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Thronebreaker: The Witcher Tales - recensione

Gwent è morto, lunga vita a Gwent.

Da semplice minigioco incluso in The Witcher 3 a vero e proprio brand a sé stante, il corso di Gwent è stato molto lungo e si è articolato negli anni tra beta chiuse e aperte le quali, nonostante la sua natura incompleta, hanno dato vita ad una community appassionata e ad un circuito di tornei ufficiali con migliaia di euro in montepremi.

Seppur nato per divertire Geralt durante le soste nelle locande tra un contratto e un altro, CDProjekt RED ha aggiunto al Gwent strati di complessità aggiornamento dopo aggiornamento, accumulando esperienza e feedback dagli utenti più accaniti per cercare di renderlo un videogioco capace di rivaleggiare coi concorrenti più radicati nel mondo dei CCG. Per continuare a raccontare le avventure dello Strigo dai capelli bianchi, ancora fonte di eventi affascinanti e appassionanti, si è pensato di raccoglierle in Thronebreaker: The Witcher Tales, un gioco di ruolo che usa il Gwent al posto di cappa e spada per risolvere le battaglie e proseguire nella narrazione.

Sei mesi fa il clamoroso annuncio: raggiunto un punto di stallo, il team di sviluppo avrebbe interrotto gli update sulla versione preliminare di Gwent, e si sarebbe concentrata sulla quella definitiva portandola finalmente fuori dalla beta, chiamata Homecoming per via di un ritorno alle radici nate dal romanzo di Sapkowski e l'interpretazione dello studio polacco. Chiariamo subito: Thronebreaker e Homecoming sono due giochi diversi, pur essendo il primo la componente single player del secondo.

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In Thronebreaker interpretiamo un personaggio, Meve regina guerriera di Lyria e Rivia, che seguiremo per tutta l'avventura contribuendo a raggiungere il suo scopo. Homecoming è invece l'aggiornamento del Gwent multiplayer, rivisto profondamente nelle meccaniche e nella grafica, a cui dedicheremo un articolo a parte visto che la data d'uscita per entrambi i prodotti coincidono. Le connessioni tra i due, oltre alle carte, sono alcuni collezionabili che, se sbloccati offline, saranno disponibili poi online, come cornici e titoli per il nostro account.

Thronebreaker non propone semplicemente le stesse meccaniche di combattimento di Gwent, ma le prende praticamente in prestito per reinterpretarle ad ogni scontro e proporre sfide contestuali alla storia che stiamo vivendo. Meve torna nel suo regno martoriato da minacce piccole e grandi per riprenderlo in pugno, ed incontrerà tanti tipi di ostacoli sul suo e nostro cammino, dai tipici mostri alle fazioni avversarie.

La visuale isometrica ci permette di camminare in tutta libertà tra nemici, villaggi e castelli, permettendoci di affrontare missioni secondarie e anche di evitare problemi, volendo. Dopo le prime ore di gioco ci appare chiaro come le definizioni date a Thronebreaker siano in parte eccessive ed è meglio specificare che, anche proseguendo, la componente ruolistica si assottiglia e si limita alle scelte durante i dialoghi e alla gestione del mazzo di carte a disposizione.

Il mix di cel shading e pennellate delinea uno stile artistico distintivo per il marchio di Gwent, che ha preso ormai una propria strada.

Anche chiamare open world le mappe di gioco potrebbe fuorviare. Gli spostamenti, per quanto stimolino all'esplorazione della mappa per trovare risorse e quest secondarie, sono estremamente lineari e c'è al massimo la possibilità di perdersi qualcosa piuttosto che scoprirla. Non contribuisce neanche l'accampamento, l'hub migliorabile spendendo risorse che ci permette di gestire il mazzo e craftare nuove carte, oltre a chiacchierare con i nostri compagni di legione per scoprire maggiori dettagli sui loro retroscena. Le ramificazioni possibili sono poche, si sbloccano nell'incedere e scegliere se costruire una struttura o ampliare un'altra non ha influito sul prosieguo delle nostre battaglie, che spesso non dipendono dalle carte in nostro possesso.

Thronebreaker, anche se può risultare strano da vedere in questo modo, somiglia di più ad una puzzle adventure di natura mobile dove bisogna superare un livello dopo l'altro, seguendo i sentieri che li connettono. Proprio i puzzle però, risultano essere la meccanica più riuscita del gioco. Si tratta di battaglie situazionali in cui le carte a disposizione e il numero di turni sono predefiniti, e le condizioni di vittoria prevedono un obiettivo specifico, diverso dal solito "vinci due round su tre".

A confermare la similitudine con i puzzle game più classici è anche l'elevato numero di tentativi a cui sarete costretti per superarli in maniera molto rapida, e il fatto che si tratti di fatto di indovinelli matematici. È così però che gli episodi vissuti dalla tenace Meve acquistano più senso, riflettendosi efficacemente nelle carte che poi andremo ad usare per uccidere mostri e nemici in armatura. Ci verranno fornite insomma carte che rappresentano la scena della storia. In tutto il gioco, a ben vedere, le battaglie classiche a cui eravamo abituati nel vecchio Gwent sono tutto sommato poche, ma non è certo un difetto dato il divertimento che le sfide costruite ad hoc ci regalano.

L'accampamento è il luogo dove prepararsi alla battaglia e approfondire la conoscenza dei nostri commilitoni.

Tra una e l'altra, a fare da collante ci pensa la forte componente narrativa. Com'era lecito aspettarsi da casa CDProjekt RED, Thronebreaker gode di una cura negli eventi trattati degna di nota, a partire dal doppiaggio di tutti i testi a schermo fino alle ramificazioni della storia, che pone davanti alle scelte decisamente ambigue a cui la serie di The Witcher ci ha abituati. Ci ritroveremo spesso a prendere strade che delineano il nostro allineamento, o altre molto più difficili da decifrare.

La visuale isometrica lascia il posto a dialoghi animati dalle figure per intero dei personaggi, e ai video prerenderizzati per gli eventi più importanti, utili a farci immergere molto di più dei paragrafi con cui vengono spiegati quelli minori. Come in The Witcher 3 è la grande ricercatezza della semantica e delle espressioni che affascina e costruisce personaggi abbastanza variegati e sfaccettati, così come eventi inattesi capaci di ribaltare tutta la situazione.

Meve ad esempio è una principessa guerriera, e di certo non si cura della coroncina quando si tratta di rimettere in riga chi oltrepassa la linea. Reynard, braccio destro fin dai tempi del predecessore della regina, è un vero militare d'alto rango, diligente, forbito nel parlare e sempre composto. I caratteri vengono fuori riga dopo riga in maniera netta e pur non avendo spazio per la grande profondità e sofisticatezza di Wild Hunt, la qualità è evidente anche in questo caso. Se siete stati attenti durante le lunghissime vicende raccontato nella serie principale, spunteranno le mille citazioni, i riferimenti e i collegamenti sparsi in tutta l'avventura di Meve, che incontra personaggi che in qualche modo rientrano sempre nella sfera di quelli già conosciuti. Le scelte che si possono compiere in molti casi diversi, possono stimolare anche una certa rigiocabilità.

Le battaglie assumono tutto un altro sapore: meno schieramenti, più azione.

A proposito di doppiaggio, va sottolineato che il reparto sonoro ci ha stupito anch'esso per la grande attenzione riposta: la colonna sonora e i temi che ci accompagnano sono ricchi di effetti perfettamente in linea con l'atmosfera fantasy del gioco e che la rendono ancor più incalzante e avvincente. Se siete rimasti ammaliati dai suoni che impreziosivano le gesta di Geralt e le tracce di Gwent ancora vi risuonano in testa, succederà la stessa cosa per le musiche di Thronebreaker.

Veniamo quindi ad una parte cruciale di tutto il titolo: le novità introdotte nel gioco di carte che tutti conosciamo. Una vera analisi approfondita sarà possibile solo dopo tante partite in multiplayer per chiarire l'impatto sulle fazioni e tutti i tipi di carte, ma vale la pena evidenziarne l'impatto anche nell'attuale ambito più ristretto. Il campo di battaglia è stato ridotto a due sole corsie (tre in precedenza) mentre i leader dei mazzi hanno acquistato una nuova dimensione, essendo ora tridimensionali e animati, con i modelli ben visibili sul lato sinistro dello schermo. Il limite di costruzione del mazzo invece prevede anche la somma dei valori delle carte oltre al semplice numero minimo e massimo. Questi e tante altre piccole variazioni lo rendono molto diverso dal passato.

Entrambe queste novità non sembrano aver inciso troppo sul vecchio sistema: già con le evoluzioni nella beta la differenza tra gli archetipi di carte unità (prima linea, a distanza e assedio) avevano perso di importanza, e con due sole file tutto pare più snello e veloce. Vedremo quanto equilibrio acquisteranno i mazzi con tante carte "tempo", o quelli che favoriscono tante unità in campo, e le chance che passano dal 33% al 50. Il ripescaggio esteso (6 carte in tutti e tre i turni) potrebbe allargare le chance di trovare la carta giusta già da subito e magari Thronebreaker è naturalmente solo un assaggio di ciò che ci aspetta, e che sicuramente muterà nel futuro dopo la valanga di feedback che arriveranno.

Dialoghi importanti e scenette divertenti si alternano negli incontri che Meve fa durante il suo cammino.

Ci hanno deluso invece gli avatar dei leader. Alla fine dei conti, vederli in azione è solo un orpello estetico, neanche troppo originale. Tutt'altra cosa per le loro abilità, che ora hanno possono essere riusate dopo un cooldown di tre turni o anche meno grazie alle carte speciali che lo permettono. Abilità ovviamente potenti, che possono cambiare l'esito della partita in un solo turno.

In fin dei conti, il divertimento in questa interpretazione del Gwent deriva più dalle sfide pre-architettate che dal gameplay tradizionale più aperto. La costruzione del mazzo ha più importanza nelle ore finali, dove un accampamento completo ci consente di spaziare nelle scelte e gli avversari sono più complessi da battere.

Una volta ottenute tutte le carte aumenterà di conseguenza lo spazio dato al giocatore per acquisire un proprio stile, mentre nelle fasi iniziali è tutto molto lineare e guidato, come detto in precedenza. Infine, visto che dalla nostra precedente prova quando siamo stati ospiti di CDProjekt era emerso un livello di difficoltà forse troppo alto, possiamo dire con tranquillità che i tre scalini proposti sono tutto sommato equilibrati. Chi è avvezzo ai giochi di carte può iniziare benissimo da quella più alta per una sfida più avvincente.

Possiamo dire, in definitiva, che Thronebreaker: The Witcher Tales va preso per ciò che è, una sorta di spin off corposo di entrambe le serie, The Witcher e Gwent stesso. Pur essendo una derivazione di quest'ultimo, ne rappresenta la parte single player arricchita dal tocco di CDProjekt, che firma un'altra storia ben sceneggiata e di lunga durata, e da meccaniche uniche che ci piacerebbe tanto rivedere nella controparte online, aggiornate e sempre più complesse. Probabilmente farà da tutorial per i novizi che si avvicineranno al multiplayer competitivo. Visto in quest'ottica e anche in quella del prezzo a cui è proposto, Thronebreaker ci ha soddisfatto e divertito per tante ore, motivo per cui riteniamo che rappresenti un'ottima introduzione nella line up dello sviluppatore polacco.

8 / 10
Avatar di Michele Sollazzo
Michele Sollazzo: Provenendo dalla leggendaria regione del Molise, non poteva fare a meno di vivere avventure in mondi virtuali. Dopo un'infanzia vissuta tra gli arcade dei bar diventa adulto firmando petizioni per far uscire Shenmue 3. Ora è passato a Outcast 2.

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In this article

Thronebreaker: The Witcher Tales

Android, iOS, PS4, Xbox One, PC, Nintendo Switch

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