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The Perils of Man, un bel viaggio senza destinazione - recensione

IF Games ci porta a spasso nel tempo ma perde la bussola.

Quale filo narrativo può essere più affascinante del viaggio nel tempo? La totale libertà di scelta che questo espediente lascia ai creatori di giochi, libri, film e quant'altro è assoluta, e se si aggiunge una buona dose di mistero c'è veramente molto da inventare. Qui entra in scena la famiglia Eberling, una serie di geni assoluti tanto noti quanto peculiari. Ad accomunarli, oltre al cognome, anche la loro sorte che sembra culminare immancabilmente nella scomparsa.

Ana Eberling, una ragazza alquanto sveglia e per ora ultima discendente di questa geniale stirpe, è cresciuta isolata nella magione di famiglia insieme a una madre gentile ma troppo protettiva, e nel giorno del suo sedicesimo compleanno cerca, come fa da tempo, di capire i motivi dietro alla scomparsa improvvisa di suo padre. E forse è la volta buona.

The Perils of Man trasuda innegabilmente mistero ma comincia con un primo capitolo abbastanza mondano, in cui è possibile conoscere meglio Ana, controllata dal giocatore, e un po' di storia della sua famiglia, mentre si risolve qualche enigma utile a esplorare sempre più in profondità la magione degli Eberling.

Già questa ambientazione piuttosto tranquilla, nonostante la villa sia immersa in una cupa foresta e la casa abbia un che di spettrale, si dimostra adeguatamente poco confortevole grazie allo stile grafico fatto di forme spigolose e curve iperboliche, che danno a ogni stanza un aspetto peculiare.

I misteri da risolvere non mancano, ma Ana troverà la risposta solo a quelli iniziali mentre molto altro resterà in sospeso.

Il rischio, d'altronde, è il tema portante dell'intera avventura, insieme a tutte le implicazioni che esso porta con sé quando c'è di mezzo la natura umana e la volontà di evitarlo, prevederlo, o tentare di indirizzarlo, in barba all'ineluttabilità del destino.

Fatta la conoscenza con i primi segreti nascosti nella casa, l'avventura decolla proponendo atti sparsi per vari periodi, appoggiandosi al succitato fil rouge del viaggio nel tempo. O almeno, prova a decollare. Rispetto alle avventure tradizionali, The Perils of Man abbandona qualche meccanica molto popolare come il tasto per visualizzare i punti di interazione sullo schermo e, difetto questo un po' più grave, la possibilità d'imboccare istantaneamente un'uscita con un semplice e rapido doppio click.

L'impossibilità di visualizzare oggetti e punti con cui interagire viene surrogata da una meccanica introdotta da un particolare oggetto, che permette di visualizzare direttamente in prima persona gli elementi pericolosi dello scenario. Visto che ben presto lo scopo di Ana diventa quello di impedire determinati eventi catastrofici, ciò è abbastanza utile, ma la meccanica non viene mai utilizzata a fondo e risulta anche abbastanza piatta quanto a resa grafica.

In caso ci si trovi bloccati, un sistema di aiuti accessibile dall'inventario accenna alle operazioni da eseguire a seconda della stanza in cui ci si trova, ma questi suggerimenti vengono proposti in ordine a prescindere da quanto si è già fatto. A volte Ana non fa che suggerire cose di cui si è già venuti a capo, per poi fermarsi dicendo di non avere più idee. Il fatto che gli aiuti siano legati alle singole stanze non migliora poi la situazione: insomma, abbiamo visto implementazioni migliori di sistemi simili.

I dialoghi non mancano e sono solitamente scritti in maniera interessante. La buona caratterizzazione data dal doppiaggio aiuta a valorizzarli.

Il rischio di rimanere bloccati, comunque, non è altissimo. Gli enigmi sono generalmente semplici e anche quelli che prevedono il deciframento di un codice possono essere compresi con qualche click di prova. Il problema non è però tanto questo, quanto l'illogicità di alcuni di essi, complice anche il modo in cui vengono proposti sullo schermo e il poco senso che oggetti o resa su schermo conferiscono al tutto.

Alcuni esempi? Una leva fuori portata da spostare, quando una scala molto alta è stata appena poggiata nella stanza precedente, o una manciata di animali che in teoria rischiano di sbilanciare una nave veramente massiccia. E, nel tutto, il sense of wonder dell'avventura nelle pieghe del tempo della giovane Eberling sbiadisce nel ripetersi di situazioni e compiti con poco senso.

Il fatto che la verve grafica degli artisti sembri svanire di capitolo in capitolo di sicuro non aiuta. Anche se lo stile punta volutamente su tratti non proprio ricchissimi di dettaglio, negli atti più avanzati tutte le ambientazioni sembrano veramente poco ispirate.

La sensazione è che il progetto abbia sofferto di qualche cambio in corsa o di altri problemi, visto che la trama, pur montando abbastanza velocemente, culmina in un apice veramente affrettato e poco avvincente, in cui qualche dialogo abbinato a sequenze animate (non bene) in-game impedisce la creazione di una qualsiasi suspense.

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La manciata di ore in cui si conclude l'avventura, più o meno quattro o cinque se non ci si blocca troppo a lungo da qualche parte, cozza con l'importanza che personaggi ed eventi dovrebbero avere per Ana. Alla fine tutti sono ridotti a semplici nomi, e la loro apparizione o dipartita avviene troppo rapidamente per lasciare un qualche segno.

Durata, svolgimento, chiusura, enigmi: sono troppi i punti importanti di The Perils of Man che cigolano e, successivamente, crollano sotto il peso di premesse molto più interessanti di quanto poi si riveli il gioco tutto. L'avventura di IF Games sembra essersi smarrita molto presto: quali che siano i motivi, la caratteristica che spicca di più del gioco purtroppo è proprio questa.

5 / 10
Avatar di Emiliano Baglioni
Emiliano Baglioni: Emiliano si affaccia al mondo dei videogiochi all’epoca del Vic 20. Vive la sua storia di giocatore pensando che prima o poi crescerà e mollerà il joypad, ma non abbandona mai la sua passione, che riesce in qualche modo misterioso a conciliare con tutto il resto.

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