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The Swords of Ditto - recensione

Una maledizione da spezzare in salsa cartoon.

Ne parlano quasi tutti come del The Legend of Zelda che incontra il mondo indie. In certi casi alcuni colleghi della stampa internazionale hanno anche deciso di coniare dei termini completamente inediti e spesso anche piuttosto originali. Un esempio lampante? RogueLink, una etichetta creata al fine di descrivere con facilità e semplicità l'opera che onebitbeyond ha lanciato sul mercato grazie anche al supporto dell'attivissima e prolifica Devolver Digital, vero e proprio colosso nell'ambito indie.

Un colosso che da sempre guarda con particolare interesse a quei giochi che sfoggiano una ricercatezza artistica e uno stile fuori dal comune. Basta un'occhiata distratta per capire che The Swords of Ditto è un titolo praticamente perfetto per Devolver. Ogni schermata di questo roguelike con visuale dall'alto sembra essere uscita da un bellissimo e imperdibile cartone animato e anche la colonna sonora si rivela un evidente punto di forza per un mondo di gioco che probabilmente meriterebbe davvero una serie animata dedicata. Grafica e audio trasudano stile e convincono su tutta la linea anche grazie a personaggi strambi e decisamente fuori dal comune in grado di garantire una evidente marcia in più che nello spietato ed estremamente competitivo panorama indie fa sempre comodo.

Uno Zelda in miniatura però ha davvero bisogno di questi "mezzucci" per ritagliarsi il proprio spazio? Ma soprattutto, il paragone con lo storico franchise Nintendo ha davvero senso? Ni: i punti in comune con le avventure old school di Link effettivamente ci sono tra combo spada/arco e vari gadget utilizzabili sia in combattimento che per risolvere puzzle ed enigmi ambientali all'interno dei vari dungeon che popolano l'isola di Ditto. Tuttavia onebitbeyond ha creato quello che è in tutto e per tutto un esponente del genere roguelike e in particolare un membro del sottogruppo dei roguelite. In questo aspetto trama e gameplay sono strettamente collegati.

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Tutto parte da una maledizione apparentemente impossibile da spezzare: ogni 100 anni la malvagia strega Mormo prova a invadere il mondo di gioco con le sue schiere di mostri. A cercare di contrastarla proprio le Spade di Ditto, una sorta di ordine di prescelti che ruota intorno a una spada leggendaria e alla misteriosa figura di Puku. Questa specie di spirito dalle sembianze di scarabeo sceglie ogni 100 anni il prescelto che impugnerà la spada, diventerà una Spada di Ditto e cercherà di sconfiggere Mormo.

Purtroppo c'è un "piccolo" vincolo a rendere il tutto ancora più complicato: dalla scelta del prescelto allo scontro con la malvagia strega abbiamo a disposizione solo quattro giorni per prepararci al meglio, indebolire la nostra avversaria e tentare l'assalto decisivo. La presenza di un tempo limite non ci permette di esplorare in lungo e in largo l'isola di Ditto e non ci dà la possibilità di scoprire tutti i segreti che nasconde invogliando di conseguenza l'inizio di una nuova run per cercare di raggiungere un particolare obiettivo o scovare un certo npc o un imperscrutabile segreto.

Si tratta di una meccanica sicuramente peculiare, un approccio ciclico in cui si innesta l'anima roguelite della produzione e su cui si basa l'essenza stessa di The Swords of Ditto: una lunga serie di mini-avventure nei piani degli sviluppatori sempre diverse. Ogni volta che moriamo il gioco fa un balzo in avanti di 100 anni fino a quando non arriva il momento di "attivare" un nuovo prescelto. Siccome si tratta di un roguelite quali elementi si conservano tra una run e l'altra? La forza della spada leggendaria, alcuni collezionabili cruciali per l'avventura (di cui non parliamo in dettaglio per non rovinare alcuna sorpresa) e degli effetti sullo stato del mondo di gioco, più o meno in decadenza in base ai nostri successi o fallimenti.

E noi che eravamo abituati a Pingu!

Abbiamo passato circa una ventina di ore in compagnia degli strambi, buffi e meravigliosi abitanti di Ditto (per riuscire a sconfiggere Mormo sono bastate poco più di dieci ore) e dobbiamo ammettere che questa diversità, questa varietà si è dimostrata molto buona soprattutto nel corso delle prime avventure. Per quanto ogni nuova storia proponga una serie di obiettivi fissi, la struttura del mondo di gioco, dei dungeon, la presenza dei nemici e delle risorse, così come l'aspetto del nostro eroe sono generati proceduralmente. L'utilizzo di questa tecnica va spesso a braccetto con il genere dei roguelite anche se purtroppo in molti casi incontra delle criticità, soprattutto perché manca la cura diretta dello sviluppatore, un qualcosa che gli algoritmi quasi mai riescono a trasmettere in tutto e per tutto.

In questo particolare caso più che la cura è la varietà a preoccupare, soprattutto per quanto riguarda i dungeon legati a quella che può essere considerata la nostra missione principale. Il problema è semplice: abbiamo incontrato quasi sempre gli stessi Giocattoli (i gadget di The Swords of Ditto) e lo stesso identico boss, per non parlare anche di stanze contenenti puzzle ed enigmi già visti in precedenza. Le fasi puzzle sono indubbiamente riuscite e divertenti, probabilmente anche più dei combattimenti, ma imbattersi in sezioni pressoché identiche fa davvero storcere il naso. Sfortuna nella casualità? Forse, ma questa è stata la nostra esperienza e non possiamo che sottolinearlo.

In presenza di un sistema procedurale, un parziale senso di dejà vu è inevitabile ma in questo caso ci è parso un pochino troppo evidente e precoce. Il che è davvero un peccato perché al di là di questo aspetto e di alcuni problemi tecnici (bug, un paio di crash e qualche calo di frame rate ingiustificato) tutto sommato la formula di gioco funziona, anche a fronte di un combat system che, quanto meno all'arma bianca, è molto basilare. Un attacco base, una combo di tre attacchi con il terzo più potente e una rotolata utile contro nemici e pericoli ambientali. Tutto molto semplice e funzionale come base su cui costruire una maggiore profondità grazie a due variabili: gli Adesivi e i Giocattoli.

Il combat system con la sola spada è un po' limitato. Per fortuna ci sono i Giocattoli.

Entrambi possono essere acquistati da dei commercianti all'interno della città che fa anche da hub oppure possono essere scovati in alcuni forzieri sparsi per i vari dungeon. Gli Adesivi sono modificatori che introducono abilità attive o passive e possono essere applicati su diverse parti del corpo del protagonista. I Giocattoli, invece, non sono altro che i gadget secondo il mondo di The Swords of Ditto: folli, buffi, e tutti da scoprire sia in combattimento che nell'esplorazione e nella risoluzione dei puzzle. Purtroppo, come detto, il tutto cozza con la poca varietà nel level design e nella proposta dei boss.

Insieme alle magagne tecniche è questa la pecca più evidente che abbiamo riscontrato nelle nostre avventure. Avere la capacità di sperimentare è fantastico ma ritrovarsi di fronte lo stesso boss, la stessa struttura di un dungeon o lo stesso identico puzzle non può che smorzare ogni entusiasmo. È così che un progetto composto da diverse idee sulla carta riuscite e interessanti sembra inciampare proprio in quella che dovrebbe essere la sua essenza: l'essere un roguelite.

Come spesso accade nel nostro lavoro, arriviamo alla conclusione della recensione di The Swords of Ditto decisamente molto combattuti (il voto più adatto molto probabilmente sarebbe un 7,5). L'opera di onebitbeyond ha un fascino innegabile e si poggia su delle basi molto solide ma allo stesso tempo non così eccelse come ci si sarebbe potuto aspettare. Il fatto che già nelle prime dieci ore di (mini)avventure una sensazione di ripetitività e di già visto abbia fatto capolino nella nostra mente è un evidente campanello di allarme che cozza con la palpabile e davvero potente sensazione che questo universo in realtà nasconda molto di più.

La varietà del 'bestiario' riesce tutto sommato a difendersi. Quella dei boss (almeno nella nostra esperienza) un po' meno.

La maledizione e il continuo ciclo che ogni 100 anni ci mette di fronte a 4 giorni di imprese e di peripezie sembra per larghi tratti solo l'inizio di un mistero da svelare, di un'impresa molto diversa da portare a termine. Anche per questo motivo torneremo a esplorare i meandri più misteriosi di Ditto. Torneremo a combattere scheletri, cavalieri oscuri pesantemente corazzati, gelatine aggressive e decisamente troppo cresciute e ovviamente la malvagia Mormo. Puku sarà ancora lì al nostro fianco e lo saranno anche le strambe amicizie che abbiamo stretto durante la nostra odissea in questo roguelike imperfetto ma comunque meraviglioso da vedere e sentire, e capace di divertire e sorprendere (ancor di più se giocato con un amico in co-op locale).

7 / 10