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The Stand - recensione

Arriva la nuova seria dedicata a L'Ombra dello Scorpione di Stephen King.

Un virus esce da un laboratorio militare e si diffonde, veloce e letale, sterminando il 99% dell'umanità. Solo pochissimi si salvano, misteriosamente immuni, qualche volta immeritatamente, perché non è detto che scamparla significhi essere buoni.

Si raduneranno dove il Destino li ha voluti portare, a Boulder, Colorado, alcuni in risposta al richiamo di una mistica, comparsa a tutti nel sonno. Alcuni però fanno sogni con un altro protagonista e rispondono a un richiamo diverso.

Nel 1978 Stephen King scrive il suo romanzo The Stand, in italiano L'Ombra dello Scorpione, quello che ha richiesto (così si narra) più tempo per la stesura dopo un blocco dello scrittore nel ben mezzo dell'opera. Dal libro già nel 1994 è stata tratta una miniserie di 4 episodi. Adesso, con tempismo quasi inquietante visto che gli inizi del progetto risalgono al 2014, esce la nuova serie TV e il suo incipit provoca nello spettatore un'inevitabile inquietudine.

Questo avviene come sempre grazie al misterioso dono di questo scrittore di lasciar trapelare nella sua consueta narrazione di una lotta fra il Bene e il Male, sempre rubricabile nel genere horror, dettagli precisi sulla natura umana, sui rapporti fra gli individui, sulla società in generale, quasi fosse un attento sociologo che per vendere il proprio trattato lo deve contaminare con un genere più commerciale per poterlo vendere alle masse.

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Ma in questo caso l'inquietudine deriva dal tema trattato, un contagio che riporta l'umanità ad azzerare i rapporti umani, a instaurare un nuovo ordine sociale. E la struttura che avrà, costituisce il fulcro della lotta fra Bene e Male.

Stephen King è coinvolto nel progetto come sceneggiatore insieme al figlio Owen King che collabora anche alla produzione. Lo showrunner è il professionista Benjamin Cavell (Justified, Homeland, Sneaky Pete, SEAL Team), in collaborazione con Josh Boone (New Mutants). Per dare un'impronta più contemporanea, più consona al sentire attuale (così afferma Cavell), si è effettuata qualche variazione su alcuni personaggi, quanto a colore della pelle e sesso.

Nel ruolo di Stuart (che era Gary Sinise) troviamo James Marsden con la sua bella faccia da brava persona, affiancato dalla sua contesa Frannie (era Molly Ringwald), che qui è interpretata da Odessa Young. Fra i "buoni" compaiono l'attore Jovan Adepo (di colore) che fa il musicista Larry Underwood (nella vecchia serie era il bianco Adam Storke).

Greg Kinnear è il simpatico professore di sociologia (nel '94 era il più anziano Ray Walston) e Brad William Henke è il tenero ritardato mentale Tom Cullen. La loro guida spirituale, Abigail, è interpretata da Whoopi Goldberg (nel '94 era Ruby Dee). Ottima la scelta di Owen Teague per l'inquietante e viscido Harold Lauder, personaggio chiave troppe volte umiliato e respinto dal mondo, l'anello debole attraverso cui il Male può entrare.

Due 'buoni' in un mondo ostile.

Amber Heard interpreta Nadine, dal passato misterioso, ruolo che era stato di Laura San Giacomo. Il sordomuto Nick è stato affidato con seguito di polemiche all'attore udente Henry Zaga (nel '94 nessuno aveva protestato per la presenza di Rob Lowe nello stesso ruolo, bei tempi). Il buon Ralph Brentner subisce la mutazione più massiccia e da uomo bianco diventa una donna nativa, l'attrice Irene Bedard.

Il malvagio a questo giro è Alexander Skarsgård, più carismatico di quanto fosse un imparruccato Jamey Sheridan. E fra i suoi seguaci nominiamo il miserabile teppista Lloyd, che è Nat Wolff (nella vecchia serie era il più adulto Miguel Ferrer). Compare anche Heather Graham e nel primo episodio il Generale che legge Yates e ascolta la Tosca è J. K. Simmons.

Per quanto visto finora, The Stand sembra una valida trasposizione del romanzo originale (che sia arrivato il tempo per King di essere sfruttato in modo appropriato, come i trattamenti più recenti sembrano dimostrare? Pensiamo alle serie The Outsider, Castle Rock, Mr, Mercedes e al film It).

Questo The Stand sembra nettamente migliore del precedente trattamento, che oltre a risentire di un budget ridotto, era un prodotto nato con destinazione televisiva in tempi in cui le serie TV non avevano la qualità di quelle attuali. Non ci desta contrarietà la diversa esposizione rispetto al romanzo, che non suddivide la narrazione in blocchi ma lascia che i personaggi e i loro caratteri si definiscano nell'intreccio continuo fra il prima e il dopo, per arrivare al presente.

L'uomo nero per eccellenza.

Nella messa in scena visiva c'è tutto il corposo immaginario costruito in anni di pessimistiche storie post-apocalittiche in cui la razza umana è riuscita a fare sempre di peggio per la propria sopravvivenza. Vedremo dove e come (così è annunciato) la serie di discosterà dall'originale, con un finale riscritto da King (pur dopo la nuova edizione ampliata del romanzo, definita "integrale", uscita nel 1990).

Il tema è tristemente attuale e a tratti davvero inquietante, e non ha perso in 42 anni un briciolo di attualità (purtroppo). Così come il discorso morale di King, che qui ripropone tutti i suoi passaggi obbligati e i temi preferiti, sui quali come sempre giganteggia l'eterna capacità del Male di non soccombere mai, di rinascere sempre e di propagarsi, nel costante dualismo dell'animo umano, buono e cattivo, bianco e nero, yin e yang.

Il Male si ricicla di continuo, insinuandosi sempre nelle crepe di anime già lesionate, di individui pronti a diventare volonterosi collaboratori, motivati emissari volti a ferire, perché già a loro volta feriti. Ma specularmente contro di loro e contro al loro Padrone, si leva sempre qualche vulnerabile eroe, pronto al sacrificio in nome dei suoi ideali.

Ci si chiede se mai in condizioni estreme, potrebbero i buoni lasciarsi tentare dalla malvagità, i probi dai vizi, gli onesti dalla scorrettezza e potrebbero i cattivi redimersi e compiere buone azioni? Finora non sembra e quanto sta succedendo nella nostra attualità, simile per certi versi a quanto narrato da King (per fortuna solo in parte), non ci rende ottimisti.

Una coppia che si forma per necessità.

Non va tutto bene insomma e King stesso concludeva il romanzo chiedendosi se mai l'umanità sarebbe stata capace di imparare dai propri errori. La risposta era un "non so". Gli umani sembrano sempre incapaci di prendersi cura di ciò che hanno di buono, pronti poi a rimpiangere quanto hanno contribuito a distruggere loro stessi.

Come altre volte è dal genere fantastico/fantascientifico che arrivano i messaggi più significativi, peccato che vengano considerati con sufficienza e non se ne sappia trarre adeguato insegnamento. The Stand è disponibile da ieri su Starzplay.