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Tutti vogliono salire sul carro dei Battle Royale, ma chi ci riuscirà? - editoriale

L'insegnamento dei MMORPG e dei MOBA alla luce delle indiscrezioni su Call of Duty: Black Ops 4.

Superato il momento della "moda di passaggio", ormai i battle royale sono una realtà consolidata, un settore del mercato da cui nessuno vuole starne fuori. Activision potrebbe integrare una modalità simile in Call of Duty: Black Ops 4 (magari tagliando del tutto la campagna a giocatore singolo) e altrettanto vale per Battlefield V di Electronic Arts. Senza dimenticare che spuntano frequentemente nuovi pretendenti al titolo di "battle royale del momento", come per esempio Radical Heights, il nuovo titolo di Boss Key Productions di Cliff Bleszinski, Fear The Wolves di Vostok Games ed Egress. Nessuno di loro, però, può mirare a quel titolo: è già stato preso e, se la storia di questa industria ci ha insegnato qualcosa, né PlayerUnknown's Battleground né Fornite saranno detronizzati tanto presto.

Per avere un riferimento di cosa stia succedendo adesso nel genere dei battle royale basta guardare alla storia di altri due generi in particolare: i giochi di ruolo online di massa (MMORPG) e gli strategici online in tempo reale, meglio noti come MOBA. In entrambi i casi un titolo (nel primo caso World of Warcraft e nel secondo League of Legends) ha preso tutto ciò che poteva prendere, ha rappresentato e continua a rappresentare il perno del genere, ed è il prodotto da battere nonostante i molti anni di disponibilità commerciale.

Quando si parla di MOBA, di fatto si sta parlando di League of Legends e Dota 2.

World of Warcraft è nato nel 2004 e a distanza di quasi quattordici anni dalla sua uscita sul mercato è l'MMORPG più giocato al mondo. Al suo apice, attorno al 2010 con l'espansione Cataclysm che mutò profondamente l'ambientazione, ha coinvolto 12 milioni di utenti abbonati, pubblico che ormai è molto più basso (ma Blizzard ha smesso di riferire i dati ufficiali). World of Warcraft non è stato il primo MMORPG in assoluto (pensiamo a Ultima Online o a EverQuest), ma è stato il primo a offrire un'esperienza completa che ha avuto un consenso incredibile.

Negli anni tantissimi hanno cercato di spazzare via il dominio di World of Warcraft (da Guild Wars e Star Wars: The Old Republic a The Elder Scrolls Online) senza dimenticare altri che, invece, volevano soltanto un pezzo degli enormi profitti che questo genere continua a generare. Tanti hanno però dovuto cedere rimuovendo la barriera dell'abbonamento a pagamento e tentando la strada della gratuità.

Il motivo per cui è tanto difficile inserirsi va senz'altro ricercato nella grande qualità che già World of Warcraft è riuscito a fornire. Pur con i cambi di ambientazione e le nuove dinamiche, il resto sono state sostanzialmente variazioni sul tema: World of Warcraft, insomma, aveva già saziato (e continua a saziare) gran parte della fame degli appassionati del genere.

Il gioco di ruolo online di Blizzard è il titolo da battere da quattordici anni.

In casi come questo, dove l'esperienza può letteralmente durare anni, va inoltre considerato un altro elemento: l'investimento sia di tempo, sia di denaro. Dopo aver speso centinaia di ore per far crescere il proprio avatar, aver creato una propria comunità di giocatori e aver, insomma, fatto un importante investimento in tale esperienza, è difficile pensare di staccarsi da quel gioco per buttarsi da un'altra parte e ricominciare tutto da capo.

Si tratta di una versione videoludica del "chi prima arriva meglio alloggia", ulteriormente accentuata da quelle esperienze free-to-play dove la monetizzazione passa attraverso le microtransazioni, e i soldi spesi sono un ottimo motivo per restare.

E anche se ci fossero persone che saltano da un MMORPG all'altro, non sono il tipo di pubblico a cui i produttori mirano: il loro obiettivo sono i giocatori disposti a dedicare mesi del loro tempo libero ai propri videogiochi online, perché sono loro il pubblico da cui traggono il maggiore profitto.

Nel caso degli MMORPG è stato World of Warcraft mentre nel mondo dei MOBA è stato League of Legends e il discorso resta lo stesso. Forse il caso dei MOBA è ancora più rappresentativo perché mentre alcuni esponenti dei giochi di ruolo online sono comunque riusciti a farsi notare, nel caso dei MOBA parlare di genere suona quasi assurdo; di fatto, ci sono soltanto League of Legends e Dota 2, e poi spauracchi momentanei qua e là, che sono accorsi dopo che la produzione firmata da Riot Games ha fatto "esplodere" l'interesse.

Oltre a quelli che ci provano, vanno citati quelli che hanno fallito. E se Epic Games è riuscita, con Fornite, a farsi breccia con successo nel segmento dei battle royale, è recente il suo fallimento nel segmento dei MOBA. Fra pochi giorni, il 26 aprile, i server di Paragon chiuderanno ufficialmente; i suoi asset, del valore di ben 12 milioni di dollari, sono stati inclusi direttamente nell'Unreal Engine 4. La disfatta è stata tale che Epic Games ha anche rimborsato totalmente i giocatori.

LawBreakers è uno dei molti esempi di titoli che hanno provato a seguire la moda del momento, finendo col farsi male.

L'altro caso è LawBreakers, un prodotto che ha mischiato le caratteristiche degli sparatutto in soggettiva con quelle dei MOBA, tentando quindi di percorrere una strada diversa. Vuoi per il peso dell'ombra di Overwatch (nonostante Bleszinski disse che potevano coesistere), vuoi perché semplicemente non è riuscito ad attirare i giocatori, nel frattempo coinvolti dal maremoto di produzioni come PUBG e Fornite che nel 2017 hanno attirato su di sé l'attenzione, è stato abbandonato da Boss Key Productions in favore di Radical Heights, il battle royale di cui vi abbiamo anticipato nelle prime righe di questo articolo. Nemmeno l'idea di renderlo un free-to-play è sembrata sufficiente per galvanizzare le sorti di un titolo che, evidentemente, non aveva più speranze sul mercato ed è stata scartata.

Caso simile a LawBreakers è Battleborn di Gearbox Software e 2K Games, che sin da primi mesi ha mostrato una certa fatica nel decollare. Il gioco non ha raggiunto la stessa sorte funesta ma fra recensioni modeste e una tiepida accoglienza dei giocatori, i responsabili hanno deciso dapprima di affiancare alla versione convenzionale un'altra gratis, dove la modalità multigiocatore fosse completamente gratuita (ma con contenuti a pagamento), e poi, lo scorso settembre, di non produrre più contenuti aggiuntivi. I server almeno per ora resteranno attivi, ma è chiaro che questa decisione ha scolpito la parola “fine” sul futuro di Battleborn.

Nemmeno le produzioni supportate dalle grandi case di sviluppo come Star Wars: The Old Republic, sono riuscite a sostenere la sfida di World of Warcraft.

Chi volesse davvero riuscire ad avere un destino migliore dovrebbe pensare a dinamiche molto diverse innovative. Di fatto ciò che sarebbe creato potrebbe persino non definirsi più un battle royale, tanto dovrebbe essere un mutamento per evitare di essere schiacciati dall'ombra di chi è arrivato prima.

Non sono mode temporanee, ma di fatto lo stesso discorso vale per i giochi di calcio (il binomio FIFA e PES esclude da subito qualsiasi Pure Football del momento) o per gli sparatutto in soggettiva (Call of Duty e Battlefield sono ormai i due leoni).

È difficile quindi pensare che dopo il grande successo di PUBG (oltre 700 milioni di fatturato nel 2017) e di Fornite, qualcun altro possa prendere una fetta della torta: i piatti sono finiti e Bluehole ed Epic Games sono l'unica pasticceria in città.