Two Worlds II
È ora di voltare pagina!
Two Worlds, il GdR di Reality Pump, non era certo esente da difetti, e il team di sviluppo come prima cosa dovrà compiere un bel lavoro lavoro anti-bug per far ricredere la stampa circa la bontà del loro operato.
Abbiamo avuto la possibilità di dare un’occhiata a una versione molto preview del gioco, e quindi è ancora troppo presto per dire se Two Worlds II riuscirà ad arrivare nei negozi privo di problemi tecnici. Ad essere sinceri, però, qualche miglioramento qua e là si comincia già a intravedere.
Mentre lo sviluppatore polacco, Reality Pump, resta a capo del progetto, TopWare, il publisher, sta seguendo altri aspetti legati alla produzione del gioco (in particolare la sceneggiatura e il doppiaggio), nella speranza che questa cooperazione dia risultati migliori rispetto al passato.
La storia è ambientata sette anni dopo la conclusione del primo Two Worlds, con gli orchi definitivamente sterminati dal malvagio Gandohar. Ma, tenendo da parte la questione narrativa, la prima cosa che balza agli occhi di questo sequel è che l’impatto visivo non è per niente sgradevole.
Mentre ci aggiriamo in un enorme dungeon ci accorgiamo di come l’engine grafico sia stato opportunamente migliorato. Gli elementi che compongono lo scenario di gioco sono tanti e tutti hanno una loro “vitalità”, dalle torce che fiammeggiando fanno luce, alle ombre in tempo reale che caratterizzano le zone in chiaroscuro.
Reality Pump ha creato tre versioni del suo motore Grace, una per ogni piattaforma (PC, PS3 e 360), e le differenze tra questo sequel e gli ambienti privi di vita del suo predecessore sono decisamente evidenti.
Non si tratta soltanto di un miglioramento nella tecnologia. L’hands-on di questa demo ci ha permesso di intuire una ricerca più accurata nella regia, con la telecamera che a volte stacca dalle scene in-game, per entrare nel dettaglio di un determinato avvenimento. Inoltre il nuovo sceneggiatore, che ha nel suo curriculum anche Dead Space, ha creato un mondo fantastico ma al tempo stesso ironico e in grado di garantire un buon ritmo di gioco.
Gli esempi, in questo senso, sono molteplici. L’esplorazione dei dungeon sarà raddoppiata, l’interazione con gli oggetti verrà approfondita (abbiamo trovato dei libri in cui ci venivano raccontate le origini di quel mondo) e il sistema di combattimento potrà contare su una serie di armi inedite. Senza dimenticare l’importanza dei dialoghi, vero punto d’incontro tra ciò che dobbiamo fare in termini di quest e l’evolversi della storia.
Se poi ci avventuriamo fuori dal dungeon, le cose sono addirittura migliori. Lo scenario è assolutamente amabile e caratterizzato da una bella varietà dal punto di vista del design. In tutto stiamo parlando di un mondo che è più grande del 33% rispetto al precedente capitolo, con foreste e città dalla forte ispirazione persiana, e mercati con piazze e templi orientaleggianti.