The Red Strings Club - recensione
Il Cyberpunk con la “c” maiuscola.
Quando la tua prima opera di una certa importanza non riceve l'accoglienza della critica che avresti sperato ma riscontra comunque un discreto successo a livello di pubblico, anche nella mente dello sviluppatore più critico nei confronti del proprio lavoro potrebbe balenare l'idea che in fondo siano gli altri a non aver capito a pieno i tuoi intenti e il valore del tuo lavoro. Guardare con uno sguardo obiettivo e critico il proprio lavoro è difficile per tutti e una software house indipendente come gli spagnoli di Deconstructeam rischiava sicuramente di "bruciarsi" dopo l'esperienza di Gods Will Be Watching
Quella strana avventura dotata di una notevole pixel art e molto difficile da inquadrare in un genere ben preciso sfoggiava degli spunti narrativi interessanti giocando con i valori morali degli utenti ma inciampando in una frustrazione a tratti davvero esasperante. Una sensazione che in certe sezioni si rivelava talmente preponderante da rischiare di nascondere completamente qualsiasi pregio. Con il loro secondo progetto principale lo studio avrà fatto tesoro delle critiche e degli errori commessi o questo The Red Strings Club si rivelerà un'occasione almeno in parte persa e un gioco adatto a pochissimi palati?
In un futuro non meglio precisato un uomo sta precipitando verso il suolo, verso quella che sembra una fine inevitabile, qualcosa che non si può far altro che accettare. "Quando è stato deciso il mio fato?", si domanda con insospettabile calma e lucidità Brandeis poco prima di contattare il partner di mille avventure: "Donovan, mi senti?" Un dialogo che si spezza per trasportarci in un luogo e in un tempo diversi, per accompagnarci nell'accogliente atmosfera soffusa del The Red Strings Club. Per portarci, attraverso le note del pianoforte suonato da Brandeis, dove tutto ebbe inizio: una serata come tante, condivisa da Brandeis l'hacker e da Donovan il barista tra storie e cocktail, almeno fino a quando qualcuno di inaspettato irrompe trafelato all'interno del locale.
The Red Strings Club è un'avventura cyberpunk atipica e prettamente narrativa ma forse questa definizione non rende pienamente giustizia a ciò che questo piccolo studio spagnolo ha realizzato. Proviamo a riformulare: The Red Strings Club è il Cyberpunk. Un concentrato estremamente riuscito di un intero genere e di un modo di intendere un futuro neanche troppo lontano. In circa 5-6 ore abbiamo vissuto in prima persona e condizionato una storia che per il proprio genere rappresenta probabilmente la perfezione assoluta o quasi.
Un'opera quindi assolutamente perfetta? Non del tutto, ma andiamo con ordine discutendo di due degli aspetti più riusciti di questo gioco: la narrazione e il setting. Come detto ci troviamo alle prese con un capolavoro cyberpunk in ogni singolo aspetto, che non rinuncia di certo ad alcuni cliché di genere ma che fa qualcosa che solo le grandi produzioni sanno fare: abbracciare e sposare i pilastri di un genere per innalzarli a un livello di qualità eccelso, prendere ingredienti classici e inserire qualche piccola ma sostanziale modifica che sa dare una sensazione di novità e di freschezza.
Come la più classica delle liste della spesa gli sviluppatori non hanno dimenticato nulla dal supermercato del cyberpunk. Megacorporazioni malvagie? Prese. Hacker e rivoluzionari che stanno dalla parte del bene? Presenti. Innesti cibernetici e androidi? Già nel carrello! Tematiche che toccano il confine tra umanità e IA, la libertà di pensiero e il confine tra tecnologia e natura? Assolutamente a piene mani come un'analisi molto interessante e riuscita sulla depressione e sulla necessità della tristezza. Il pregio degli sviluppatori non è quello di scegliere ingredienti necessariamente unici ma dare quel tocco in più che trasforma un buon racconto di genere in qualcosa di imperdibile. Gli stessi cliché sembrano progressivamente sfaldarsi e il nero o il bianco lasciano spazio a una fitta e quasi imperscrutabile scala di grigi.
E se la Supercontinet Ltd (la megacorporazione malvagia accennata poco fa) che i protagonisti Donovan e Brandeis decidono di contrastare fosse in realtà nel giusto? Se la nostra crociata fosse una battaglia solo teoricamente nobile ma in realtà sorretta da ideali ciechi e vuoti? The Red Strings Club diventa così un'avventura investigativa in cui il barista Donovan cerca di fare luce sulle azioni dei vertici di Supercontinent facendo quello che sa fare meglio: raccogliere e commerciare informazioni.
Le nostre domande, le nostre scelte e le nostre azioni hanno delle conseguenze sul prosieguo della storia, sui personaggi che incontriamo e sulle informazioni che raccogliamo. Il gioco rende esplicita la presenza di bivi e snodi narrativi sin da subito sottolineando come la vicenda sia in realtà decisamente rigiocabile. Lo storytelling e i dialoghi sono così ben scritti e i personaggi così interessanti che rivivere quest'avventura provando strade e domande/risposte diverse è un vero e proprio piacere e probabilmente anche chi non è solito rigiocare più volte lo stesso titolo, in questo caso potrebbe fare un'eccezione e propendere per una seconda run.
L'anima ludica del lavoro di Deconstructeam si divide sostanzialmente in quattro parti. La più evidente è rappresentata dai dialoghi a scelta multipla che indirizzano la storia verso bivi diversi mentre le rimanenti sono costituite da tre minigiochi indubbiamente curiosi e originali ma a tratti leggermente monotoni, soprattutto dopo averli ripetuti per diverso tempo. In questo senso la fase finale si rivela la più riuscita, una sorta di gigantesco puzzle che non riveleremo in dettaglio per non rovinare alcuna sorpresa. Sappiate solo che Brandeis si troverà alle prese con un hacking piuttosto particolare.
Gli altri due elementi principali del gameplay sono dei veri e propri minigiochi che il team spagnolo aveva creato in maniera inizialmente indipendente e che ha poi deciso di inserire all'interno del loro nuovo importante progetto riuscendo ad amalgamarli efficacemente al contesto generale dell'opera. Il primo, la creazione di impianti cibernetici attraverso una sorta di tornio per lavorare l'argilla hi-tech, è molto limitato ma funzionale per far comprendere il particolare stato dell'umanità proposta da The Red Strings Club. Una umanità che si trova di fronte a possibilità straordinarie ma che le sfrutta per combattere un'insoddisfazione che si insinua costantemente nella mente di esseri troppo spesso persi in un mondo freddo e spietato.
Nulla di straordinario ludicamente parlando ma sicuramente una fase breve e interessante. Il secondo minigioco è legato direttamente a Donovan, il barista e commerciante di informazioni che può essere considerato il protagonista principale, nonché il personaggio con cui condividiamo gran parte dell'avventura. Donovan è un barista straordinario e i suoi cocktail sono in grado di suscitare emozioni diverse in tutti coloro che si presentano al bancone del locale. Scegliere la combinazione di liquori e ghiaccio giusti può essere fondamentale per riuscire a ottenere informazioni cruciali dai dipendenti della Supercontinent Ltd e dagli altri personaggi con cui abbiamo dovuto interagire.
Essere un "barista dell'anima" diventa progressivamente più complesso e cruciale nei vari scambi di battute con gli NPC ma nelle fasi avanzate si insinua almeno in parte l'impressione che si tratti di una sorta di ostacolo verso il prosieguo di una trama estremamente convincente e coinvolgente. A livello di gameplay ogni tassello è funzionale e ben implementato ma non si raggiunge l'eccellenza dimostrata nella narrazione e nell'aspetto artistico.
A completare il quadro di un'opera cyberpunk imperdibile troviamo una pixel art estremamente curata (più dettagliata rispetto a quella di Gods Will Be Watching) e realizzata con grande maestria grazie a GameMaker. La colonna sonora è un'altra perla degna di lodi sperticate con un mix di sonorità più classiche e altre tipicamente cyperpunk e con la peculiarità di variare non solo in base ai momenti della trama ma anche ai personaggi coinvolti. Incontrando il misterioso Gost e sentendo il tema a lui dedicato ci siamo immediatamente innamorati di questa strana figura e siamo certi che non saremo i soli.
Com'è facilmente intuibile dall'impressionante mole di lodi che riempiono questa recensione, The Red Strings Club si propone come uno dei migliori progetti di inizio 2018 e come un capolavoro cyberpunk che non rinnega i propri pilastri ma che anzi abbraccia molti dei suoi cliché. La sua qualità non è tanto quella di ribaltarli completamente ma più nell'aggiungere qualcosa di unico ed estremamente azzeccato. Deconstructeam ha confezionato una storia coinvolgente, di ottima qualità e capace di far riflettere sul nostro futuro ma anche, soprattutto, sul nostro presente.