Verdun, piede da trincea - recensione
La terra di nessuno, come non l'avete mai vista.
Molti di voi ricorderanno senza dubbio l'età dell'oro degli sparatutto in prima persona dedicati alla Seconda Guerra Mondiale: nel quinquennio 2000-2005 l'alternarsi dei vari Call of Duty e Medal of Honor ci aveva fatto rivivere in multiplayer e singleplayer la brutalità dei campi di battaglia che durante la metà del secolo scorso ridisegnarono l'ordine mondiale che stiamo vivendo oggi.
Molti si sono chiesti perché la Grande Guerra non abbia goduto di altrettanta attenzione, e anche se nessuno sviluppatore si è mai pronunciato in tal senso, è ovvio che la guerra di trincea, fatta di estenuanti giornate di nulla alternate ad assalti tra reticolati e mitragliatrici, non ha mai catturato l'attenzione dell'industria del videogioco se non per la realizzazione di titoli strategici.
Solo un team indipendente avrebbe potuto colmare questo vuoto e lo ha fatto con Verdun, uno sparatutto multiplayer realizzato solo per PC senza i mezzi di una produzione di alto livello. Il gioco è chiaramente ispirato a una delle più sanguinose battaglie del fronte occidentale che vide impegnati francesi e inglesi contro le forze tedesche in un'estenuante guerra di posizione della durata di otto mesi.
Lo scopo è quello di riproporre proprio la guerra di posizione di quel periodo, permettendo di scegliere tra le varie sessioni attive svolgendo un ruolo specifico in base alla dotazione oppure lasciare che il drop-in casuale ci posizioni in una delle due fazioni nei panni di una delle classi libere in quel momento.
Le modalità di gioco sono essenzialmente due: un banale Deathmatch tutti contro tutti buono soprattutto per fare pratica con le armi in dotazione e poi Frontlines, che è la vera essenza di Verdun. Si tratta di una modalità che porta le squadre a scontrarsi per la conquista delle trincee avversarie. La battaglia è tuttavia pilotata in quanto i giocatori non hanno accesso a ogni punto della mappa in ogni momento del round, ma il movimento del fronte è gestito dall'andamento della partita.
A differenza di quanto accade ad esempio in Day of Defeat, dove la conquista dei punti di controllo sequenziali è libera, in Verdun, una volta conquistata la trincea nemica il gioco "dichiara" un contrattacco avversario che obbliga tutte le squadre a difendere la trincea conquistata per un tempo predefinito.
Una volta consolidata la posizione, viene dichiarato nuovamente lo status di attaccanti e così via fino a che le sei trincee che compongono un campo di battaglia vengono conquistate da una fazione dando alla squadra in vantaggio la possibilità di conquistare l'ultimo baluardo dei difensori, ovvero il quartier generale. Si tratta di un'evenienza tutt'altro che frequente, visto che il gameplay votato al realismo assoluto rende molto difficile una rapida cavalcata verso la vittoria, anzi.
Molto spesso le partite terminano allo scadere della mezz'ora con un semplice pareggio. Il realismo non si basa solo su una convincente riproduzione dei campi di battaglia di quel periodo, solitamente una distesa di crateri inframmezzati da trincee e scarsa vegetazione, ma soprattutto sulla letalità delle armi utilizzate.
La possibilità di sdraiarsi e strisciare, unita alla presenza di coperture a profusione dovute al paesaggio devastato, va a braccetto con l'ampia diffusione di fucili perfettamente in grado di farvi secchi da distanze notevoli con un colpo solo. Molto spesso due bravi tiratori ben posizionati possono inchiodare gli assaltatori nella loro trincea, ma devono essere adeguatamente supportati per prevenire l'infiltrazione dei nemici facendosi coprire dai compagni.
Questi devono impedire agli attaccanti più abili di sfruttare l'irregolarità del terreno e di prendere d'infilata la trincea scivolandoci dentro in un punto nascosto. A mescolare le carte di un gameplay altrimenti troppo votato al cecchinaggio troviamo la presenza di diverse tipologie di squadre a seconda della fazione interpretata la cui dotazione spinge a diverse tipologie di gioco, a loro volta ulteriormente diversificate dalle classi.
Ogni server può ospitare fino a trentadue giocatori e ogni fazione è composta da sedici giocatori suddivisi in quattro team da quattro fanti ciascuno: ogni squadra raggruppa un caposquadra e tre specialisti dotati di diverse combinazioni di fucili, pistole granate e mitragliatrici. Le versioni migliori dell'equipaggiamento si sbloccano accumulando alcune ore di gioco, in particolare le mitragliatrici pesanti e i fucili di precisione, visto che sono in grado di condizionare lo svilupparsi di una battaglia, anche se non sono i soli. I capisquadra possono anche chiamare bombardamenti di artiglieria per martellare le postazioni nemiche con esplosivi o l'uso di gas.
L'attacco asfissiante è molto gettonato perché cambia in modo radicale il gameplay di un assalto: non solo produce una densa cortina in grado di nascondere le truppe che avanzano alla vista dei cecchini nemici, ma soprattutto può eliminare i difensori lenti nell'indossare alla svelta la maschera in dotazione. Per entrambi gli schieramenti, significa essere costretti a combattere con praticamente zero visione periferica e rischiando scontri a distanza ravvicinatissima che spesso si risolvono anche alla baionetta.
In Verdun l'accento è posto in senso assoluto sul teamplay, non solo perché la natura della guerra di trincea era effettivamente nella cooperazione assoluta con l'uomo che ci stava accanto, ma perché il numero e l'organizzazione sono essenziali per scardinare postazioni difensive come quella che abbiamo descritto pochi paragrafi fa.
Nel favorire il gioco di squadra Verdun ha due sistemi: il primo è quello di assegnare esperienza ai giocatori che restano costantemente vicino al loro caposquadra catturando trincee ed eliminando nemici. Il secondo, molto meno ortodosso, è quello di fare secchi all'istante i giocatori che non seguano lo spostamento del fronte ottemperando alla richiesta di difendere o attaccare a seconda di come si sta evolvendo il flusso della battaglia.
È comprensibile la volontà degli sviluppatori di tenere unite le formazioni di attaccanti e difensori, ma il problema è che per i novizi basta un attimo per trovarsi morti stecchiti senza potersi ricongiungere al grosso delle truppe. Sicuramente i game designer potevano essere un filo più morbidi sotto questo punto di vista, anche perché questo è un difetto tutto sommato minore rispetto alle altre problematiche del gioco.
Verdun è un gioco indipendente e del fatto che sia stato realizzato con pochi mezzi è facile accorgersi in virtù di una componente tecnica non certo all'ultimo grido per quanto riguarda le mappe, i modelli dei soldati e le texture più in generale. Ma tutto è funzionale alle necessità del gameplay, grazie soprattutto a una balistica convincente delle armi e alle mappe solo apparentemente casuali ma in realtà ben studiate nell'offrire numerose opportunità d'attacco e di difesa.
Il vero problema sono le prestazioni del frame rate e la qualità del netcode. Nel primo caso ci si trova spesso di fronte a brutali cali di performance anche quando il PC dispone di molta più potenza di quella necessaria a far girare Verdun al massimo dettaglio; un elemento facilmente intuibile dal fatto che si verificano anche scalando verso il basso risoluzione e livello qualitativo.
Nel secondo, molte partite sono spesso condizionate da fenomeni di lag piuttosto evidenti che portano l'azione a schermo non solo a scattare in modo pesante ma anche facendo "mangiare i colpi" al server sulla lunga distanza e nelle sparatorie. Questi problemi si verificano con una certa frequenza e spesso cambiano il fluire di una partita.
Uno degli ultimi aggiornamenti ha anche portato a una certa instabilità del gioco, soprattutto per gli utenti con le schede video Nvidia che vengono spediti al desktop pochi secondi dopo essere entrati in gioco. Insomma, dal punto di vista tecnico, c'è ancora parecchio lavoro da fare per rendere Verdun veramente fruibile a tutti i possibili acquirenti.
Questi pesi messi da entrambi i lati della bilancia delineano i contorni di uno titolo multiplayer decisamente diverso dal solito, adatto agli amanti degli FPS scorbutici, dove il realismo a tutti i costi in cui ogni singolo proiettile può avere scritto sopra il nostro nome, prevale su qualsiasi convenienza commerciale nell'ammorbidire un gameplay a tratti intrigante ma anche acerbo, indubbiamente diverso dai cliché in stile Call of Duty nella sua accezione moderna ma soprattutto storica.
Un approccio senza compromessi apprezzabile da parte dei puristi quindi, penalizzato da una parte tecnica sufficiente solo per quanto riguarda l'estetica ma ancora troppo incerta sotto il profilo delle prestazioni e della qualità del multiplayer per poter garantire a tutti i soldati di leva il giusto divertimento (e frustrazione) nella terra di nessuno digitale di Verdun.
Se volete uno sparatutto diverso da solito, prendetelo tranquillamente in considerazione perché potrebbe regalarvi inaspettate soddisfazioni, soprattutto per 20 euro su Steam. Poiché le lamentele di cui si legge in abbondanza sul forum di Steam corrispondono esattamente alla nostra esperienza di gioco, forse è il caso di imboscarsi nelle retrovie attendendo una rifinitura che lo faccia diventare quello sparatutto di nicchia che avevate sempre sognato sulla Prima Guerra Mondiale.