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Tropico 6 - recensione

L'evoluzione perfetta per gli amanti della serie, ma per gli altri?

Sono passati ben cinque anni dall'uscita dell'ultimo capitolo della serie Tropico. Più precisamente, facendo un paragone generazionale, Tropico 5 è arrivato nei negozi sei mesi dopo l'uscita di PlayStation 4. Di acqua sotto i ponti, insomma, n'è passata parecchia e Tropico 6 esce ora a generazione quasi conclusa con un nuovo sviluppatore al timone e un nuovo motore grafico.

Come abbiamo già ampiamente discusso nella nostra prova in anteprima di Tropico 6, lo sviluppo del titolo è stato affidato allo studio Limbic Entertainment dopo tre capitoli passati nel corso di cinque anni sotto i ferri di Haemimont Games (che lo scorso anno ha pubblicato il gestionale Surviving Mars). Questo passaggio di staffetta ha anche portato all'utilizzo del diffusissimo motore grafico Unreal Engine che, come abbiamo fatto notare nella prova, non può essere considerato un netto passo avanti rispetto al precedente motore proprietario.

Straordinariamente però, nei mesi trascorsi tra la nostra prova e l'uscita definitiva del titolo la situazione dal punto di vista tecnico sembra essere migliorata e con le impostazioni al massimo la definizione e la resa generale fanno bella figura anche nel 2019. Da una produzione a basso budget non ci saremmo comunque aspettati un'incredibile qualità tecnica, ma purtroppo restano evidenti i passi indietro compiuti sotto il profilo della qualità artistica.

Con le impostazioni al massimo, Tropico 6 fa la sua figura, anche se gli manca un tocco dal punto di vista artistico.

Ora, passando a parlare della vera carne al fuoco, è doveroso aprire una parentesi per chi non ha mai sentito parlare di questa serie. Tropico è un connubio tra gioco gestionale e city builder, in cui ci toccherà il gravoso compito di impersonare il dittatore/presidente di una fiera isola caraibica presa nel mezzo da tutti gli eventi internazionali in cui le superpotenze tentano di accaparrarsi più risorse e alleati possibili.

Il contesto è quindi sicuramente originale rispetto a tutti gli altri gestionali a cui siamo abituati, con un'ironia unica e un'attenzione al contesto socio-culturale davvero importante con fazioni interne da accontentare e potenze estere da tenere a bada. Tropico 6, però, soffre dal punto di vista del gameplay di una scarsa originalità rispetto ai capitoli precedenti della serie, anche se una novità in particolare merita tutta la nostra attenzione.

Che ci crediate o meno, fino a Tropico 5 non era possibile costruire ponti. Esatto, se si volevano collegare due lembi di terra era necessario imbrogliare il gioco costruendo e demolendo in successione strutture vicino alla riva in modo da deformare mano a mano il terreno. La principale novità di Tropico 6 sono però gli arcipelaghi, quindi mappe composte da più isole e, va da sé, che i ponti sono stati quindi finalmente introdotti.

Assieme ai ponti, però, è stato rivisto nel complesso il sistema di trasporti e di connessione all'interno della mappa. Gallerie per superare le montagne, stazioni dell'autobus per i pendolari (ma con solo due fermate per edificio) e parcheggi multipiano per chi può permettersi un'auto di proprietà (a meno che il buon dittatore non la regali a tutti i propri cittadini tramite editto). Insomma, nel complesso, quella delle vie di comunicazioni è sicuramente una novità graditissima all'interno della serie, ma che fa quasi sorridere se si pensa che Cities: Skylines è uscito quattro anni fa.

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Certo, confrontare direttamente un qualunque capitolo di Tropico con un classico city builder è una bestemmia per un fan della serie, perché effettivamente la serie di Kalypso Media ha dalla sua un sistema gestionale e micro-gestionale complesso ed invidiabile. Pensate che si arriva a poter conoscere nei minimi dettagli la vita di ogni singolo cittadino.

Ed è proprio partendo da questa idea che l'inserimento di un sistema di gestione dei trasporti si fa ancora più interessante, perché le strutture produttive funzionano solo nel momento in cui ci sono degli operai al lavoro, operai che sono effettivamente singole persone con un nome, un cognome, una famiglia, un'idea politica, una fede religiosa e una necessità di svago. Se questi singoli individui abitano troppo lontano dal luogo di lavoro, ad esempio, sprecheranno tempo prezioso di produttività.

Un'altra novità, che però ci ha lasciati interdetti, è il covo dei pirati: una nuova struttura che consente di spedire per i sette mari un manipolo di pirati (e con il passare delle epoche anche di unità più evolute) affidandogli missioni specifiche come "salvare" nuova manodopera per Tropico, trovare preziosi bottini, rapire meraviglie del mondo, sabotare avversari politici, ecc.

Diciamo che la sensazione è che tutte queste funzioni siano state incollate in modo poco armonico al gioco, senza aggiungere un reale spessore al gameplay e, anzi, inserendo un ulteriore variabile di randomicità non indifferente, visto che spesso i bottini che i pirati riporteranno a casa sono soggetti alla casualità.

Per chi non conosce la serie di Tropico questa schermata potrebbe far brillare gli occhi: possiamo vedere ogni cosa di questo cittadino preso a caso. In questo momento si sta svagando invece di lavorare. Che dite, lo assassiniamo?

La sensazione di titolo uscito già vecchio è comunque rimasta intatta anche durante le lunghe sessioni di gioco in vista di questa recensione. Per questo motivo non ci siamo spinti troppo oltre con la valutazione perché, a conti fatti, Tropico 6 è un gioco pensato per i fan della serie e che potrebbe sicuramente piacere agli amanti del genere gestionale che non hanno mai provato l'ebbrezza di vestire i panni di un dittatore caraibico.

D'altra parte, però, difficilmente quest'ultimo capitolo della serie potrà attirare a sé videogiocatori alle prime armi e non tanto per la difficoltà intrinseca (comunque non così elevata al livello normale), ma per via di una complicatezza artificiosa dovuta in larga parte ad un game design rimasto sostanzialmente invariato da qualche anno a questa parte.

Per evitare polemiche al riguardo, vorremmo subito far presente ai puristi del genere che snellire l'interfaccia utente rendendo più immediato il gameplay non significa semplificare un gioco, anzi. Ammodernare e snellire l'interfaccia utente in una serie come quella di Tropico consentirebbe di inserire un ulteriore livello di complessità nella gestione senza rendere però il gioco meno accessibile.

Più covi dei pirati assieme in una speciale missione ambientata in un'arida isola inospitale. Sicuramente un ottimo modo per far sfruttare al massimo un nuovo elemento di gioco, ma per il resto del tempo? Senza contare che il sistema con più covi ci è sembrato buggato.

Ecco perché pensiamo che Tropico 6 sia un'ottima evoluzione della serie per chi già la conosce o apprezza il genere, ma dopo cinque anni dall'ultimo capitolo avremmo voluto vedere un balzo in avanti più consistente che proiettasse il titolo verso il futuro, perché la serie di Kalypso Media ha dalla sua una potenzialità incredibile: quale momento migliore per lanciare un ironico gestionale in cui impersonare il dittatore di un'isola caraibica?

Una qualità che farà comunque piacere a tutti è la longevità dovuta a diversi fattori: all'ottimo sistema di lenta ma appagante progressione tra le epoche, alla grossa quantità di edifici e strategie gestionali ad essi collegate, all'importante numero di missioni singleplayer disponibili, alla possibilità di giocare in una mappa sandbox generata casualmente e alla modalità multiplayer fino a quattro giocatori.

Insomma, di carne al fuoco ce n'è parecchia e mentre i giocatori PC possono già indossare i panni del buon dittatore, gli utenti PlayStation 4 e Xbox One dovranno attendere una non meglio precisata data di quest'anno. Anche se su PC il digitale la fa da padroni, sappiate che nei negozi potete trovare anche l'edizione fisica "El Prez" con 4 cartoline e vari contenuti digitali aggiuntivi.

7 / 10