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Unexplored 2 The Wayfarer's Legacy recensione, un RPG al sapor di Dungeons & Dragons

Lasciate che il gioco sia il vostro dungeon master.

In questi giorni, complice la quarta stagione di Stranger Things, Dungeons & Dragons è sulla bocca di tutti. Chi ci ha giocato almeno una volta lo sa bene: ci sono poche cose al mondo come il celeberrimo gioco di ruolo che ha conquistato generazioni di appassionati del fantasy. Tuttavia, Unexplored 2: The Wayfarer's Legacy, sequel del fortunato titolo di Ludomotion, riesce a ricordare le atmosfere di D&D trasponendole in un peculiare RPG.

Non è facile essere all’altezza di questo paragone pregno di ricordi: chi non ha mai lanciato un D20 sperando con tutto il cuore in un colpo critico che potesse salvare le sorti del party? O di riuscire in un tiro salvezza per scampare a un evento nefasto? Unexplored 2: The Wayfarer's Legacy non prevede alcun lancio di dadi né team di giocatori da guidare nel corso dell’avventura: quel che il gioco ci offre è un impianto RPG procedurale in bilico tra roguelike, action e stealth. E in cui la morte saprà essere più spietata che mai.

Cultura, etnia, background, equipaggiamento: l’editor di creazione dell’avatar offre una vasta gamma di opzioni da scegliere o da sbloccare.

Nei primi momenti di gioco sceglieremo, oltre che una delle quattro difficoltà disponibili, le fattezze del nostro alter ego. In modo del tutto semplificato ci troviamo dinanzi alla creazione di una rudimentale scheda del personaggio in cui delineare tanto l’aspetto fisico e l’etnia dell’avatar quanto le sue abilità che potranno tornarci utili nel corso dell’avventura. Oppure, se vogliamo lasciarci guidare dalla sorte, sarà il gioco a creare un personaggio per noi in modo del tutto casuale.

Giochiamo nei panni del Viandante, il quale riceverà una missione importantissima: distruggere lo Scettro di Yendor, artefatto che potrebbe mettere a repentaglio le sorti del mondo, avventura per la quale sarà necessario attraversare il continente di gioco in lungo e in largo.

Come il team di Ludomotion tiene a sottolineare, ci troviamo in un RPG generato in modo procedurale: le avventure non saranno mai uguali a se stesse. Una volta iniziato il viaggio con il nostro eroe, la sfida sarà completare le main quest senza morire e, di conseguenza, incorrere nel permadeath. Una volta caduto in battaglia, il nostro avatar non tornerà più (nonostante sia possibile ricrearlo fedelmente), ma il mondo di gioco rimarrà lo stesso e muterà in nostra assenza.

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Dopo la morte del nostro personaggio, infatti, Unexplored 2: The Wayfarer’s Legacy ci mostra una schermata dal retrogusto tabletop (come non pensare alle pedine di Carcassonne!) in cui osserviamo gli inesorabili cambiamenti del mondo, come l’avanzata di mostri e nemici che attaccano e si impadroniscono di zone alleate.

Una volta sulla mappa, il nostro obiettivo è muoverci verso l’obiettivo della quest desiderata semplicemente selezionando il percorso che riteniamo più appropriato, ma la strada è irta di pericoli segnalati tramite dei simboli di avvertimento. Un terreno brullo che decurta i nostri punti salute, una strada che ci affaticherà, uno scontro imprevisto con la popolazione locale: i malus sono sempre in agguato.

Nel caso in cui l’imprevisto in cui inciampiamo sia una battaglia, dovremo attraversare una mappa piuttosto piccola per raggiungere il sentiero per proseguire l’avventura. In questa fase, gli scontri sono solitamente facilmente risolvibili: combattere non è obbligatorio e in molti casi schivare gli avversari può rivelarsi la soluzione più intelligente per evitare di perdere preziosi punti vita. Diversi sono i dungeon di snodo delle main quest, decisamente più strutturati e più impegnativi sia dal punto di vista degli scontri che del game design con molteplici puzzle ambientali nascosti al loro interno.

Gli anni passano, il caos resta…

Come si può intuire dalla struttura del gioco, l’esplorazione ha un ruolo molto più preponderante rispetto al combattimento in Unexplored 2: The Wayfarer’s Legacy. Proprio come in ogni RPG che si rispetti, è fondamentale parlare con quanti più NPC possibile per venire a conoscenza, oltre che di informazioni e indizi sull’avventura, della posizione di punti d’interesse che ci condurranno a quest secondarie.

Interessante è l’introduzione dei punti fortuna mediati da sigilli per portare a termine alcune azioni. Se Dungeons & Dragons ci spinge, ad esempio, a lanciare un D20 per convincere un mercante a scambiare con noi la sua merce, in questo caso il gioco semplifica l’idea condensandola in una sorta di lotteria nella quale toccherà a noi estrarre un bussolotto contenente l’esito positivo.

Questa meccanica è ben presente all’interno del gioco, tanto nelle conversazioni con gli abitanti delle varie città quanto nel corso dell’esplorazione, utile per risolvere azioni come arrampicarsi o scendere da un dirupo in modo indolore. Questa estrazione influisce anche sulle abilità di negoziazione con i popoli stranieri di cui brulica il mondo: a volte dovremo necessariamente attraversare un territorio ostile per raggiungere il nostro obiettivo, ma puntando sulla diplomazia potremo sfuggire alla battaglia.

Quando i punti salute scarseggiano, è il caso di trovare un posto dove bivaccare e rifocillarsi.

Ma non tutte le battaglie possono essere evitate, specialmente se ci imbattiamo in nemici particolarmente aggressivi. Veniamo così alla nota dolente di Unexplored 2: The Wayfarer’s Legacy: il sistema di combattimento, che abbiamo trovato alquanto macchinoso. La molteplicità di azioni possibili (attacco, parata, parry e avanzamento furtivo) si sposano male con le fasi più concitate del gioco, che evidenziano i limiti del comparto tecnico. Il tutto diventa ancora più problematico avendo a disposizione due set diversi di armi (uno magico e uno da mischia) e uno scudo per le parate, trasformando i tentativi di una battaglia contro dei nemici più sfidanti in un KO quasi certo.

Al termine degli scontri non riceviamo alcun punto esperienza (il che ci incentiva più a evitare le battaglie che a cercarle attivamente) e, proprio come in D&D, ci sono tante, tantissime variabili da tenere d’occhio e memorizzare, rendendo il titolo difficile da assimilare nelle prime ore di esperienza videoludica.

Prima di lasciare una città abbiamo riposato a sufficienza? Abbiamo bisogno di calzari nuovi? E il cibo per l’avventura? Lo zaino contiene il necessario per metter su un giaciglio d’emergenza per recuperare le energie? Pozioni ne abbiamo? E abbiamo abbastanza risorse da scambiare coi mercanti per ottenere oggetti di potenziamento?

Che la Dea Bendata possa sorriderci…

Ogni avventura richiede una minuziosa preparazione per non rischiare di morire già nei primi livelli, nonostante la possibilità di personalizzare il gameplay con dei trucchi (ben segnalati nel menù delle opzioni) che ci consentono di apportare sostanziali modifiche alla difficoltà del gioco, per esempio depotenziando i nemici o aumentando i punti salute. Queste impostazioni, tuttavia, non sono abbastanza per limare la curva di difficoltà.

Se da un lato abbiamo un ottimo comparto artistico, con una bella grafica dai colori pastello a impreziosire i livelli e una colonna sonora che supporta alla perfezione le atmosfere fantasy di Unexplored 2, dall’altro manca uno storytelling che possa stare al passo con la direzione artistica. Nonostante l’evidente sforzo di caratterizzare una moltitudine di NPC, lasciare che l’intero gioco (trama inclusa) sia generato proceduralmente è stato un enorme rischio. Ed è questo il bello e il brutto di questo gioco.

7 / 10