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The Sandman, la Recensione

Il famoso fumetto di Neil Gaiman riesce a diventare serie tv.

Sciocchi gli umani, che chiamano il mondo della veglia “il vero mondo”, come se quello che conta veramente avvenisse solo quando abbiamo gli occhi aperti. Perché quando dormiamo, entriamo nel mondo del Re dei sogni e degli incubi, Sandman.

La nuova serie tv visibile su Netflix, è tratta da un fumetto, 10 volumi antologici pubblicati fra il 1988 e 1996, scritto da Neil Gaiman (American Gods, Stardust) e pubblicato in Italia nel 1991. Il personaggio appartiene alla cosiddetta Golden Age, periodo di gloria fra gli anni ’30 e ’50. The Sandman è ritenuto una delle migliori saghe a fumetti per la qualità delle trame e dei testi, nella sua mescolanza di storia, mitologia e filosofia raramente così riuscita, graziata anche da una serie di eccelsi disegnatori (anche il testo era iscritto in un “ballon” di forma irregolare con le scritte bianche su fondo nero).

Il protagonista, Sandman, chiamato sempre Sogno o Morfeo, fa parte della famiglia degli Endless (tradotto in Eterni), i suoi fratelli e sorelle sono Morte, Desiderio, Disperazione, Destino, Delirio, Distruzione, e i loro rapporti sono intuitivamente difficili. Un giorno un incantesimo lanciato da Burgess, un potentissimo negromante che mirava a imprigionare la Morte, cattura invece lui, costringendolo per quasi un secolo in un sotterraneo, chiuso in una sfera di vetro e metallo, dopo averlo privato degli oggetti da cui traeva il suo potere: il sacchetto di sabbia, la pietra rosso rubino, l’Elmo. Durante la sua assenza il mondo della veglia si deteriora, molti umani cadono in uno stato catatonico, molti non si risvegliano più.

Tom Sturridge, un protagonista meno carismatico del necessario.

Ma soffre anche il suo mondo, che ignora quanto avvenuto, il suo splendido palazzo inizia a crollare, molti sogni e incubi si disperdono per il mondo, provocando altri danni fra gli umani, altri complottano per un nuovo ordine senza di lui. Quando dopo quasi un secolo riesce a liberarsi, è costretto a porre rimedio per ripristinare l’ordine precedente, come è scritto che sia. Perché tutti, dei demoni e umani abbiamo uno scopo preciso al quale non si può sfuggire. Perché gli Eterni sono l’incarnazione dei sentimenti degli umani e se essi si estinguessero la stessa sorte toccherebbe a loro, in un legame indissolubile.

Il primo episodio non lascerebbe particolarmente avvinti, per chi non conoscesse la potenzialità del racconto originale è richiesto un piccolo sforzo per proseguire oltre l’apparenza iniziale, in cui sembra di trovarsi nella solita avventura fantasy in cui l’eroe deve recuperare gli oggetti che gli servono per completare la sua missione. Che poi sarà compiuta e allora la narrazione si svilupperà in una specie di viaggio di formazione per Sogno, nel contatto con i suoi fratelli e con quell’umanità di cui prima poco si era preoccupato, dispensando da lontano sogni e incubi, e di cui poi, dopo la prigionia, giustamente diffida.

Lungo tutti gli episodi compare una figura di elegante e crudele perfidia, il Corinzio, le cui mire destabilizzanti sono intuibili, affidato a un perfetto Boyd Holbrook (Narcos, Logan). Un altro personaggio ricorrente è Matthew, un corvo chiacchierone e impiccione ma anche leale e coraggioso (“doppiato” da Patton Oswalt), che però risponde alche a Lucienne (Vivienne Acheampong), l’assistente più fidata di Sogno, che gestisce la meravigliosa Biblioteca dei sogni, dove sono amorosamente custoditi tutti i libri che gli umani hanno anche solo pensato di scrivere e tutte le idee mai divenute romanzi.

Morpheus e il suo elmo.

Come il fumetto, la serie è composta da diversi cicli narrativi e gli episodi successivi, apparentemente slegati, introducono nuovi personaggi e nuovi temi. Facciamo la conoscenza di John, il deviato figlio di Burgess, poi di Morte, sorella di Sogno, una gentile e amichevole giovane donna, che incoraggia il fratello ad avvicinarsi di più a quell’umanità di cui in fondo Sogno si occupa notte dopo notte, ma senza conoscerla. A questo scopo lo porta alla fine del ‘300, a conoscere un personaggio, Robert Gadling, al quale per gioco viene concessa l’immortalità e dal quale Sogno imparerà cosa possa essere il sentimento dell’amicizia.

Nella ricerca dei suoi oggetti Sogno incontra anche Johanna Constantine, esorcista antenata di John Constantine. Intanto entra in scena un altro membro della Famiglia, Desiderio, ambiguo e subdolo (affidato a un intrigante Mason Alexander Park, notato in Cowboy Bebop), in compagnia di Sofferenza, tormentata come il suo nome lascia intendere. Arrivati all’episodio 7, entra in scena una giovane donna, Rose Walker (l’attrice Kyo Ra), portatrice ignara di una gravissima minaccia per mondo reale e mondo dei sogni.

Rose è alla ricerca del fratellino Jed e nella sua ricerca si manifesteranno i decisivi legami fra lei, altri personaggi e Sogno, che deflagreranno nei due ottimi episodi conclusivi. Tutto alla fine si ricollega a quel secolo di prigionia in cui l’assenza di Sogno ha prodotto sull’umanità diversi dissesti, e con il graduale inserimento dei vari personaggi, ciascuno con la sua storia, si traccerà il disegno finale.

Bello il Lucifero interpretato da Gwendoline Christie di GoT.

Passando alle critiche, non ci convince la scelta di Tom Sturridge (classe 1985, visto nella serie The Hollow Crown, fra poco sarò in Irma Veep), giovane e poco carismatico, privo del necessario fascino del personaggio disegnato, spettinato senza stile, con una boccuccia ripassata con troppo rossetto, tanto da far sospettare una strizzata d’occhio ad un pubblico teen. Lucifer, inevitabilmente non ri-affidato al Tom Ellis della nota serie, a sorpresa si incarna nella sempre amata e sempre imponente Gwendoline Christie di Game of Thrones, angelica come un biondo cherubino ma dall’animo oscuro, munita del suo indispensabile “accessorio” il demone Mazikeem.

Morte è interpretata da Kirby Howell-Baptiste (Killing Eve), la sorella che più contribuirà alla maturazione del protagonista. Jenna Coleman è una poco significante Johanna Constantine. Fra i volti noti troviamo Charles Dance (lo stregone), David Thewlis (come sempre splendido del suo disturbato personaggio, il figlio più piccolo del negromante), sua madre che è Joely Richardson, mentre Stephen Fry interpreta Gilbert, un personaggio che riserverà delle sorprese.

Questo trattamento seriale, 10 episodi per mano dello stesso Gaiman e di Allan Heinberg (Grey’s Anatomy, Scandal, The Catch, The O.C.) e David S. Goyer (inutile citare i tanti titoli della sua lunga carriera), aggiorna e rilegge parte della corposa narrazione del fumetto, con alcune variazioni riguardo etnia e inclinazioni sessuali di alcuni personaggi e ne rimescola altri provenienti da diversi filoni narrativi. The Sandman risulta essere la più costosa serie per DC Entertainment, venduta a sorpresa da Warner a Netflix proprio per monetizzare invece che distribuirla sul proprio canale HBO Max.

L’originale del fumetto, più inquietante.

Nel suo complesso, si tratta di una serie che va lasciata crescere con pazienza (personalmente restiamo convinti che una scelta diversa del protagonista avrebbe contribuito ad “acchiappare” prima), perché da un inizio semplicemente fantasy, vira lentamente ma con decisione in una direzione più coinvolgente. In quanto oltre ai rapporti della conflittuale famiglia degli Eterni, sui cui contrasti infatti si chiude lasciando intuire succosi sviluppi, dice tante cose sui legami fra gli esseri umani, sui sentimenti che fanno di noi ciò che siamo e che anche un dio o un demone non dovrebbero ignorare.

E soprattutto parla dei sogni, questa materia di cui siamo fatti. Che siano rosei o spezzati, che siano così belli da non volerli abbandonare mai o così brutti da farci svegliare per sottrarci al dolore che ci infliggono, senza di loro non potremmo vivere.

E fra le tante massime su questo affascinante argomento, ci lascia con una bella considerazione: “Non si può vivere soffrendo nel sogno, senza agire nella veglia”.