Toukiden Kiwami, la risposta a Monster Hunter - recensione
A un anno di distanza, i demoni di Tecmo Koei ci provano di nuovo.
Il recentissimo (e meraviglioso) Bloodborne sta lì a dimostrarlo: i videogiocatori di oggi vogliono essere sfidati, cinicamente puniti e puntualmente umiliati. Dopo una stagione incerta, fatta di titoli accondiscendenti e permissivi, il nostalgico dei "bei tempi" ormai andati, quelli delle sale giochi che puzzavano di sudore e delle console con nomi ben più fantasiosi degli attuali, può fortunatamente consolarsi con una lunga lista di prodotti estremamente impegnativi, adatti a soddisfarne il palato.
Tralasciando i survival horror, che per tradizione si sono sempre rivolti a un pubblico ben definito, la nuova tendenza, prim'ancora che con Demon's e Dark Souls, si è imposta grazie agli hunting game capitanati dall'intransigente e profondissimo Monster Hunter. Proprio a questo filone si rifà Toukiden Kiwami, edizione riveduta, corretta e potenziata dell'originale pubblicato dalle nostre parti poco più di un anno fa, esclusivamente sulla piccola e performante PS Vita.
Il concept sfida apertamente l'ente vigile alla salvaguardia del copyright, ma all'atto pratico distanze e differenze rispetto al million seller di Capcom sono piuttosto evidenti. Al posto di gargantuesche bestie da cacciare, abbiamo famelici demoni da rispedire negli inferi. Il mondo, otto anni prima dagli eventi narrati nell'avventura, è stato invaso in massa dai così detti Oni, costringendo il manipolo di sopravvissuti a rintanarsi in piccole roccaforti difese dagli Slayer, una gilda di guerrieri addestrati che da secoli combattono queste tremende creature. La battaglia è tuttavia giunta a un momento di stallo e solo l'intervento dell'eroe di turno, opportunamente creato dall'utente utilizzando un rudimentale e modesto editor, potrà ribaltarne le sorti in favore dell'umanità.
Prima differenza con Monster Hunter: la cura risposta nella trama. Lo stile nipponico, fatto di dialoghi prolissi e tempi morti reiterati all'inverosimile, si amalgama attorno un plot generoso di colpi di scena prevedibilissimi e l'immancabile pletora di personaggi stereotipati. Un quadro piuttosto desolante e deludente non fosse per l'intrigante mitologia, architettata dagli sceneggiatori di Omega Force, che sorregge l'universo immaginifico.
Spiriti benevoli, antiche leggende e luoghi esotici vivacizzano ed espandono costantemente i contorni del mondo fantasy nel quale è immersa la vicenda, titillando efficacemente la curiosità dell'utente, così stimolato a ritornare in battaglia per scoprire cosa gli sia ancora celato. A dare una grossa mano ci pensa l'art design vicino, per alcune suggestioni che regala, ai colleghi Soul Sacrifice e God Eater. Se nelle ambientazioni, spoglie e poco originali, lascia a desiderare, tratteggia Slayer ottimamente caratterizzati e Oni affascinanti nella loro eleganza e imponenza.
Le distanze con il modello di riferimento si acuiscono ulteriormente guardando al combat system. Le basi, ancora una volta, sono simili. Il villaggio fortificato che protegge i superstiti funge da quartier generale degli Slayer, nonché da gigantesca hub. I concittadini vi importuneranno per affidarvi quest-secondarie; il droghiere elargisce pozioni miracolose; un altare, su cui sacrificare parte del bottino razziato, vi ripagherà con utili doni; il fabbro, in cambio di denaro e semplici ingredienti recuperabili durante le missioni, potenzierà le (poche) armi a disposizione. Chiude il cerchio di professionisti al vostro servizio la sensitiva, a cui vi affiderete per la gestione dei Mitama.
Trattasi di spiriti che libererete eliminando specifici target e che forniranno bonus di varia natura all'avatar, da boost di velocità a veri e propri attacchi potenziati, sotto forma di consumabili che naturalmente andranno centellinati con raziocinio nel corso delle battute di caccia. Abbinandoli alle armi equipaggiate, possono inoltre combinarsi tra loro, attivando i più disparati effetti passivi. Niente a che vedere con i complessi e profondi sistemi di crafting apprezzati altrove, ma i Mitama, oltre a differenziare l'offerta di Tecmo Koei, rispondono a una precisa scelta di game design che si ripercuote con maggior evidenza sul combat system: offrire qualcosa di più accessibile e immediato di Monster Hunter.
Che la bilancia penda evidentemente verso l'azione lo si comprende non appena si saggia il sistema che regola il consumo di stamina: solo schiavata e corsa svuoteranno la barra, gli attacchi, al contrario, sono unicamente vincolati all'esecuzione delle rispettive combo. All'atto pratico, se ciò permette un rodaggio meno traumatico per i neofiti e innalza a dismisura i ritmi di gioco, d'altra parte, oltre a suscitare lo sdegno dei puristi, comporta un appiattimento dell'esperienza, evidente soprattutto nelle missioni dove dovrete liberarvi di nemici poco potenti. In breve, sperimentata l'evidente agilità del personaggio e la libertà di movimento, si scade nel button mashing rendendo molte quest una noiosa routine.
La situazione, fortunatamente, si ribalta completamente al cospetto degli Oni più potenti. Usufruendo dell'Occhio della Verità, abilità innata del protagonista, potrete visualizzarne i punti deboli (arti, code e corna solitamente), che potrete recidere concentrando le vostre offensive, rendendo progressivamente meno feroce l'avversario. Per avere la meglio tuttavia, dovrete necessariamente imparare a difendervi, capire quando è il momento adatto per contrattaccare e, soprattutto, sfruttare saggiamente il potere dei Mitama. In questi contesti il livello di difficoltà subisce una sensibile impennata, garantendo scontri prolungati e piuttosto impegnativi.
Accedendo all'infrastruttura online, direttamente dal villaggio, fino a tre utenti pescati dalla rete potranno darvi manforte nel completamento delle quest. Grazie a un netcode solido e un matchmaking piuttosto rapido, imbastire raid punitivi tra perfetti sconosciuti o con i propri amici è un'esperienza appagante e piacevole, a patto di essere consapevoli che se da un lato rende ancora più appassionante l'abbattimento dei boss, dall'altro incrementa la facilità con cui vi disfarete dei demoni meno minacciosi.
Toukiden Kiwami porta con sé numerosissime novità rispetto all'originale. La più evidente è naturalmente lo sbarco della saga su PlayStation 4. Supportando cross-play e cross-save (ma non il cross-buy, purtroppo) con la versione per PS Vita, permette di recuperare i vecchi dati e i salvataggi. Il passaggio all'ammiraglia di Sony ha inoltre comportato un lieve adeguamento grafico. Se le origini portatili del titolo restano evidenti, com'era ovvio aspettarsi del resto, texture più definite, il filtro antialiasing e un generale ritocco all'effettistica rendono gradevole il gioco anche sugli schermi HD.
Ai sette capitoli che compongono la campagna ne sono stati aggiunti di nuovi che inscenano l'azione tre mesi dopo gli eventi precedentemente raccontati. Lo stile narrativo conserva e ripropone le stesse caratteristiche già commentate, ma si arricchisce di nuovi personaggi più riusciti e convincenti. Sono inoltre stati aggiunti tantissimi nuovi Mitama, che inspessiscono ulteriormente la gestione e la personalizzazione dell'avatar, una ventina di nuovi demoni da combattere e tre classi di armi: il naginata, famoso bastone nipponico munito di lama; la mazza ferrata, piuttosto lenta ma dagli effetti devastanti; il fucile, che grazie ai suoi attacchi a distanza cambia completamente l'approccio alla battaglia.
La nuova incarnazione dell'hunting game di Tecmo Koei rappresenta un'interessante occasione per tutti coloro che un anno fa gli preferirono altro. Le aggiunte rendono l'offerta contenutisticamente allettante, nonostante chi sia già in possesso dell'originale debba valutare con estrema attenzione un secondo acquisto: il nuovo arco narrativo garantisce diverse ore di divertimento in più ma la sostanza è rimasta assolutamente identica.
Toukiden assicura battaglie memorabili e un ritmo di gioco sostenuto ma soffre delle stesse problematiche legate a un combat system che rende molte missioni noiose sul lungo periodo: proprio per questo, i fan di Monster Hunter, potrebbero giudicarlo come un maldestro tentativo di rendere più accessibile (e facile) il genere degli hunting game