The Hunt - recensione
Attenzione alla scelta della propria preda.
Si può anche accettare di essere soggetti a un'oligarchia, a patto che sappia fare bene il suo mestiere. Dopo un incipit che già ci fa capire senza ombra di dubbio dove andremo a parare, veniamo gettati nell'azione, in mezzo a un gruppetto di sventurati, che si svegliano in una brughiera, dove vengono ammazzati uno alla volta con metodi sempre più efferati.
Ma una delle prede mostra inattese doti di reazione e diventa il predatore più spietato, risalendo la folle catena di personaggi che ha organizzato il "gioco". Ma di chi si tratta? Di qualche oligarchia feroce, come nella serie di film The Purge (Notte del giudizio), che ha generato pure una serie tv altrettanto capace di onesto intrattenimento? Di un'azienda dai paradossali metodi per selezionare il personale, come in Severance? Lì sta il fulcro della storia, che è godibile nel suo svolgimento, sempre nell'attesa del colpo di scena che renda il tutto un po' originale, non puramente derivativo.
Come in molti horror, i problemi per i "cattivi" arriveranno da una donna, in questo caso una biondina all'apparenza di poco spessore, la cui scelta come preda si rivelerà sbagliata, perché dietro l'apparenza fragile si nasconde ben altra tempra. Insomma, di niente e nessuno ci si può fidare, in mondo è una matrioska di inganni crudeli, per chiunque.
Il film The Hunt si ispira al racconto La partita più pericolosa, scritto nel 1924 da Richard Connell, che ha fatto da spunto per ben altri sette film. A scrivere la sceneggiatura è Damon Lindelof, autore di The Leftovers e Watchmen la serie, in cui aveva già collaborato con Nick Cuse, che qui di nuovo lo affianca.
E alla produzione troviamo il prolifico Jason Blum, produttore di infiniti horror variamente riusciti, ma anche di prodotti di maggiore spessore come la serie The Purge (La notte del Giudizio), Get Out, Us, L'uomo invisibile, BlacKkKlansman. A dirigere è il giovane Craig Zobel, che arriva da video e serie tv e soprattutto da The Leftovers, set sul quale avrà conosciuto Lindelof.
Come nei film precedenti di questi ultimi personaggi, c'è una chiara allusione politica, giochiamo un gioco di cui non sappiamo bene le regole, senza i mezzi adeguati per difenderci, chi si misura con noi ha un quadro ben chiaro, parte avvantaggiato e noi invece non sappiamo bene con chi abbiamo a che fare e così, mentre ci affanniamo a capire, sbagliamo e crepiamo.
The Hunt è divertente nel suo splatter ironico e sopra le righe e intrattiene bene, con il consueto meccanismo della caccia stile topo/gatto (qui è d'obbligo l'inversione dei termini). Non riesce però a colpire il bersaglio per quanto riguarda il sottotesto socio/politico, perché vuole invertire una situazione consolidata, già vista in molti film del genere, plebaglia massacrata da riccastri (perché? perché loro "possono"). Diciamo che le conseguenze qui sono provocate più che da eventi reali, dalla visione che di essi è stata data sui famigerati social, mai chiamati a rispondere dei propri atti, forgiando un "popolo" che supinamente si adegua a una realtà mai controllata, creando una certa confusione fra colpevoli e vittime, veri o supposti (non è chiaro, ci rendiamo conto, ma non possiamo dire di più per non spoilerare).
Bisogna anche ricordare che con l'attuale governo, gli "spregevoli" da ammazzare liberamente, i villici, i proletari, i disoccupati, sono proprio parte di quello zoccolo duro che ha votato Trump, mentre Hilary Clinton li aveva così definiti durante la campagna presidenziale del 2016, con un disprezzo davvero poco democratico.
La biondina d'acciaio è affidata a Betty Gilpin, notata per la prima volta in Nurse Jackie e poi abbonata a ruoli di tipa carina ma antipatichina, come in Masters of Sex e soprattutto Glow, l'originale serie sul wrestling al femminile, in cui aveva già dato prova di capacità atletiche (che oggi se non sai menare non fai carriera). La capitalista, fatto di lega della pari resistenza e che non a caso di chiama Athena, è Hilary Swank, anche lei alquanto atletica, e la scena in cui le due si "prendono per i capelli" è ben coreografata. Il più anziano e pacioso Wayne Duvall, faccia nota di mille film e serie tv, è un altro dei cacciati. Nella strage iniziale e in quelle successive compaiono alcuni volti noti ma nessuno resta molto in scena.
Anche questo film ha avuto una distribuzione travagliata, prima già rimandato a causa di un paio di stragi vere (Dayton ed El Paso), poi costretto dall'epidemia a uscire direttamente su altre piattaforme.