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The Lost Child - recensione

Lo spin-off di El Shaddai è un dungeon crawler tutto da scoprire.

Nonostante la proliferazione del genere su PS Vita, nonostante l'evidente e prepotente sdoganamento di questa tipologia di videogiochi anche nel nostro continente, in pochi avrebbero scommesso che il sequel/spin-off del particolarissimo (e bellissimo) El Shaddai: Ascension of the Metatron avrebbe aderito ai rigidi canoni e alle ferree regole dei dungeon crawler.

Dopo lo sperimentalismo a trecentosessanta gradi del prequel, Sawaki Takeyasu, producer di quella che può definirsi a tutti gli effetti una saga, ha preferito battere sentieri più sicuri, spingendosi in un territorio già esplorato da altri game designer e dai confini ampiamente noti. Quello di The Lost Child, insomma, è un viaggio piuttosto prevedibile nello svolgimento, comunque foriero di divertimento e passaggi soddisfacenti, soprattutto per chi ha spolpato a dovere l'avventura di Enoch.

Nell'incipit, difatti, si viene accolti da un volto piuttosto noto ai fan, proprio a sottolineare e sancire una continuità che The Lost Child sviluppa progressivamente tirando in ballo personaggi ed eventi già apparsi ed accaduti in passato.

Naturalmente anche Hayato e Lua parteciperanno attivamente ai combattimenti.

Narrativamente, se possibile, lo scarto con il capitolo originale è ancor più drastico di quanto non avvenga sotto il profilo prettamente ludico. Non manca una certa cripticità di fondo, beninteso, una netta e chiara preferenza alla costituzione di immagini e concetti astratti difficilmente comprensibili nella loro totalità. Tuttavia, rifacendosi, almeno in parte, alle visual novel, ogni ambito della trama è introdotto, indagato e risolto dai lunghi dialoghi tra i personaggi.

Hayato lavora in qualità di giornalista in una piccola redazione che indaga su eventi e misteri legati all'occulto. La sua vita si complica quando una misteriosa ragazza, dopo averlo salvato da morte certa, gli lascia in dono una misteriosa valigetta che contiene al suo interno la portentosa pistola Gangour, artefatto divino capace di catturare, nel vero senso della parola, demoni ed altre entità metafisiche, qui chiamati Astral, che abitano, ad insaputa di tutti, il nostro pianeta.

Raggiunto dall'angelo Lua, che naturalmente ha le meravigliose fattezze di una formosa fanciulla, il nostro viene coinvolto in una missione per conto di Dio, che, guarda caso, lo costringerà ad indagare su una lunga serie di strani avvenimenti che si stanno consumando proprio a Tokyo, tutti chiaramente collegati ad una guerra divina che potrebbe decidere per sempre il destino della nostra dimensione.

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Nonostante non manchino riferimenti ed implicazioni con un piano astrale superiore al nostro, il taglio, lo spirito e il tono che si respira per tutto il corso dell'avventura è largamente meno epico ed eroico di quanto non lo fosse in El Shaddai: Ascension of the Metatron. Durante le lunghe fasi di dialogo, sezioni in cui l'arco narrativo si espande e si spiega, vi ritroverete ad intervistare semplici passanti, testimoni oculari di eventi inspiegabili, personaggi ora comici, ora tutt'altro che interessati ad aiutarvi nello svolgimento del vostro compito.

Dopo aver scandagliato i cieli alla ricerca di angeli caduti, ordalia compiuta ed affrontata in El Shaddai: Ascension of the Metatron, si ha netta sensazione di vestire i panni di un eroe di serie B, impegnato in una missione tutt'altro che fondamentale. È una percezione figlia del già citato abbassamento dei toni, che se da una parte rende la trama più comprensibile e alla portata di tutti, infastidirà chi ha amato le atmosfere del prequel.

Quando non si dialoga, in The Lost Child dovrete esplorare intricati dungeon, a caccia del boss di fine livello o, più semplicemente, dell'uscita. Se l'impostazione di base è assolutamente classica, il gameplay si distingue dalla concorrenza grazie alla già citata Gangour, pistola che permette al nostro di catturare e in seguito schierare gli Astral, creature demoniache che infestano i dungeon. Caratterizzati da differenti aspetti, statistiche ed allineamenti elementali, andranno prima purificati e poi potenziati sacrificando i punti esperienza che accumulerete battaglia dopo battaglia.

Schermate fisse ed effettistica ridotta all'osso. Le fasi di combattimento rispettano tutti i canoni del genere di riferimento sotto il profilo estetico.

Come se non bastasse, per permettere alle creature di potenziarsi ben oltre il loro level cap, anch'esso specifico per ogni differente "specie", dovrete farli rinascere, con tanto di azzeramento del livello di forza raggiunto sino a quel momento. Si tratta di una meccanica piuttosto interessante, ma che sottintende un grinding spesso selvaggio ed indiscriminato. Fortunatamente non è così difficile accumulare karma, l'equivalente dei punti esperienza del gioco, né incappare in scontri casuali che sapranno comunque mettervi alla prova ed infondere sempre un minimo di brio alla progressione.

Sotto il profilo squisitamente estetico, The Lost Child propone ambienti tridimensionali rudimentali, avari di dettagli e tutt'altro che affascinanti, che si accostano ad artwork di personaggi e Astral ben realizzati, caratterizzati, piacevoli alla vista. Sorprendente, tra l'altro, la varietà di creature proposta, ognuna contraddistinta da specifiche evoluzioni. Anche le cut-scene, in pieno stile anime, spiccano per qualità di realizzazione e regia.

Passerete molto tempo ad analizzare le statistiche dei vari Astral al fine di creare la squadra più funzionale ed efficace contro gli avversari che vi si pareranno di fronte.

The Lost Child non è certamente il sequel che ci aspettavamo, ma resta un buon dungeon crawler. L'abbassamento dei toni indispettirà chi si è innamorato di El Shaddai: Ascension of the Metatron proprio per il suo essere fuori dagli schemi, ma siamo comunque alle prese con una trama piacevole, sorprendente, capace di appassionare, a patto che non vi spaventi l'idea di essere spesso e volentieri semplici testimoni di lunghissimi dialoghi. Anche il gameplay è stimolante, caratterizzato dalla smania e dalla necessità di catturare tutti gli Astral, un po' come accade in un episodio qualsiasi di Pokémon.

Non è insomma detto che tutti i fan del prequel siano inclini ad essere traghettati in uno spin-off tanto diverso. Tuttavia, chi sarà disposto a farlo, scoprirà un titolo ben realizzato, a suo modo originale, divertente.

7 / 10