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Thymesia, la recensione

Alla ricerca di un’identità.

Da quando Demon's Souls è apparso sui nostri schermi è cominciata l'emulazione del genere creato da Hidetaka Miyazaki. E anche se si è cercato di portare del proprio, gli stilemi originali non sono mai stati abbandonati.

La corrente dei souls-like ha prodotto negli anni non solo titoli pregni delle caratteristiche dettate da From Software ma ha investito progetti che inizialmente prevedevano altri meccanismi, e l'ultima trilogia di Assassin's Creed ne è un chiaro esempio.

Ma c'è un altro lavoro di From Software che ha influenzato enormemente gli action-RPG attuali: Sekiro. E l'approccio nel parare e deflettere i colpi avversari lo troviamo soprattutto nell'opera prima di Overborder Studio, dov’è fondamentale. Se originariamente infatti Thymesia veniva accostato a Bloodborne, anche per via dell'ambientazione iniziale della demo, in realtà ci troviamo nel territorio di Sekiro, con un action-RPG in piena regola con idee interessanti che però meriterebbero un ulteriore approfondimento. Vediamo perché…

Ambientato in un regno in decadenza a causa di una strana epidemia, il protagonista, Corvus, ha la soluzione a portata di mano ma bisogna trovarla tra i suoi ricordi. Egli, infatti, ha perso la memoria e quello a cui assistiamo, nelle varie e poche missioni a disposizione, è una sequela di flashback che lo vedono alla ricerca della formula necessaria a debellare la grave infezione che sta decimando la popolazione del regno di Ermes.

La cosa interessante è che i testi che troveremo non sono soltanto necessari per capire il contesto narrativo, come avviene nei classici Souls, ma sono fondamentali per ricostruire varie formule che porteranno un diverso esito qualora sbagliassimo qualcosa.

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Thymesia, infatti, è anche un titolo investigativo in cui dobbiamo ricostruire un percorso di causa ed effetto che ha portato alla sciagura, e man mano che troviamo nuovi indizi abbiamo una maggiore consapevolezza di cosa utilizzare per il bene del regno.

Ma non sarà una passeggiata: gli ingredienti necessari sono infatti i “nuclei” dei boss, personaggi centrali nella narrazione e strettamente legati alla catastrofe che si è appena generata. Una volta posseduti tutti i nuclei, andranno combinati per generare un antidoto e questo porterà ai cinque finali diversi proposti dal team di sviluppo.

L'idea è sicuramente affascinante: non solo si dovranno ricostruire i ricordi di Corvus ma si avrà a che fare in qualche modo col cosiddetto Effetto Mandela, che potremmo definire un falso ricordo. Purtroppo questo argomento non è particolarmente approfondito ma è lasciato spesso intendere dai pochi personaggi con cui interagiamo, tra un “sei sicuro sia andata davvero così?” o un “è quello che ricordi o e quello che credi di ricordare?”, lasciando il giocatore nell'incertezza su quanto stia effettivamente accadendo.

Questo elemento sembra però più un vezzo narrativo che altro, non avendo ramificazioni all'interno del gameplay e non permettendo altri approcci alle missioni. Anche su questo punto si ha una strana sensazione, che è quella che permea l'intero progetto: Thymesia è suddiviso in maniera molto didascalica tra missioni principali e secondarie ma il problema è che quest'ultime, a conti fatti, non lo sono.

Sembra quasi che Overborder non abbia avuto il tempo o la possibilità di amalgamare il tutto in una singola avventura, preferendo una narrazione suddivisa in compartimenti stagni. Tuttavia, questo permette di rigiocarne i capitoli ogni volta che lo vogliamo, il che significa affrontare nuovamente i boss a nostro piacimento.

La meccanica delle Armi Pestilenziali porta un po' di varietà.

L'intera narrazione regala qualche spunto interessante, non solo per quanto riguarda i nostri ricordi e l'uso che ne facciamo ma per l'etica dell'alchimia. Qui c'è qualche punto di contatto con un altro titolo prodotto da Team17, quel The Serpent Rogue di cui questo Thymesia sembra la versione sotto steroidi.

Tutti i testi che raccoglieremo, infatti, non serviranno soltanto a trovare una soluzione alla piaga ma anche nuove formule che potenzino gli effetti delle nostre cure, grazie all'uso di diversi ingredienti. Questo ci porterà a sperimentare diversi effetti nelle tre diverse tipologie di cure a nostra disposizione, anche se le scelte non sono poi tante. L'idea è interessante e sicuramente porta maggiore profondità all'elemento di cura, spesso dato per scontato.

Passando al gameplay in senso stretto, possiamo partire dicendo che no, Thymesia non è un gioco particolarmente difficile. Siamo lontani anni luce da Elden Ring, il che rende questo lavoro approcciabile anche da chi abbia poca dimestichezza col genere.

Ciò accade anche perché abbiamo tutti gli strumenti per cavarci d’impaccio, grazie all'utilizzo dei cosiddetti Talenti che sbloccano via via alcune caratteristiche di Corvus, come la parata o una maggiore finestra per effettuare gli intercetti. La cosa bella è che possiamo attivare e disattivare le abilità quando vogliamo all'apposito “falò”, per un totale di 24.

Ciò rende il combat system di Thymesia una sorta di coltellino svizzero adatto a ogni esigenza ed è soprattutto per questo che il titolo permette un facile approccio una volta compresi i suoi schemi. Ogni talento si sblocca a ogni level-up per nelle tre caratteristiche base (Forza,Vitalità e Pestilenza), permettendoci di stabilire arbitrariamente come utilizzarlo.

Le ambientazioni non sono proprio suggestive.

Possiamo davvero trasformare le abilità di Corvus in base alle esigenze del momento, come per esempio contro i boss, anche se c'è da segnalare un certo squilibrio verso la facilità. Con la giusta combinazione di talenti, infatti, si può falciare qualunque cosa sul nostro cammino: ad esempio il (già citato) tempo di parry dilatabile, se combinato a contrattacco in affondo, maggior danno da deviazione e rigenerazione della vitalità, ci rende una vera macchina da guerra inarrestabile.

Inoltre non esiste la gestione della stamina, il che rende l'azione davvero frenetica, salvo un minimo di cooldown dovuto alla conclusione delle animazioni. C'è da segnalare la possibilità da parte dei nemici di effettuare attacchi senza la possibilità di interromperli. In questo caso schivare è la scelta più saggia.

Il fatto è che tutti i moveset degli avversari sono fin troppo didascalici, con una netta pausa tra una combo e l'altra. L' accessibilità di cui si parlava prima dipende anche da questo aspetto, ossia dalla facilità con cui è possibile leggere i colpi nemici.

Per questo a un certo punto il tasso di sfida si abbassa drasticamente e, una volta prese le giuste misure, potrete combattere un boss permettendovi qualche distrazione di troppo. È in questi frangenti che la natura di Sekiro prende il sopravvento, con attacchi ricevuti scanditi da un ritmo preciso a cui possiamo rispondere col parry.

Nonostante serva una certa precisione, il tutto diventa presto una danza fatta di parate al giusto istante e qualche schivata ma soprattutto di artigli. A differenza di Sekiro, infatti, non esiste una barra della postura in senso stretto ma ne esistono due, relative ai punti ferita e alla vitalità.

Il parry è necessario quanto letale.

Attaccando i nemici per prima cosa li feriamo, lasciandoli scoperti ad attacchi diretti; se però non si fa in tempo, le ferite guariscono, rigenerando la salute. Questa particolarità rende gli scontri diversi dal solito, soprattutto inizialmente, visto che bisogna essere molto aggressivi senza però mai perdere di vista la possibilità di un contrattacco nemico.

È qui che gli artigli già citati trovano il loro impiego, causando danni devastanti alla vitalità avversaria; sono però anche una ragione fondamentale nello squilibrio di gioco essendo troppo efficaci, per cui piuttosto che utilizzare la nostra unica lama o le armi pestilenziali, è sufficiente effettuare una combo “parry+artigli” per risolvere ogni problema. Inoltre, il tutto può diventare ancora più terrificante per i nostri avversari qualora attivassimo i perk adatti con i punti talento, aumentando per esempio i colpi effettuati con gli artigli.

Abbiamo anche un altro strumento a disposizione, la Piuma, utilissima per colpire dalla distanza ma soprattutto per interrompere un pericolosissimo attacco nemico lanciandola al momento giusto e causando stordimento. Se fosse tutto più equilibrato potremmo avere tra le mani un combat system abbastanza tecnico, nonostante la legnosità di certe animazioni. Purtroppo, la personalizzazione è praticamente assente, non essendoci armature o armi diverse da utilizzare oltre la nostra sciabola.

Tuttavia, abbiamo citato le Armi Pestilenziali, una meccanica che permette l'evocazione di poteri e strumenti di morte per un breve periodo. Assieme ai talenti, questo aspetto è quello più curato non solo per il loro numero ma anche per gli effetti secondari che è possibile attivare una volta potenziati adeguatamente.

Con le Armi Pestilenziali è possibile “rubare” l'arma all'ultimo nemico incontrato oppure è possibile attivarla e portarcela appresso, sbloccandola grazie ai gettoni rilasciati dagli avversari sconfitti. Abbiamo davvero l'imbarazzo della scelta, tra spadoni in grado di stordire e doppie lame rapidissime nel colpire, ma la cosa bella è che possiamo utilizzare anche le abilità dei boss. Questo significa che per potenziare al massimo tali poteri dobbiamo affrontarli più volte ma, nella maggior parte dei casi, è quasi un piacere.

Un boss ritenuto secondario ma che in realtà non lo è.

Tralasciando infatti qualche scivolone, alcuni boss sono davvero interessanti e molto puliti nelle animazioni (anche se qualche combo in più non avrebbe guastato); la telecamera poi riesce a seguire bene i movimenti la maggior parte delle volte. Non si ha mai la sensazione di essere in balia degli eventi e se si commettono errori è sempre colpa nostra.

Fin qui Thymesia è un prodotto con idee interessanti, alcune forse un po' abbozzate ma quello che fatica a colpire davvero è il comparto artistico. Le ambientazioni sono davvero poche e nessuna è particolarmente originale. From Software ci ha abituati troppo bene, evidentemente, ma è interessante notare come non basti assemblare qualche elemento un po' sopra le righe per rendere il tutto accattivante.

Il che ci porta a una riflessione su come questo genere sia davvero fin troppo legato alle idee ancestrali: c'è sempre un “falò”, c'è sempre un’IA basilare, c'è sempre il recupero delle “anime” andate perse dopo una morte. L'essere così sistematicamente portati ad avere lo stesso approccio in quasi tutti i giochi di questo stampo ricalca quanto avviene negli open world post Assassin's Creed: a un certo punto, serve che qualcuno s’inventi qualcosa di nuovo.

Intendiamoci, non è un difetto in sé, del resto parliamo del primo gioco di questo team taiwanese, eppure si avverte una certa sensazione di “già visto” che permea in tutta l'esperienza. Anche il level design non riesce a ritagliarsi il giusto spazio, finendo per risultare più caotico che complesso in certe situazioni.

Fortunatamente a livello sonoro si è fatto un passo in più, con una soundtrack decisamente orecchiabile e un sound design funzionale soprattutto durante il combat system. Il gioco non è doppiato ma non è chiaro se dipenda dalla build review e se verrà implementato successivamente.

L'escamotage dei ricordi è interessante ma non approfondito.

Thymesia è dunque un'opera prima che ricalca appieno tutti gli stilemi dei Souls visti finora ma che cerca anche di apportare al genere qualcosa di suo, almeno nel combat system. Ha l'aspetto di un prototipo in cui si sono testate le varie idee avute durante un brain storming, senza però implementarle perfettamente.

Tuttavia, il combat system è promettente e questo esordio potrebbe portare a un secondo capitolo più completo e omogeneo: Overborder Studio ha solo bisogno di lasciare il nido per spiegare davvero le proprie ali.

7 / 10