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The Witcher Stagione 2 Recensione: Il destino è una bestia feroce

Un notevole balzo qualitativo.

Quando, ormai due anni fa, la serie TV basata sulla saga letteraria di The Witcher è arrivata su Netflix, l'evento ha avuto la tipica risonanza dei titoli destinati a fare la storia del medium.

I motivi erano tanti: vuoi per lo spazio vuoto appena lasciato dall'amara conclusione di Game of Thrones, vuoi per il fatto che i libri di Andrzej Sapkowski vengono annoverati tra i migliori esponenti del genere mai apparsi su carta stampata, vuoi per il travolgente successo della trasposizione videoludica curata da CD Projekt RED, l'avvento dello Strigo è stato anticipato da un notevole interesse da parte del pubblico di massa, orfano di una serie dai toni epici a cui affezionarsi e a cui dedicare il proprio tempo.

Una volta che The Witcher è arrivato sulla piattaforma in streaming di Netflix, tuttavia, i risultati non sono stati esattamente quelli sperati. Alcuni vistosi problemi relativi al ritmo fin troppo frammentato della narrazione, un montaggio piuttosto confusionario e alcuni cali qualitativi in termini di effetti visivi, hanno finito per allontanare la fetta di pubblico che si aspettava da subito un prodotto in linea con il kolossal di HBO appena giunto al proprio epilogo.

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Eppure, a onor del vero, il debutto delle avventure dello Strigo aveva messo in luce fin dai primi minuti una pletora di innegabili qualità tra cui un'ottima interpretazione da parte di gran parte del cast, tra cui ovviamente spicca l'attore britannico Henry Cavill (qui alle prese con il ruolo tutt'altro che semplice di Geralt di Rivia), una buona regia anche nelle scene d'azione più concitate e qualche gustoso colpo di scena capace di smuovere l'animo dei fan più accaniti dell'opera di Sapkowski ma anche dei meno avvezzi a questo tipo di ambientazione.

La sensazione generale, alla fine degli otto episodi che componevano la prima stagione, era quella di aver solo scalfito la superficie di un universo narrativo sconfinato che avrebbe potuto tranquillamente rivaleggiare con quello di Game of Thrones regalando al pubblico la 'Next Big Thing' del fantasy televisivo, il prossimo fenomeno di massa capace di catalizzare l'attenzione di chiunque fosse in possesso di un abbonamento a Netflix.

Con l'arrivo della seconda, attesissima stagione, possiamo affermare senza timore di smentita che l'epopea dello Strigo ha compiuto un enorme balzo qualitativo in avanti, correggendo la quasi totalità dei problemi che affliggevano la prima serie e proiettando l'interpretazione di The Witcher di Netflix verso nuovi, interessanti orizzonti.

Henry Cavill torna a vestire i panni di Geralt di Rivia con un'interpretazione ancora più convincente di quella offerta nella prima stagione.

L'intreccio narrativo, com'era facile immaginare dalle battute finali della scorsa stagione, si basa sull'intenso legame tra il protagonista, Geralt, e l'enigmatico personaggio di Cirilla, Fiona Elen Riannon, meglio conosciuta come Ciri. La ragazza, qui ottimamente interpretata dall'attrice inglese Freya Allan, è la principessa di Cintra, sopravvissuta all'assedio da parte dell'Impero di Nilfgaard e ricongiunta allo Strigo nella foresta, dopo l'inaspettato incontro con Visenna.

Ciri è un personaggio apparentemente docile e indifeso ma nasconde un segreto inenarrabile, un potere latente talmente spaventoso da essere bramato da diversi esponenti di questa particolare mitologia che, ovviamente, non vi anticiperemo per evitare qualunque tipo di spoiler. L'obiettivo di Geralt è quello di proteggere la ragazza dai pericoli di questo mondo fantasy così violento e oscuro, in quello che rapidamente diventa un rapporto 'padre-figlia' ben definito che consente di esplorare più a fondo la psicologia del nostro Witcher preferito ma anche dei comprimari che incrocerà sul suo cammino.

Ciascun episodio contribuisce a tratteggiare efficacemente l'affascinante quanto tetro universo fantasy creato dalla penna di Sapkowski senza perdersi in puntate superflue come alcune di quelle presenti nella scorsa season e conferendo alla narrativa un ritmo decisamente più serrato. Il principale problema della prima stagione, per fortuna, è stato completamente risolto.

Il profondo legame tra Geralt e Ciri fa spina dorsale all'intreccio narrativo della seconda stagione di The Witcher.

Dimenticate i continui e confusionari salti temporali che ne avevano piagato la sceneggiatura: qui la showrunner Lauren Hissrich (già salita agli onori della cronaca per la serie dedicata al Daredevil di Charlie Cox e per la trasposizione televisiva di Umbrella Academy di Gerard Way), ha ben pensato di adottare un approccio molto più lineare e scorrevole, in modo da dare alla storia una progressione più uniforme e gradevole da seguire.

Al di là delle convincenti performance attoriali della stragrande maggioranza del cast, al di là dell'assoluta spettacolarità di alcune sequenze d'azione (graziate anche da un budget sensibilmente superiore rispetto a quello stanziato per la precedente stagione), tuttavia, ciò che più abbiamo apprezzato è stata la precisa volontà di ampliare la portata del racconto introducendo intrighi politici e personaggi ben più sfaccettati di quanto fosse lecito aspettarsi.

È intelligente il modo in cui non è stata tracciata una linea che separa il bene e il male. Non c'è bianco e nero: ognuna delle pedine sulla scacchiera si muove in un territorio grigio fatto di interessi personali, convinzioni e modi di vedere il mondo che spesso entrano in contrasto con quelli di altri personaggi, innescando reazioni talvolta incontrollabili che portano a incredibili risvolti narrativi e colpi di scena imprevisti.

Come se non bastasse, The Witcher Stagione 2 affronta una serie di tematiche piuttosto delicate come quella del razzismo, della realizzazione personale e dell'ineluttabilità del destino, calandole opportunamente in un contesto dalle tinte fantasy e a tratti oniriche che, senza mezzi termini, abbiamo adorato.

Il budget più consistente stanziato per questa seconda stagione garantisce una resa migliore delle scene di combattimento e della CGI.

Anche sotto il profilo tecnico, infine, questa nuova iterazione delle avventure di Geralt di Rivia ha compiuto passi da gigante. La CGI appare decisamente più convincente, la regia è più dinamica e attenta nelle sequenze d'azione e ci sono anche effetti prostetici gradevoli che conferiscono alla produzione un look assolutamente unico. Una nota di merito anche va anche alla colonna sonora, condita da brani orchestrali di pregio e da canzoni alquanto memorabili che, sebbene non raggiungano mai gli apici di 'Toss a Coin to your Witcher', si lasciano canticchiare per ore dopo la conclusione delle puntate.

Siamo dunque al cospetto di una serie senza alcuna lacuna? Ovviamente no. La seconda stagione di The Witcher continua a perseverare in un difetto che avevamo riscontrato anche nella precedente incarnazione: il suo linguaggio. Sì, perché se non si ha un'infarinatura di base dell'ordinamento della società ideata da Sapkowski, se non si conoscono le abilità e le caratteristiche dei Witcher e delle varie razze che popolano quel mondo, si può finire facilmente in una spirale di disorientamento e confusione che potrebbe minarne la godibilità generale, soprattutto a causa di una terminologia molto specifica che viene utilizzata nei dialoghi.

È vero, molti concetti derivano direttamente dagli archetipi tipici del classico fantasy medievale ma sarebbe stato opportuno indugiare qualche momento in più nella spiegazione di alcuni meccanismi peculiari, specialmente in alcune puntate sul finale di stagione.

Le prove recitative di alcuni membri del cast regalano momenti di particolare intensità.

Per chi conosce i romanzi, comunque, per chi sa come prosegue la storia dello Strigo, al netto di qualche licenza poetica creata ad-hoc per esigenze di sceneggiatura, il futuro della serie Netflix appare quanto mai radioso. Se non avete apprezzato la prima stagione o non siete convinti dell'operazione che il colosso dello streaming statunitense sta portando avanti con l'universo narrativo creato da Andrzej Sapkowski, sappiate che la notevole qualità di questa seconda stagione potrebbe farvi cambiare radicalmente idea e spingervi ad attendere spasmodicamente l'arrivo della prossima. Provare per credere.

Avatar di Riccardo Cantù
Riccardo Cantù: Nato nel 1993, Riccardo ha coltivato, negli anni, una passione smodata per tutto ciò che è entertainment. Videogiochi, cinema, fumetti, musica e letteratura sono il suo pane quotidiano e ama le lunghe discussioni riguardanti queste tematiche.

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