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Turok: Dinosaur Hunter - recensione

Un ritorno al giurassico dei videogiochi, con una punta di amarezza.

La nostalgia può essere una gran brutta bestia, un dinosauro nel nostro caso in grado di divorare anche il recensore più inflessibile. Giocando con il remaster di Turok: Dinosaur Hunter il sottoscritto è in effetti stato azzannato a più riprese, prima di contrattaccare e trovare un neo nell'operazione del publisher Night Dive Studios.

Ma procediamo con ordine, ossia dagli essenziali cenni storici: l'originale Turok: Dinosaur Hunter, uscito anche su PC, è stato uno dei titoli di punta per Nintendo 64 e tra i primi a essere disponibili per la console della casa di Kyoto nel 1997. Siamo ancora negli anni in cui la parola sparatutto difficilmente veniva pronunciata a molta distanza dalle parole "Quake" e "Doom", titoli la cui ossatura ha rappresentato la base per Turok e decine di altri FPS.

La storia, tratta dall'omonimo fumetto statunitense, vedeva il nostro protagonista impegnato a sconfiggere un crudele signore della guerra che desiderava banalmente infrangere la barriera del tempo e riportare tutto il mondo nella preistoria. Turok doveva quindi impedire la catastrofe inseguendo il suo antagonista in una terra ferma all'epoca dei dinosauri, facendosi strada a suon di coltellate, frecce, pallettoni di fucile, proiettili a fusione e via discorrendo.

S'inizia a giocare aiutati esclusivamente da un semplice coltellaccio ma ben presto potremo recuperare armi con cui ingrossare il nostro arsenale, per un totale di 14 strumenti di morte. Una menzione speciale la merita il Cronoscettro, un'arma potente in modo osceno dotata di soli tre colpi, rigorosamente non ricaricabili, e divisa in otto pezzi da recuperare in giro per i livelli.

Bisognerà fare ritorno all'hub centrale nel primo livello, quando si possiederanno tutte le chiavi per sbloccare un dato schema.

Ciascun'arma si differenzia dalle altre per cadenza di fuoco, danno, capienza del caricatore e modello grafico, ma soprattutto per la collisione dei proiettili. Alcune, come la pistola, il fucile d'assalto e il minigun, si affidano al più antico hitscan, mentre arco e fucile laser permettono di vedere il proiettile che si spara e quindi di prendere la mira con più precisione.

Queste caratteristiche, unite alla possibilità di muoversi effettuando strafe laterali, rendono gli scontri a fuoco soddisfacenti e vari, sebbene qualunque sia l'approccio che si cerchi di tenere nell'affrontare gli avversari, è veramente difficile uscire illesi da una sparatoria. L'impatto iniziale è quindi piuttosto duro per chi non sia abituato a questo stile di gioco.

Un gunplay vecchio stampo quindi, anche se l'elemento che più ci ricorda di essere davanti ad un titolo di oltre due lustri fa è la struttura dei livelli. Quello di partenza, che può essere visto come un tutorial secondario e complementare a quello vero e proprio accessibile dal menù principale, termina nel più classico degli hub: un' imponente struttura circolare di pietra, nella quale incastonare le chiavi nascoste nei livelli e che sbloccano gli schemi successivi.

C'è una più che discreta varietà nelle ambientazioni, che passano dagli spazi ampi della verdeggiante giungla a quelli decisamente più lugubri e angusti di catacombe e sotterranei, per un totale di 8 livelli davvero vasti e intricati, in cui sovente è anche necessario farsi un tuffo ed esplorare aree subacquee.

Gli avversari cercheranno di farci secchi in modi efficaci e spacconi, ad esempio cavalcando triceratopi.

La cosa più antipatica a cui ciò può portare è la perenne ricerca di anfratti e passaggi segreti dove il sadico level designer di turno ha deciso d'infilare una delle chiavi di cui si parlava poco fa, e senza le quali non si può progredire se non a forza di trucchi. Senza contare le aree bonus in cui reperire armi, armature, pezzi del Cronoscettro e potenziamenti vari, che rappresentano però obiettivi secondari.

All'uscita di Turok: Dinosaur Hunter era del tutto normale imbattersi in questi ostacoli quando si inseriva la cartuccia nella console e, anzi, era proprio quello che ci si aspettava spendendo le proprie sudate Lire. Assaggiando però la ricetta col palato di un giocatore del 2016, che pure ha consumato ore e pad sullo stesso gioco all'epoca della release originale, non si può non avvertire un certo tedio.

La vostra resistenza personale a tali dinamiche si rivelerà dunque un fattore determinante per prolungare la permanenza dello sparatutto all'interno del vostro hard disk, ed è molto probabile che ad un certo punto queste dinamiche prevarranno sul pur grande divertimento indotto dagli altri aspetti del gioco.

In ogni caso, chi consideri l'acquisto di Turok: Dinosaur Hunter nella sua versione restaurata probabilmente ha a suo tempo già sudato le proverbiali sette camicie necessarie a completarlo. C'è quindi un valore aggiunto tangibile dato da questo remaster? E la cifra richiesta per staccare un biglietto per le dolci lande della nostalgia si può considerare accettabile?

Le aree segrete spesso conducono in luoghi come questo, ricchi di potenziamenti e pericoli in egual misura.

Sì e no, rispettivamente. Qualunque PC abbiate in casa oggi potrebbe far girare Spotify, trasmettere su Twitch, generare BitCoin, cercare la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto mentre fa girare Turok: Dinosaur Hunter, senza che impatti in modo percettibile sulle risorse di sistema.

Eppure le texture aggiornate, l'illuminazione dinamica, il supporto a risoluzioni elevate, i migliorati effetti delle armi e l'aggiunta dell'antialiasing, impreziosiscono l'attempato comparto grafico senza inficiare sulla solidità del porting. L'impatto estetico non è stato stravolto da queste aggiunte, cosa che può far piacere o meno in larga parte in base al vostro gusto personale. Viene data anche la possibilità di scegliere se prediligere la combo mouse/tastiera o un controller per calarci nei panni di Turok, fatto non così scontato e che non può non risultare gradito.

In compenso, il prezzo di 20 euro pare un po' gonfiato. Il numero che trovate in calce all'articolo è trainato verso il basso da questo aspetto più che dal gioco in sé, di valore storico e sentimentale e di qualità, nonostante un gameplay appesantito dagli anni.

Accendete il vostro Nintendo 64, se vi potete concedere questo lusso, o fate partire un emulatore. Nel caso in cui la voglia di crivellare dinosauri con il vostro PC sia ancora lì con voi dopo un'oretta, saprete qual è il prezzo per levarvi questo sfizio.

7 / 10
Avatar di Matteo Tabai
Matteo Tabai: È un ragazzo abbastanza alto, appassionato di videogiochi, musica, montagna e buon cibo. Onnivoro sia a tavola che con un controller in mano, ha l'assurda pretesa di fare dei videogames la sua professione. Chi vivrà, vedrà.

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