Tutto il fascino delle armi medievali - articolo
La spada ferisce in molti modi.
Falcioni con asta, picche, berdiche, alabarde, partigiane, lance da fanteria e da cavalleria. Giavellotti, arbaleste, balestre, archi lunghi, claymore, spadoni Zweihänder, spade con elsa a cesto e falcioni. Mazzafrusti, clave, mazze chiodate, martelli d'armi, asce da battaglia e naturalmente anche spade a due mani. Se avete giocato ad un RPG con ambientazione fantasy o a qualcuno dei tanti giochi action o di strategia a tema storico, sarete già a conoscenza della quantità impressionante di armi medievali che si possono trovare al loro interno. Tutto l'arsenale medievale ha avuto un enorme impatto sui videogiochi sin dai primi tempi e la loro onnipresenza li ha fatti sembrare una parte naturale e fondamentale di molti mondi virtuali.
Questi oggetti traggono ovviamente ispirazione dalle armi vere che hanno mutilato e ucciso un'infinità di persone reali nel corso dei secoli, e pur essendone tutti noi consapevoli, le armi medievali sono comunque diventate estranee e lontane dalle loro radici storiche. In parte, questo è dovuto alla nostra memoria breve: il trascorrere di qualche secolo è per noi sufficiente a smussare il senso di realtà di qualsiasi cimelio storico. Un altro motivo è che sono diventate un tema ricorrente della narrativa di genere. Nel nostro immaginario moderno, le armi medievali si sono saldamente legate alla narrativa fantasy così come al dramma storico e nessuno riuscirà mai a scindere del tutto questo legame.
Le armi sono state però rimodellate e riviste per adattarsi alle nostre concezioni moderne di potere, libertà ed eroismo, con l'irresistibile figura dell'eroe-avventuriero che forgia il proprio destino. Da Diablo a Baldur's Game, da The Witcher a Skyrim, la logica che sta alla base della violenza rimane la stessa. Le battaglie conducono all'acquisizione di un bottino e di un equipaggiamento più forte, che a sua volta consente ai nostri eroi di intraprendere scontri più pericolosi. La ruota continua a girare e noi non possiamo che seguire quella strada, ottenendo strumenti di distruzione sempre più potenti. All'apparenza si tratta di oggetti che permettono di risolvere problemi, ma di fatto, essi rappresentano la promessa di un'avventura eccitante, rappresentando allo stesso tempo il potere di dominare e rafforzare il nostro volere in questi regni fantasy. E in quanto tali, questi oggetti vengono resi dei feticci. Dettagli visivi stravaganti ed effetti speciali segnalano a noi giocatori la rarità o il potere di un'arma, trasformandola in un ornamento o in un oggetto che determina uno status symbol.
Se da una parte, la violenza effettiva in questi mondi fantastici è spesso giustificata da una lotta tra il bene e il male, dall'altra il sangue e la ferocia che ne derivano sono riusciti a catturare da sempre la nostra immaginazione. La maggior parte dei giochi, infatti, persino RPG più famosi come Skyrim o The Witcher 3, non resistono dall'assecondare un'estetica fondata sulla crudeltà e la barbarie, mostrandoci la macabra devastazione causata da questi strumenti di morte.
Sangue che sgorga dalle ferite e che resta attaccato alle lame, teste e braccia tagliate che roteano in aria, uccisioni speciali e animazioni di gloriose esecuzioni in slow-motion. Questa loro ferocia è in netto contrasto con il modo in cui vengono rappresentati nei videogiochi gli effetti puliti e privi di sangue delle pistole moderne, andando ingenuamente a suggerire che la violenza e la guerra moderne siano in qualche modo più civili di quelle dei nostri antenati.
Giochi come For Honor, Mount & Blade, Chivalry o War of the Roses celebrano i massacri medievali con cupo nichilismo, permettendoci di colpire incessantemente le orde di nemici intorno a noi senza alcuna giustificazione etica. Le parole d'ordine sono: forza uguale giustizia e il fine giustifica i mezzi. Lo stesso si può dire del brutale spettacolo offerto dalla serie di Total War, in cui le orde di soldati che si scontrano stuzzicano quel desiderio represso proto-fascista per le dimostrazioni di potere.
Questi giochi tratteggiano un ritratto tetro e crudo della violenza storica, i famosi "tempi oscuri" dell'immaginario popolare, e offrono uno sguardo in parte malizioso e in parte malinconico di un passato immaginario, in cui l'istinto alla distruzione della nostra identità collettiva non era ancora stato addomesticato dalla civilizzazione e la violenza non era ancora regolata da codici morali e leggi provenienti dal potere pervasivo dello Stato. A tale proposito, l'assassino e l'eroico avventuriero usano le armi per perseguire la stessa fantasia: volontà e autorità incondizionate e libertà di seguire i propri impulsi senza badare alle conseguenze.
C'è però anche un ristretto gruppo di giochi che si discosta da questa fantasia. In Dark Souls, ad esempio, l'eroe è una figura essenzialmente dannata, forse persino tragica e le armi di questo mondo sono anch'esse conflittuali, apparendo talvolta come mitiche e romantiche vestigia di un'epoca lontana e idealizzata, altre volte invece come crudeli strumenti di uccisione o addirittura entrambe le cose. In Hellblade, le armi di Senua sono ricontestualizzate per essere utilizzate nella sua lotta contro i demoni interiori, come metafora della sua volontà di affrontare la propria malattia: una legittimazione dell'uso delle armi decisamente diversa.
Quello che vediamo riflesso nella lama non è il passato, ma i nostri desideri e le nostre preoccupazioni. Le persone che vivevano all'epoca dei cavalieri (le cui armi abbiamo così prontamente rivendicato per le nostre finzioni storiche) avevano le proprie personali idee sulle armi, sul loro significato e sul modo in cui dovevano essere utilizzate. Una delle loro funzioni principali, era quella di comunicare il proprio status sociale: la spada e la lancia erano simbolo della cavalleria, ai cui membri spettava il monopolio della violenza.
Spesso ai contadini era proibito invece di portare armi, soprattutto quelle associate alla cavalleria. Il codice cavalleresco imponeva di combattere con onore, una pratica idealizzata nell'epica e nei racconti. Il combattimento prevedeva un duello uno contro uno, da svolgersi inizialmente a cavallo per mezzo di lance e, successivamente, una volta che uno dei due combattenti veniva buttato giù da cavallo, a terra con le spade. Inoltre, il vincitore non era costretto ad uccidere il nemico, ma piuttosto a prenderlo come ostaggio.
Anche se le battaglie reali si svolgevano molto raramente in questo modo, questi ideali non erano soltanto delle pure e semplici fantasie della mente, ma venivano messi in atto in battaglie simulate, come le giostre. Che si tratti di letteratura, arte o realtà questi duelli avevano sempre a che fare con l'estetica: il luccicare di armi ed armature, così come le diverse sfaccettature delle lance venivano mostrati ancora e ancora, e rappresentavano i momenti più importanti del combattimento cavalleresco. Il Codex Manesse è una raccolta di poesie cortesi, i cosiddetti "Minnelieder" ( canzoni d'amore), appartenente all'inizio del XIV secolo e famoso soprattutto per i ritratti dei suoi poeti. Questi poeti erano però anche cavalieri, ed è proprio questa la veste con cui sono stati raffigurati.
Alcuni di loro vengono rappresentati mentre svolgono attività pacifiche, ma anche in quei momenti, le loro spade e gli stemmi sono ben visibili. Diversi ritratti rappresentano i poeti in scene di battaglia, molti dei quali seguono il modello dei duelli a cavallo con le lance. Spesso, questi combattenti vengono raffigurati nell'atto di affrontarsi di fronte allo sguardo di nobildonne. Mostrarsi degni e valorosi agli occhi di una venerabile dama era, dopotutto, una delle ragioni principali che spingeva i cavalieri ad affrontarsi e che dava loro il coraggio di buttarsi nella mischia del combattimento (almeno nella poesia cortese).
È difficile dire se alcuni di questi ritratti mostrino battaglie vere o finte ma, in entrambi i casi, le raffigurazioni e il contesto romantico, allo stesso modo idealizzati e glorificati, non escludono mai gli spargimenti di sangue, né le morti o le mutilazioni. In una scena di duello si può vedere una spada che spacca in due la testa di un cavaliere, con il sangue che sgorga attraverso l'elmo diviso a metà, mentre le dame osservano l'evento dall'alto preoccupate. Un'altra scena mostra una carneficina totale, in cui un gruppo di cavalieri ne massacra un altro, sempre davanti agli sguardi delle spettatrici. Questa tranquilla convivenza di romanticismo cortese, eroismo cavalleresco e sete di sangue ci è estranea, ma era un elemento comune nella letteratura del tempo.
La Bibbia Maciejowski, che mostra raffigurate scene dell'Antico Testamento come se fossero ambientate nella Francia del XIII secolo, fornisce una vivida impressione di come s'immaginava la guerra all'epoca dei cavalieri. Molte di quelle miniature mostrano una violenza estrema, guerrieri fatti a pezzi, calpestati sotto gli zoccoli dei cavalli da guerra, o in un caso specifico, persino tagliati a metà da un enorme falcione. Questi feroci spettacoli sembrano riecheggiare la violenza dei videogiochi moderni. È però importante ricordare che questi spargimenti di sangue inauditi fanno la loro comparsa nel contesto morale e spirituale di una Bibbia, probabilmente commissionata e voluta da un facoltoso membro di quella stessa classe guerriera e nobile rappresentata nelle miniature.
Se da un lato l'esistenza stessa di questa forma d'arte così complessa mostra ironicamente quanto sia falsa l'idea di Medioevo come di un'epoca primitiva e cupa dominata da una violenza continua e arbitraria, dall'altro il massacro raffigurato nella Bibbia Maciejowski fa sembrare i giochi più violenti come roba da bambini in confronto. A differenza della maggior parte dei giochi non c'è nulla di esagerato in quelle immagini. Almeno per quanto riguarda occhi moderni come i nostri, queste raffigurazioni sono scioccanti piuttosto che eccitanti, soprattutto per la loro vicinanza storica a quelle che sono le scene reali della brutalità medievale. Esse servono a ricordarci che, nonostante gli eccessi e tutti i vari ornamenti cavallereschi, le fantasie che riguardano la sete di sangue di epoca medievale a cui fanno ricorso così tanti giochi, sono basate su vere esperienze umane. Poeti e amanti. Eroi e avventurieri. Guerrieri e massacratori.
La spada ferisce in molti modi e, anche se i suoi significati sono mutati nel corso del tempo, essa ha mantenuto tutta la sua complessità e ambiguità. Ordine e caos, bellezza e orrore, virtù e crudeltà sono lati della stessa medaglia, a cavallo tra realtà e fantasia, due elementi in questo caso difficili da distinguere. Il fascino delle armi medievali probabilmente non scomparirà mai, ma si adatterà per riflettere i desideri e le esigenze dell'umanità in continua evoluzione. Se solo più giochi riuscissero a riconoscere che le spade sono qualcosa di più di un semplice strumento di default che consente di sentirci più forti per qualche ora del nostro tempo.