Vampire The Masquerade - Swansong Recensione, la rinascita del cigno
Dopo uno sviluppo travagliato possiamo dare il bentornato al Mondo di Tenebra.
Il rapporto tra il “Mondo di Tenebra” e i videogiochi è stato sempre piuttosto turbolento. Nessuno dei titoli creati infatti è riuscito nell'impresa di replicare lo straordinario successo dei giochi di ruoli cartacei, dei quali Vampire: The Masquerade è sicuramente capofila.
Dall'anno della sua ideazione (1991) a opera di Mark Rein Hagen, le cospirazioni vampiresche dietro il mondo che tutti conosciamo hanno affascinato milioni di giocatori e, nonostante le semplificazioni all'impianto ruolistico avvenute nel 2004, ha continuato imperterrito la scalata al successo. A un certo punto si pensò di traslare tutto in salsa videoludica ma come detto, senza mai riuscire a “sbarcare il lunario”.
Dopo Vampire: The Masquerade – Redemption è stato il primo Bloodlines a restituire pienamente le atmosfere del gioco di ruolo, apprezzatissimo ancora tutt'oggi e che sorprendentemente avrà un suo sequel proprio quest'anno. Sorprendentemente perché questo capitolo fu un fallimento a livello di vendite, ostacolato da Valve e l'uscita imminente di un certo Half-Life 2 ma nonostante ciò, si è sempre trattato di un titolo riconosciuto come perfetta trasposizione videoludica del Mondo di Tenebra.
Vien da sé che le aspettative intorno a Vampire: The Masquerade – Swansong siano alle stelle per gli appassionati, anche se ci troviamo in tutt'altro ambito. Siamo di fronte a una struttura da avventura grafica in stile Telltale o Dontnod ma estremamente più profonda e dai risvolti davvero imprevedibili, un CRPG in piena regola (Classic Role Play Game), diretta trasposizione delle regole e delle meccaniche presenti nel cartaceo. Ovviamente è stato fatto qualche sacrificio e semplificazione ma di base, giocando Swansong si ha la sensazione di trovarsi attorno a un tavolo con pezzi di carta e dadi di plastica.
Questo perché il lavoro di Big Bad Wolf trasuda passione e soprattutto rispetto per un mondo che ha davvero tanto da raccontare, tra intrighi politici, labili alleanze e un rapporto tra i vari personaggi in scena che può cambiare da un momento all'altro. Ambientato a Boston, i vampiri vivono tra gli esseri umani a loro insaputa, uno dei principi della Masquerade, la società segreta che cela al mondo questi esseri.
Con la speranza di salvaguardare i clan del nord America dopo la “caduta” di Londra, il Principe Hazel Iversen viene invitato a siglare un delicato accordo per la fornitura di sangue con un'altra fazione ma qualcosa va storto, facendo precipitare tutto nel caos a seguito di un attacco senza precedenti. Saranno Galeb, Emem e Leysha i protagonisti delle vicende, sfruttando le loro peculiarità per risolvere i misteri e le macchinazioni dei vari clan e soprattutto della Seconda Inquisizione.
Il primo impatto può inizialmente spaventare: per chi non ha dimestichezza col Mondo di Tenebra, trovarsi davanti a un codex infinito di clan, personaggi, sette, azioni e organizzazioni può risultare straniante, soprattutto per i personaggi principali che partono già con una biografia molto accurata, raccontando l'intero background dei protagonisti e molti dei personaggi con cui interagiremo.
La mole di testo solletica sicuramente l'appetito di chi voglia approfondire sin da subito il tutto ma, in un titolo narrativo come questo, spesso si ha l'impressione di aver messo per iscritto qualcosa che non si ha avuto il tempo di mostrare in-game. Ciò si spiega in parte per l'intricato sviluppo del titolo, con pesante rinvio e difficoltà logistiche dovute alla pandemia.
Swansong è infatti un videogioco pieno di concretezza ma che lascia trasparire gli spigoli, già a partire dal comparto tecnico. Questo è uno di quei casi in cui questo aspetto detiene una grossa rilevanza: pensateci, in fin dei conti assistiamo quasi sempre a cutscene cinematografiche in cui personaggi interagiscono tra loro, parlando per la maggior parte delle volte.
In tal senso abbiamo avuto diverse interpretazioni come la patina di cel-shading Telltale o il realismo di Quantic Dream, visto soprattutto in Detroit: Become Human, ma qui è difficile non notare una certa arretratezza tecnica che purtroppo inficia sulla godibilità di quanto mostrato. Si dice spesso che la componente tecnica sia quasi un orpello, qualcosa per risaltare una struttura di gioco che prima di tutto deve intrattenere e divertire, ed è vero e Swansong da questo punto di vista ci riesce ma è difficile non storcere il naso su animazioni facciali davvero sotto la media e che faticano a restituire tutto l'intricato mondo di emozioni dei personaggi.
Se i vari ambienti di gioco ne escono abbastanza bene, con un gran numero di dettagli a schermo e un buon sistema di illuminazione, sono proprio i personaggi a fiaccare l'intera esperienza, a volte con risultati davvero buffi tanto da richiamare i fasti di Mass Effect Andromeda, se non peggio.
È raro che nella disamina di un videogioco si parta dalla componente tecnica ma è impossibile far finta di nulla, quando la maggior parte del titolo è composta da scene di intermezzo. Fortunatamente, dove non arriva la tecnica arriva l'arte, in grado di restituire un mondo affascinante e in grado di comunicare tutti gli aspetti dietro la Masquerade. Nonostante alcune sezioni oniriche, in cui si può spingere l'acceleratore su alcuni vezzi grafici, lo stile non si distacca mai da un certo realismo in cui sì, esiste una società segreta di vampiri ma non ci si abbandona alla classica visione di sfarzo e teatralità che siamo abituati a vedere.
Prima di tutto esistono la finanza e la politica, e facendo un giro nella Torre d'Avorio (che potremmo definire l'hub di gioco) lo si percepisce in ogni anfratto. È questo uno dei punti di forza di Swansong, l'essere riusciti a ricreare in-game tutte le atmosfere artistiche e visive, oltre all'incredibile mole narrativa (background e non) su cui si poggia l'intera opera. E queste fondamenta sono davvero molto solide.
Al contrario dunque della “concorrenza”, il lavoro Big Bad Wolf lascia piena libertà d'approccio, in cui certamente si hanno degli obiettivi da raggiungere ma il come farlo è totalmente demandato alle scelte del giocatore. In questa situazione, qualora perdessimo un dialogo o un qualunque indizio, sono insomma cavoli amari. Ma in fondo, è questo il bello.
Sono due le basi su cui poggia il titolo: una pienamente esplorativa in terza persona e una incentrata interamente sui dialoghi che molto spesso prendono la forma di vere e proprie battaglie dialettiche in cui non contano solo le abilità “umane” come retorica o empatia ma anche quelle vampiresche, con cui controllare letteralmente la mente dell'altro interlocutore.
Alcuni di questi scontri prendono l'aspetto di vere e proprie boss fight, mutuate dal precedente lavoro del team (The Council). È qui che tutte le scelte fatte nella costruzione del proprio personaggio, in base ai punti esperienza accumulati, possono rivelarsi fallaci o geniali, ma tutto dipende ovviamente da quella iniziale.
Vampire ci offre la possibilità di partire con dei preset, un modo rapido per indicare la direzione da prendere e come approcciare il titolo con Galeb, Emem e Leysha. Potremo infatti scegliere tra Investigativo che permette una migliore raccolta di informazioni; Versatile, che permette una maggiore possibilità di interazione ma con meno padronanza; infine Veterano, che basa tutto su dialoghi e aspetti che interessano la fisicità. Il quarto è quello Libero, in cui potrete plasmare il vostro personaggio in base alla vostra indole ma fino a un certo punto.
Non bisogna mai dimenticare infatti che si tratta pur sempre di personaggi già caratterizzati e con peculiarità derivanti dal clan di appartenenza (oltre che dal loro background). Emem è ad esempio è appartenente ai Toreador, cresciuta sempre sotto i riflettori ed estremamente appariscente. Vista la sua esperienza tra i vari club che gestisce è più propensa al dialogo e sa capire meglio cosa traspare dal suo interlocutore. Vanta anche migliori doti atletiche e una disciplina basata sulla velocità che le permette di raggiungere luoghi altrimenti inaccessibili.
Leysha è invece una Malkavian, affetta da schizofrenia e allucinazioni, vere e proprie premonizioni che possono essere sfruttate dal Principe di Boston. In questo caso si potrà contare ad esempio sull'Auspex, permettendo di vedere l'invisibile e altri poteri in grado di agire in incognito come l'invisibilità. Leysha è però il personaggio in cui bisogna sospendere un po' di più l'incredulità, visto che gli NPC non noteranno il nostro agire come l'aprire di una porta davanti ai loro occhi da invisibili o un camuffamento avendo però le stesse sembianze.
Infine c'è Galeb, il più anziano e appartenente al clan Ventrue, composto dalla nobiltà vampiresca. Avendo più esperienza (centinaia di anni di vita) ha sviluppato risorse più potenti come Dominazione, Robustezza (che permette di assorbire maggiori danni fisici) e soprattutto Ascendente, vero e proprio asso nella manica in grado di cambiare drasticamente le sorti di uno scontro verbale, in modo simile a Mass Effect con le frasi Eroe o Rinnegato. Tutta l’esperienza accumulata porta Galeb ad avere anche una disciplina in più rispetto alle altre due, cosa che però conta fino a un certo punto.
Nonostante tutti gli asset messi a disposizione, è sempre il giocatore a dover capire come e quando utilizzare i vari poteri umani e non, anche per via dei due elementi fondamentali da tenere sempre d'occhio: la Volontà e soprattutto, la Fame. Sono questi due aspetti a determinare l'esito degli scontri verbali nell'utilizzo delle varie abilità.
Il sistema, all'apparenza complesso, si basa dunque su un equilibrio dei vari talenti a disposizione e lo sviluppo dei personaggi che possono veder migliorare i loro aspetti attraverso l'utilizzo dei punti esperienza. Investirli sul contenimento di utilizzo di Volontà e Fame è dunque una buona idea ma tutto dipende da come approcciate il tutto. La Fame, soprattutto, influenza la capacità di tenere a freno “la bestia” e la perdita del controllo di sé, cosa che può portare a esiti drammatici.
L'esito delle discussioni può portare a eventi diversi e persino la morte dei protagonisti, portando di fatto Swansong ad avere tantissimi finali diversi. Come per un Detroit qualunque, infatti, ci vengono mostrate anche le eventuali vie alternative che avremmo potuto seguire, come trovare ad esempio un vampiro infiltrato capace di suggerire informazioni cruciali o avere o meno distrutto prove contro la Camarilla. L'esplorazione e l'investigazione sono dunque fondamentali ma, proprio per la mancanza di suggerimenti di gameplay, è molto facile perdersi qualcosa per cui prendere appunti su carta non fa certo male.
L'impalcatura ruolistica regge abbastanza bene con tutto il sistema di abilità, discipline e tratti (elementi positivi o negativi scaturiti da determinate azioni) che si fondono in una danza di parole e argomentazioni dall'esito incerto.
Questo perché non sono solo i tre protagonisti ad avere e a sfruttare questi aspetti ma anche tutti gli altri con cui interagiremo, umani e non. Essenzialmente, chiunque possiede delle proprie skill che possono essere usate in “combattimento”, rischiando di subire anche poteri altrui come Dominazione. Nessuno è in balia di quel che accade, dunque, il che trasforma l'intero sistema in un combat system fatto però di parole. A volte però, lo scontro verbale può risolversi in un pareggio, avendo investito entrambi gli interlocutori gli stessi punti.
Qui interviene letteralmente la fortuna con le sembianze di un dado lanciato: quest'aspetto è quello che ci ricorda che ci troviamo di fronte a un board game digitale e sarà tale dado a decidere l'esito del dialogo. Sicuramente è un elemento che cozza un po' con tutta l'atmosfera ma in effetti l'errore è sempre del giocatore: arrivare al pareggio significa che non si è fatto tutto a dovere.
Altre perplessità permangono poi sul sistema di Sospetto, elemento che può renderci la vita complicato qualora fosse alto, visto che come vampiri saremo quasi sempre circondati da umani che ci vedono come mostri e da vampiri che ci vedono come pedine da muovere. Il problema è che il Sospetto è condiviso, per cui se si commette un'azione considerata riprovevole, come nutrirsi di topi, questo livello aumenta per tutti, anche per i protagonisti non presenti.
A tal proposito c'è da segnalare anche un problema intrinseco di un gioco che prevede più personaggi utilizzabili: visto che sia con Emem, sia con Leysha e Galeb indaghiamo un po' su tutto e tutti, è molto facile incappare in informazioni anche sugli altri protagonisti, elementi cruciali ai fini della trama e nei rapporti con gli altri personaggi. In un titolo che basa la propria vita sulle scelte compiute dal giocatore, diviene molto difficile alle volte compierne una quando si sa qualcosa che il protagonista non conosce.
Ad esempio, se con Emem scopriamo qualcosa di cruciale su Leysha e quest'ultima si trova a fare una scelta che si basa su quell'informazione che lei non conosce, ma noi sì, si crea un cortocircuito narrativo che inficia la capacità di giocare di ruolo. Sono sicuramente dettagli ma, in un titolo di questa natura, non sono da poco.
Quel che manca in generale, e che è figlio del comparto tecnico, è comunque un certo dinamismo nelle scene e nei dialoghi, col risultato di fare di Swansong un'opera estremamente statica: si parla assolutamente uno alla volta, in maniera molto esaustiva e la legnosità dei personaggi smorza molto quanto vissuto. Fortunatamente il doppiaggio aiuta a mitigare il tutto ma fa ovviamente a pugni, come detto, con animazioni facciali che mal si sposano alle emozioni che si vorrebbe trasparissero.
A fronte di tutto ciò dunque, narrativamente, è almeno valido? Gli sceneggiatori di Swansong hanno sicuramente preso il meglio dal Mondo di Tenebra, portando l'intera struttura narrativa del gioco di ruolo all'interno del titolo, affrontando temi scottanti e maturi attraverso i tre protagonisti: emancipazione, malattia mentale, apatia, riscatto e sacrificio sono solo alcuni dei temi trattati e, nonostante qualche spiegone di troppo è l’abuso di qualche tropo narrativo, il tutto funziona e soprattutto rimane coerente con se stesso indipendentemente dalle scelte effettuate. Non siamo di fronte a dialoghi particolarmente profondi o capaci di scaturire chissà quale riflessione, ma la trama funziona e lascia anche spazio a interessanti colpi di scena.
Vampire: The Masquerade – Swansong, dunque, è un titolo che pesca a piene mani dallo storico gioco di ruolo cartaceo e lo fa mostrandosi rispettoso del passato ma senza dimenticare su che media ci si trova. Nonostante alcune semplificazioni l'intera struttura GDR è molto solida, al contrario di quella tecnica che purtroppo smorza la valutazione del titolo. L'attesa ora tutta per Bloodlines 2 e, anche se parliamo di tutt'altro genere, ciò conferma che la Masquerade videoludica ha ancora molto da dire.