato da Scott Sinclair, artista a lavoro su Bioshock e Bioshock Infinite, è spietatamente credibile, realistico, coerente. Non c'è la nebbia opprimente dell'inverno nucleare, né i fumi neri di bande organizzate che si muovono in gruppi con moto o barche, in cerca di vittime da depredare.
All'alba il sole illumina ogni albero con ammalianti giochi d'ombre. Splendidi panorami, spesso e volentieri, regalano minuscoli momenti di pura gioia. Durante la notte, la luna risplende in tutto il suo vigore, per nulla intimorita dal classico inquinamento luminoso del mondo civilizzato. Di fianco a cotanta bellezza, stormi di corvi che si annidano tra i rami, pronti a ricordare la caducità della vita dei sopravvissuti; carcasse di scuolabus ed edifici, trascinati dalla potenza dei fiumi; gli occhi vacui e disillusi della protagonista dell'avventura.
La ragazza non ha un nome, ma dopo un brevissimo preambolo, si darà uno scopo ben preciso. Accompagnata da un fidatissimo amico a quattro zampe, deve raggiungere la sorgente di un misterioso segnale radio, forse unico (ultimo) avamposto in cui l'umanità non stenta, ma vive dignitosamente. La scoperta, l'esplorazione, la voglia di vedere cosa c'è dopo (e alla fine) sono le scintille che tengono in piedi l'avventura, le principali motivazioni che vi spingeranno a guardare oltre i difetti e a non farvi fagocitare dalla frustrazione dopo l'ennesimo game over.
Morire, nello spietato viaggio propostovi da The Flame in the Flood è davvero questione di un paio di scelte sbagliate. Il fiume, che vi trascinerà di ambientazione in ambientazione, incanala la protagonista lungo un sentiero generoso di biforcazioni. La zattera si governa a fatica, spesso si ha la peggio contro la corrente e si finisce rovinosamente sugli scogli, ma con un paio di pagaiate al momento giusto, si possono raggiungere degli approdi, piccole ambientazioni ricche di inaspettati incontri, pericoli, risorse.
Tutto ruota attorno alle provviste. La velocità con cui si consumano, sarà l'unica costrizione che spingerà la protagonista ad interrompere puntualmente il suo viaggio per dedicarsi all'esplorazione. Mangiare, bere, tenersi al caldo e riposare: quattro parametri, con altrettante barre che tendono costantemente a svuotarsi, da tenere in considerazione se non si vuole fare una brutta fine. Come se non bastasse, c'è un elenco sterminato di ulteriori eventualità, come avvelenarsi, ferirsi o farsi mangiare da un lupo, da evitare a tutti i costi.
A difenderci da ogni avversità ci sarà unicamente lo zaino della protagonista, che andrà opportunamente riempito di item utili alla causa. Un po' di cibo, una bottiglia da riempire con acqua piovana, tutto il necessario per costruire una trappola con cui catturare conigli, buoni da mangiare, ma utili anche per imbottire la giacca e resistere meglio ai morsi del freddo.
The Flame in the Flood non è un gioco per tutti. Farsi cogliere dall'ansia è un attimo, scoprirsi impreparati, per una pessima gestione delle proprie risorse, è semplicemente mortale. Basta una scelta errata, una disattenzione per veder miseramente perire la nostra eroina, evento tanto drammatico, quanto traumatico. Persino la scelta del successivo approdo può rivelarsi fondamentale per la sopravvivenza. Il caso e la fortuna, naturalmente, giocano il loro ruolo dal momento che il mondo di gioco si crea proceduralmente. Può capitare di trovare sin dall'inizio tutto l'occorrente per creare un arco, rendendo meno minacciosi i cinghiali che vi caricheranno non appena vi individueranno. Al contrario, si può morire piuttosto in fretta se non si è riusciti a mettere le mani su una pianta con proprietà curative.
Non che si tratti di un vero e proprio difetto, ma è proprio a partire da queste considerazioni che vengono a galla i limiti del gameplay del gioco. Si scopre, infatti, che il crafting sia più limitato di quanto preventivato, costretto in una manciata di oggetti e di capi d'abbigliamento; che quello che sembrava un'ambientazione ricca di segreti e personaggi generosi di storie affascinanti, si riveli in realtà poco intrigante e fondamentalmente desolata; che i meccanismi che gestiscono il gameplay non evolvono in alcuna direzione.
The Flame in the Flood, insomma, è il classico indie estremamente promettente e potenzialmente immenso, che al di là della splendida superficie e copertina ha in realtà poco altro da mostrare. Fortunatamente, in questo caso, la sostanza è più che sufficiente per appassionare il videogiocatore a caccia di un'avventura evocativa piuttosto difficile da completare. Lo strepitoso art design, la colonna sonora ben amalgamata allo stile dell'epopea e un gameplay comunque più che degno, confezionano un titolo che attirerà a ammalierà tutti coloro affascinati da giochi come Don't Starve. La curiosità di scoprire chi e cosa si celi alla sorgente del segnale radio captato, un po' come con Journey, sarà tale da farvi ignorare i tanti limiti del gioco in cui vi imbatterete nel corso del viaggio.