The Last of Us Parte II - recensione
Chi è senza peccato, scagli il primo mattone. Mirando alla testa.
Discutere produzioni tanto attese non è mai semplice: si tratta di lavori assai sfaccettati, pieni di elementi da analizzare e, qualunque cosa si dica, si oscilla sempre fra il dubbio di aver detto troppo o troppo poco.
The Last of Us Parte II ne è un perfetto esempio. Il suo periodo di produzione non è stato dei più rosei, con Naughty Dog costantemente sotto una sassaiola d'accuse più o meno credibili riguardanti condizioni e clima di lavoro, che hanno indisposto una determinata fascia di pubblico al punto da farla persino gioire quando il gioco (e, di conseguenza, la software house e la stessa Sony) è stato vittima di un massiccio leak d'informazioni e video di gameplay.
A tal proposito si è recentemente espresso il director, Neil Druckmann, dichiarandosi disgustato dall'accaduto e asserendo che buona parte delle informazioni sulla trama siano state travisate o del tutto errate. Ovviamente l'autore si è astenuto dal fare precisazioni, proprio per non far trapelare ulteriori informazioni e noi, dopo aver completato il gioco per ben due volte prima di scrivere questa recensione, non possiamo che sottoscrivere quanto da lui detto.
The Last of Us Parte II arriva dunque a un pubblico per buona parte già saturo, logorato da settimane di sovraesposizione mediatica; questo senza nemmeno considerare che il gioco non avrebbe certo avuto bisogno di scandali, polemiche e voci di corridoio per far discutere, e non poco, l'intera comunità videoludica. Eppure, sarebbe un grave errore prendere sottogamba l'arrivo di un titolo del genere, solo perchè "ormai stufi di sentirne parlare".
La storia di The Last of Us Parte II è, a dire il vero, estremamente semplice da riassumere: ambientato cinque anni dopo la fine di The Last of Us, vede Ellie e Joel stabilitisi a Jackson in via definitiva, entrambi desiderosi di cominciare a vivere un'esistenza il più possibile normale. Del resto, la comunità di cui fanno parte è la dimostrazione che, da qualche parte, l'umanità può davvero rialzarsi, lasciandosi alle spalle gli orrori, le tragedie e le barbarie degli ultimi decenni.
Purtroppo per loro, durante una tempesta, qualcuno decide di spezzare quel fragile equilibrio, spingendo Ellie a intraprendere un nuovo viaggio per ottenere giustizia; per sua sfortuna gli avvenimenti che si troverà a vivere le lasceranno cicatrici nel corpo e nello spirito, molto difficili da cancellare.
Avremo sicuramente modo, in futuro, di discutere meglio ogni evento, finale compreso, di questo gioco. Per adesso non vogliamo approfondire oltre, visto che The Last of Us Parte II, come ogni titolo Naughty Dog da tredici anni a questa parte, dà parecchio peso alla narrativa. Vogliamo però precisare una cosa: se pensate che di The Last of Us ce ne potesse essere solo uno, è probabile che vi sbagliate.
A far la differenza in questo caso non è solo "la trama", che come già detto è abbastanza lineare e, con la giusta empatia nei confronti dei personaggi, quasi prevedibile, bensì la messa in scena. La qualità narrativa di The Last of Us Parte II non ha niente da invidiare a produzioni cinematografiche di alto livello e riesce molto meglio del predecessore a staccarsi quasi del tutto da situazioni "scolastiche", tipiche delle storie post apocalittiche pandemiche, introducendo un cast corposo di nuovi personaggi, tutti egualmente validi, senza rubare spazio e importanza alle vecchie conoscenze.
Parte del merito va, ovviamente, alle prestazioni attoriali dietro voci e motion capture (con un doppiaggio italiano che rivaleggia e potenzialmente batte la controparte originale) come anche al comparto audio, ovvero suoni ambientali e musica. Ogni luogo vibra di un proprio accordo e palette cromatica, trasmettendo malinconia, freddezza, paura, dolore, in armonia con la scena in atto. Persino una Jackson innevata può apparire accogliente o spaventosa in base al punto di vista, ed è proprio questa ambiguità, questa assenza di bianco e nero ad avvolgere ogni angolo del mondo che si staglia davanti agli occhi degli ultimi di noi.
The Last of Us Parte II presenta anche un netto miglioramento del pacing narrativo, che nel caso del titolo precedente rischiava di spezzarsi in diversi punti, obbligando il giocatore a scegliere tra la fluidità dei dialoghi e il desiderio di visitare la mappa. Nel caso di The Last of Us Parte II, invece, il ritmo risulta pressoché perfetto: è proprio la struttura della mappa, molto più aperta che in passato, a prevedere momenti di ricerca delle risorse, accompagnandoli sempre con conversazioni e commenti credibili e a volte interi, lunghi dialoghi unici di approfondimento sui vari comprimari, ottenibili solo attraverso l'esplorazione... ed è palese quanto Uncharted 4, ma soprattutto L'Eredità Perduta, siano stati progetti preziosissimi per la maturazione di Naughty Dog.
L'unica, piccola macchia risultano alcune sezioni di "camminata obbligatoria", equiparabili in tutto e per tutto a dei filmati interattivi, ma impossibili da saltare a differenza delle classiche cutscene (che possono persino essere riavviate!) e che potrebbero risultare meno esaltanti a una seconda partita o in giocate in cui si punta semplicemente al completismo.
La naturalezza e varietà dei dialoghi, le ritroviamo anche nelle ambientazioni del gioco. Chi temeva un The Last of Us Parte II ridotto a tutti gli effetti a un more of the same del titolo originale, potrà dormire sogni tranquilli: pur prediligendo le zone urbane di Seattle, il titolo offre scorci completamente diversi fra loro, mantenendo elevatissimo il level design anche (e soprattutto, oseremmo dire) nella seconda metà di gioco. E, per chi crede che un "momento giraffe" sia unico e irripetibile... The Last of Us Parte II riuscirà a stupirvi, forse anche più di una volta.
Non ci sarà un negozio abbandonato, una casa con giardino, un appartamento uguale all'altro: ogni edificio nasconde qualcosa, sia esso un cassetto con un manuale di abilità, munizioni, risorse, una nota scritta con mano tremante su un foglio ingiallito, una cassaforte da aprire... o semplicemente un infetto pronto a saltarci al collo. Inutile dire che questo pluralismo di ambienti avrà effetto, ovviamente, anche sui combattimenti e lo stealth, di cui parleremo fra poco.
Altra caldissima tematica, sempre tirata in ballo quando si discute The Last of Us Parte II è senza dubbio la violenza: tanto han fatto parlare (e lamentare) i metodi d'esecuzione di Ellie, la sua calma spietatezza nei confronti di persone e animali.
Il fatto che il titolo sia registrato come PEGI 18/Mature, lo sappiamo, è solo un'indicazione parziale del suo contenuto; quello che teniamo a dire fin da subito, però, è che se fate parte di quel gruppo di persone rimasto profondamente scosso dallo State of Play che ha mostrato il cane bruciato vivo con il suo padrone e la giocatrice di Hotline Miami colpita a morte da una coltellata alla gola, forse questo titolo potrebbe non essere adatto a voi.
Non si tratta di elitismo, non si tratta di voler creare spauracchi o romanzare la situazione, anzi: The Last of Us Parte II è tutto, fuorché un gioco che spettacolarizza la violenza, esasperandola teatralmente; al di là dell'ovvio gioco di camera, frutto di una regia digitale ma non per questo meno elegante, quanto viene mostrato a schermo non è mai esagerato, ma nemmeno edulcorato.
Vi è stata una cura maniacale per la riproduzione dei suoni corporali, come il gorgoglio soffocato di una gola tagliata, o le urla disperate di un uomo che si è appena visto sbriciolare la mano da un colpo di fucile; i riflessi di luce sul sangue cambiano in base alla superficie su cui si espande, impregnano la terra umida in modo diverso dal cemento o da un parquet; i modelli di persone e animali subiscono mutilazioni credibili in base al punto e all'arma che li ha colpiti; persino i brandelli di carne proiettati sulle pareti dopo un'esplosione cadono dal soffitto e scivolano lungo il muro a causa della gravità, lasciando una scia vermiglia. Forse è meglio non soffermarsi troppo a lungo a pensare quali e quanti studi di reference siano stati fatti da Naughty Dog per raggiungere un simile risultato.
Quello che deve essere chiaro, però, è che parliamo di una violenza goffa, sporca, "vera". Niente ettolitri di sangue di scuola tarantiniana, niente stuntman dalle movenze esasperate. Morte e dolore non vengono celebrati ma nemmeno nascosti, proprio perché fanno parte integrante della narrativa e del percorso di maturazione (e distruzione) di ciascun personaggio.
Ellie a soli diciannove anni vivrà una guerra, dentro e intorno a lei, che porterà a forti ripercussioni sulla sua persona. E la guerra, come massima espressione della violenza umana, è molto più di bombe e colpi di pistola, di sangue, budella e ossa rotte: per sfiancante e dolorosa che possa essere un'esperienza, le ferite più lente a guarire, i traumi più difficili da superare saranno sempre quelli psicologici.
The Last of Us Parte II ha senza dubbio uno, se non il, comparto grafico fotorealistico più impressionante di questa generazione videoludica, e abbiamo già detto che non cerca mai di nascondere la violenza visiva agli occhi dello spettatore. Eppure, sotto la superficie c'è molto altro. La violenza di The Last of Us Parte II ti scende sotto la pelle ed entra nelle ossa, proprio perché cresce lentamente nel petto, viene covata per giorni, settimane, mesi, a volte persino anni, porta i personaggi a volte a momenti di pura psicopatia e feralità, altre a reazioni ormai tristemente istintive e dalle conseguenze terrificanti.
Neil Druckmann ha confermato il suo desiderio di non mostrare il bianco e il nero, i buoni e i cattivi, di non voler prendere una posizione o comunicare una vera e propria morale: il messaggio trasmesso dal gioco, durante i titoli di coda, non sarà forse dei più originali ma risulta semplicemente unico per la semplice, algida crudezza con cui arriva nel cuore dei giocatori. Non è un azzardo quello di definire The Last of Us Parte II proprio ciò che il The Phantom Pain di Hideo Kojima ha tentato, senza successo, d'essere.
The Last of Us Parte II parla di odio e vendetta, lutto e perdita, paura e insicurezza; eppure, nonostante questa sua forte "tendenza negativa", è senza dubbio uno dei giochi più umani e pieni d'amore e veri sentimenti a cui potreste mai giocare. Questo perché i personaggi in scena parlano, si muovono e si comportano proprio come persone vere (il che potrebbe anche essere considerato un difetto in base ai gusti del giocatore, sia chiaro!) e per questo motivo proveranno emozioni potenti, tanto negative, quanto positive: il meglio e il peggio dell'umanità sopravvissuta.
Non mancheranno scene di gioia, spensieratezza e solidarietà, bambini sgambettanti che giocano e ridono e cani non destinati a morire in modi atroci a causa nostra; nel corso della sua progressione, il titolo ci mostra tipi diversi di microsocietà, all'interno delle quali persone diverse hanno compiuto scelte diverse per adattarsi al nuovo mondo.
Inutile dire che saranno proprio queste visioni divergenti a portare conflitti, scontri e spargimento di sangue; ma è altrettanto interessante osservare che, da un punto di vista neutro, nessuna delle forze in campo avrà mai pienamente ragione, e questo varrà tanto nel macroscopico, quanto nel microscopico. Tutto questo era già presente all'interno dell'originale The Last of Us, ma la Parte II è la messa in atto di un vero e proprio effetto farfalla, che porta a compimento scelte personali e sociali prese nel corso degli anni.
Ma parliamo finalmente del gameplay. Per un'inspiegabile scelta degli sviluppatori, il gioco non permette di sostituire l'oggetto da lancio tenuto in mano con un altro presente per terra, a differenza del titolo precedente; a parte questo, The Last of Us Parte II migliora ogni elemento ludico dell'esperienza originale, dalla pulizia dell'interfaccia e del menu di gioco, proseguendo con la reattività degli input e, in linea generale, la varietà di armi e il sistema di puntamento di queste ultime.
Ancor più che in Uncharted 4, è davvero incredibile pensare a come Naughty Dog sia riuscita a costruire un sistema di esplorazione e combattimento TPS così solidi, all'interno di un gioco che si sarebbe potuto limitare a una semplice, scriptata avventura lineare. Ellie non possiede la stazza e la forza di Joel ma è agile, veloce, incattivita e armata dell'unico coltello a serramanico al mondo ancora in grado di non perdere il filo più velocemente di un bisturi.
Per questo motivo non sarà più possibile massacrare di pugni uomini armati di fucile con caschi e corpetto antisommossa, ma non mancheranno metodi d'esecuzione più cerebrali e altrettanto brutali.
Superata la sua paura per l'acqua (e liberando noi poveri giocatori dall'incubo di trascinare in lungo e largo zattere di fortuna per avanzare), Ellie è ora in grado di nuotare, raggiungere piattaforme lontane con un salto, mirare a un bersaglio in posizione accovacciata o stesa e, udite udite, schivare gli attacchi nemici per contrattaccare.
Per banali che possano sembrare queste introduzioni di gameplay, il risultato è evidente: mappe di maggior respiro esplorabili in maniere diverse, meccaniche stealth incredibilmente migliorate e reattività degli avversari (specialmente degli infetti) molto più credibile durante gli scontri corpo a corpo.
Tornano il classico sistema di potenziamento delle armi tramite componenti di recupero e delle abilità della protagonista tramite "integratori" (pillole dalla posologia ignota e probabilmente scadute da un decennio). Le armi, una volta raccolte, saranno personalizzabili fin da subito con le migliorie disponibili, a patto di possedere la giusta quantità di pezzi; le abilità, al contrario, richiederanno l'ottenimento di manuali d'addestramento, nascosti - ma non troppo - in alcune aree di gioco.
Ci è dispiaciuto vedere come il sistema di skill sia rimasto piuttosto lineare e, in linea di massima, poco evoluto rispetto al passato, ma non si tratta comunque di un elemento di disturbo all'interno dell'esperienza.
Abbiamo già accennato che buona parte dell'avventura abbia luogo in una Seattle devastata dai bombardamenti epurativi, ormai tornata quasi del tutto in mano alla natura; abbiano anche discusso dell'eccezionale cura nella realizzazione delle location, principali e secondarie in egual misura, e di come questa eterogeneità ambientale abbia un peso tanto sull'esplorazione, quanto, soprattutto, nel corso degli scontri a fuoco e delle infiltrazioni.
Durante la prima partita non conoscere le mappe crea un senso di paura, oppressione e pericolo costante, perfettamente in linea con la condizione psicologica della protagonista; a partire dalle volte successive, memorizzare le aree le trasforma in incredibili parchi giochi, pieni di nascondigli, verticalità, passaggi nascosti e persino subacquei... insomma, arene perfette per giocare alla guerriglia, che ci fanno rimpiangere l'assenza di una modalità multigiocatore.
Questo fantastico level design, che ha portato The Last of Us Parte II ad essere il gioco più ampio e longevo della software house, sarebbe imploso fragorosamente se non fosse stato accompagnato da un'altrettanto valida programmazione di personaggi nemici e alleati. Il lavoro svolto da Naughty Dog risulta davvero eccezionale e (come del resto ogni altro elemento del titolo) compone un glorioso canto del cigno per l'ormai anzianotto hardware di Sony.
A pagare il prezzo per questo livello di programmazione e dettagli, purtroppo, è stata l'interattività con l'ambiente. Attenzione, siamo ben lontani da una situazione simil Horizon: Zero Dawn e saranno tantissimi gli oggetti a schermo, come scale, corde e vetrate, legati a esplorazione e avanzamento, ma altrettanti saranno gli elementi d'arredo completamente indifferenti ai raptus distruttivi del giocatore.
Ad esempio l'ormai famosa PS Vita risulterà immune ai colpi d'arma da fuoco, così come le vetrate dietro le quali non è presente un'area esplorabile, o i bicchieri e i piatti delle varie cucine; persino i diversi animali che s'incontreranno nel corso della storia, come scoiattoli, conigli, gatti e uccelli, non hanno mostrato reazioni alle nostre frecce, trappole e proiettili. Un comprensibile prezzo da pagare, vista la vastità e la densa caratterizzazione di ogni mappa; cionondimeno, è stato un piccolo dispiacere.
Nel corso della sua avventura il giocatore si troverà accompagnato diverse volte da personaggi di supporto; questi non si limiteranno a scambiare quattro chiacchiere con la protagonista o aiutarla a superare ostacoli, ma parteciperanno in modo attivo agli scontri, sparando, ferendo e uccidendo nemici, il tutto con movimenti credibili di copertura in copertura, onde evitare quell'anticlimatica situazione da "Ellie la magica bambina invisibile" spesso presente durante i combattimenti del primo The Last of Us.
I nemici non saranno però da meno. Come già discusso nel corso della nostra anteprima, l'avventura ci porterà a fronteggiare diverse fazioni, tutte organizzate in modo diverso per affrontare il pericolo. I Lupi, ad esempio, si muoveranno in squadre rastrellando strade e edifici, spesso accompagnati da un cane da combattimento e una buona dose di bocche da fuoco medio pesanti; le Iene, invece, si sparpaglieranno maggiormente nella zona da battere, comunicando tra loro con un linguaggio di fischi e preferendo silenziose imboscate ad assalti a testa bassa.
A eccezione dei combattimenti avviati dalla storia stessa, ogni incrocio con altri esseri umani ostili può essere evitato, a patto d'esser prudenti e con una buona dimestichezza dell'ambiente in cui ci si sta muovendo. Non si tratta però di un'impresa semplice, nemmeno al livello di difficoltà intermedio: gli umani non infetti, stranamente e per loro fortuna, in questo gioco non soffrono di gravi forme di miopia e saranno in grado d'avvistare la protagonista anche se acquattata dall'alto lato della strada; inoltre, una volta messi in allerta non dimenticheranno facilmente la presenza di un intruso, continuando a muoversi dentro e fuori gli edifici per stanarlo.
Se fate parte di quel gruppo di giocatori morsi dal senso di colpa all'idea di uccidere un animale, i cani potrebbero presto diventare il vostro peggiore incubo: una volta individuata la vostra traccia olfattiva, infatti, non smetteranno di seguirla se non per un breve periodo nel caso venissero distratti.
Come se le animazioni e le espressioni curatissime dei PNG non fossero abbastanza, tanto le persone quanto gli animali che incroceremo avranno un nome, che verrà pronunciato con disperazione dai loro commilitoni nel caso questi facessero una brutta fine. Anche i dialoghi fra gruppi di nemici, già presenti in The Last of Us, qui vengono utilizzati in modo massiccio, proprio per far pesare al giocatore ogni omicidio, sia esso inevitabile o gratuito.
Nonostante non siano più la principale minaccia per Ellie e il nuovo mondo, anche gli infetti in tutte le loro orride varianti faranno ritorno in The Last of Us Parte II. Buona parte dei mutanti si trovano all'interno di edifici ancora sigillati, o sottoterra, e proprio grazie all'IA migliorata sarà sempre più difficile sfuggire allo sguardo di un runner o all'udito di un clicker. Anche gli stalker, variante presente in misura minore nel titolo originale, avranno molto più spazio nel corso della Parte II.
Agli infetti già conosciuti si affiancheranno inoltre nuove varianti, una delle quali è lo Shambler, versione "light" di un Bloater, più fragile ma anche più veloce, e con il brutto vizio di rilasciare nell'aria una densa cortina di gas corrosivo.
L'avventura di The Last of Us Parte II propone diversi livelli di difficoltà selezionabili: dal Molto Facile, poco più impegnativo di un pomeriggio di shopping fra le strade di Seattle, fino al Sopravvissuto, incubo già famigerato tra i fan hardcore del gioco originale, che qui darà sfoggio del più elaborato e premeditato sadismo celato nelle menti di Naughty Dog. Vi è inoltre la modalità Personalizzata, che permette di modulare la difficoltà dell'esperienza regolando indipendentemente i singoli parametri come la salute del giocatore, la quantità di risorse all'interno delle mappe e il grado di reattività dei nemici.
A questo si aggiunge una quantità impressionante di opzioni di accessibilità, che vanno a toccare ogni aspetto dell'esperienza. Partiamo dai classici dimensione e colore dei sottotitoli, per proseguire con una sintesi vocale completa, un sistema di riferimento audio per giocatori ipovedenti che permetterebbe di completare il gioco anche a occhi bendati, la possibilità di rimappare completamente gli input su controller e di gestirli anche con solo una mano a scelta e una personalizzazione di colori e contrasti per persone affette da daltonismo e altre forme di cecità cromatica.
Il tutto, ovviamente, con supporto al sistema HDR, un framerate inchiodato ai 30fps anche nei momenti più concitati e una risoluzione di rendering a 1440p su console Pro. Al momento della nostra recensione la Modalità Foto non ha feature uniche e originali, come quelle mostrate durante lo State of Play per il sempre più vicino Ghost of Tsushima, ma non escludiamo che, con i futuri aggiornamenti, saranno introdotte opzioni aggiuntive.
Infine abbiamo la sezione Extra, presenza fissa negli ultimi giochi Naughty Dog, che permette di riscattare i punti ottenuti completando l'avventura per sbloccare i bozzetti di ogni scena e location e i meravigliosi modelli 3D dei vari personaggi.
The Last of Us Parte II, inutile girarci intorno, detta un nuovo standard qualitativo a tutto tondo per il panorama videoludico dei tripla A: è equilibrato in ogni suo aspetto, in grado di divertire, turbare e far riflettere. Non si tratta di un gioco adatto a tutti per il suo genere e le tematiche trattate, ma ha il potenziale di raggiungere e superare agilmente il predecessore nel suo ruolo di pietra miliare dell'evoluzione di questo incredibile, eccezionale medium che è il videogioco.