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Tomb Raider - recensione

Lara Croft torna al cinema con Alicia Vikander, ed è un'altra donna.

C'erano due rischi molto grossi ad attendere il nuovo film di Tomb Raider, da domani nelle sale cinematografiche. Il primo riguardava la protagonista, Alicia Wikander, chiamata in un sol colpo a confrontarsi col personaggio femminile più famoso nella storia dei videogame, e con la carismatica attrice che l'ha preceduta nella parte. Il secondo riguardava la trama, che non poteva essere quella dei 'vecchi' Tomb Raider per non distaccarsi dai nuovi canoni dalla serie; ma che non poteva neppure scontentare il pubblico più generalista e meno videoludens, che magari ha ancora la PlayStation 2 in salotto e Angelina Joline negli occhi.

Per nostra fortuna questi due rischi sono stati scongiurati a cominciare da Alicia Wikander, che insieme al marito in real life Michael Fassbender, protagonista del film di Assassin's Creed, forma di fatto la coppia più gaming del firmamento hollywoodiano. L'attrice svedese impersona infatti il nuovo corso di Lara Croft molto meglio di quanto non lascino intuire le locandine e il film inizia mostrandocela orfana e squattrinata a Londra, costretta a consegnare cibo a domicilio per sbarcare il lunario. I giocatori di vecchia data avranno probabilmente un sussulto ma la trama ci spiega che Lara, se volesse, potrebbe tornare subito a essere la miliardaria che ricordiamo: le basterebbe firmare il documento che attesti la morte del padre, scomparso ormai da sette anni, per entrare in possesso della sua eredità.

Ma farlo significherebbe lasciarlo andare, accettare che sia morto per davvero. E poi un briciolo di speranza, in cuor suo, ce l'ha ancora: il corpo di Richard Croft non è mai stato ritrovato e prima di distaccarsi definitivamente dal suo ricordo, meglio andarlo a cercare di persona. Dove? Sull'isola di Yamatai, a largo del Giappone, dove s'era recato per indagare sulla misteriosa figura della regina Himiko.

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Una premessa questa che ricorda molto da vicino quella del reboot di Square Enix del 2013, e che fa respirare ai videogiocatori atmosfere familiari senza però riproporre esattamente la trama ideata dai Crystal Dynamics. Il risultato è che questo Tomb Raider offre un'esperienza diversa eppure familiare, nonostante i molti cambiamenti apportati dagli sceneggiatori Geneva Robertson-Dworet e Alastair Siddons.

I puristi probabilmente inarcheranno il sopracciglio ma Alicia Vikander, lo dicevamo poco sopra, riesce a far chiudere più di un occhio grazie a un'interpretazione convincente. Il che, a ben guardare, non stupisce dato che parliamo di un'attrice che ha vestito i panni dell'androide Ava in Ex Machina e della pittrice Gerda Wegener in The Danish Girl, ruoli che le sono valsi due nomination ai Golden Globe e ai Premi BAFTA, uno Screen Actors Guild Award e addirittura un Premio Oscar come miglior attrice non protagonista.

E se all'inizio il suo viso può sembrare troppo giovane e pulito, nel corso del film assisteremo a un'evoluzione che la porterà ad assomigliare dannatamente all'ultima Lara Croft, dalla quale prende non solo arco e piccozza, ma anche la capacità di soffrire e sanguinare. Il cambio di passo rispetto alla bionica Angelina Jolie è evidente, ma nel finale c'è comunque spazio per un ammiccamento ai fan di vecchia data.

Canottiera d'ordinanza, piccozza in mano, sporca e insanguinata. Sì, Alicia Vikander regge il confronto con la nuova Lara Croft.

Sarebbe comunque sbagliato ridurre il film alla Vikander, dato che nei panni del cattivo, Mathias Volgel, troviamo un convincente Walton Goggins (Django Unchained, The Hateful Eight, Lincoln e la serie Justified). E poi c'è anche Kristin Scott Thomas, purtroppo relegata a un ruolo secondario nonostante sia un'attrice di lungo corso e con all'attivo ruoli in film quali Quattro Matrimoni e un Funerale, Mission Impossibile, Il Paziente Inglese e L'Uomo che Sussurava ai Cavalli, tra i tanti. Ma se ci sarà un seguito di questo film, la rivedremo senz'altro. Insipida invece l'interpretazione di Dominic West, che nel film interpreta il padre di Lara (ma il trucco e parrucco certo non l'aiuta, e neppure il ruolo convenzionale che gli è stato assegnato), così come la regia del norvegese Roar Uthaug, con all'attivo film noti solo ai cinefili e che non riesce mai a trovare quel guizzo che lo ponga sopra l'ordinario.

Nell'avviarsi verso la conclusione dell'articolo, anche perché una trattazione più approfondita comporterebbe inevitabilmente degli spoiler, ci sentiamo di lanciare da queste pagine un invito alle major cinematografiche.

Film e videogiochi vivono di dualismi e parallelismi dalla notte dei tempi, ma il mondo nel frattempo è cambiato. Al grande schermo s'è affiancato sempre più il piccolo, dapprima con l'avvento delle serie televisive e quindi con la nascita di servizi di streaming on-demand quali Netflix e Prime Video, che investono ormai miliardi di dollari nella produzione di contenuti originali. Al tempo stesso i videogiochi sono diventati più articolati e strutturati, maturando nella descrizione dei personaggi e nella narrazione. Tant'è che nessuno si stupisce più di passare anche 100 ore davanti a un monitor. E allora perché, in futuro, non pensare ad adattamenti per la televisione anziché per il cinema?

Nei 118 minuti di durata di questo Tomb Raider, per forza di cose non è potuto entrare il respiro di un'opera che si esprimeva in un arco temporale molto più lungo. Col risultato che gli sceneggiatori non hanno potuto tratteggiare a dovere i misteri dell'isola di Yamatai, omettendo del tutto la setta dei Solarii, le Stormguard e accennando appena quelle atmosfere alla Lost di cui era invece pregno il gioco; né mostrare tutti i momenti più spettacolari del titolo dei Crystal Dynamics, alcuni dei quali rimasti impressi nell'immaginario collettivo dei gamer. Anche la figura della regina Himiko non è uscita indenne dall'adattamento, finendo snaturata nonostante un avvio promettente.

Il physique du rôle della Vikander, se paragonato a quelle della Jolie, è un chiaro esempio di come si sia evoluto il personaggio di Lara Croft negli anni, e di come il ruolo dell'eroina si sia emancipato dagli stereotipi maschili.

Se una serie TV di Tomb Raider, insomma, la guarderemmo con entusiasmo, ciò non toglie che il film cui abbiamo appena assistito ha il non trascurabile merito di rendere onore al personaggio di Lara Croft e al suo nuovo corso videoludico. Nonostante le succitate licenze poetiche, lo spirito del gioco del 2013 è rispettato e fortemente avvertibile.

Meno spettacolare del videogioco ma comunque piacevole, il tentativo di Warner Bros. di dare alle nuove generazioni il loro Indiana Jones può considerarsi complessivamente riuscito. Le premesse per un possibile sequel sono evidenti e Rise of the Tomb Raider pare non aspettare altro che un adattamento.