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2021: Fotografia di una strana annata videoludica e diapositive dal futuro

Grandi assenti, rinvii, sorprese e un futuro nebuloso.

Quella di stilare il primo bilancio di un'annata videoludica non è mai stata un'operazione complessa come nel caso di questo strambo 2021. Solitamente ci si siede al tavolo e si pesano le produzioni che hanno maggiormente segnato l'industria, chiedendosi quale piattaforma abbia spiccato fra le altre, quale videogioco meriti maggiormente di sedere sul trono del GOTY, quale nuovo trend si stia facendo largo nel sottobosco del mercato.

Ma il 2021 è stato un anno completamente diverso. È stato il primo anno a dover testimoniare per intero l'impatto della pandemia globale sui cicli produttivi delle grandi e delle piccole software-house; è stato l'anno d'esordio di hardware next-gen ancora difficili da rintracciare a causa della carenza di componenti; è stato un anno spoglio di produzioni mastodontiche capaci di eclissare completamente la concorrenza; è stato l'anno del crollo continuo di Cyberpunk 2077 e del trionfo forzato della filosofia cross-gen.

La particolare atmosfera emersa a seguito dell'allineamento di questi elementi ha infranto diversi dogmi dell'industria dei videogiochi. Pensate ad esempio ai recenti piccoli lanci e alle release di edizioni rimasterizzate unpolished e problematiche, come ad esempio la Definitive Edition della trilogia di Grand Theft Auto o l'offerta virtual console 64 di Nintendo Switch, progetti che sembrano ideati e commercializzati solamente per riempire i buchi causati dalla dilatazione dei tempi di produzione dovuta al Covid.

Sono tante le release che mirano a riempire la voragine lasciata dalla dilatazione delle tempistiche produttive.

Una dilatazione dei tempi che ha inevitabilmente portato al rinvio di dozzine di progetti, alcuni slittati parecchio in avanti, altri ormai quasi pronti per l'uscita. Pensate a Horizon: Forbidden West, Dying Light 2, Elden Ring, Halo: Infinite, God of War: Ragnarok, Final Fantasy XIV: Endwalker, ma anche la stessa versione next-gen di Cyberpunk 2077, ora destinata a vedere luce solamente nel 2022. Non avevamo mai assistito a una tale mole di adeguamenti nelle date d'uscita dichiarate, e il prossimo anno rischia concretamente di rivelarsi il più sovraffollato nella storia del medium.

Ma andiamo con ordine, e vediamo di analizzare nel dettaglio questa prima fotografia del 2021 dei videogiochi partendo dai The Game Awards, l'evento che più d'ogni altro mira a sintetizzare l'annata videoludica e alzare il sipario su tutto ciò che verrà. Gli occhi degli appassionati sono puntati verso la premiazione del GOTY, e quelli che secondo noi sono i migliori giochi dell'anno... non sono stati candidati.

Se avete seguito la produzione editoriale di Eurogamer.it avrete senz'altro notato che due fra i titoli che più ci hanno impressionato quest'anno, ovvero Returnal di Housemarque e Forza Horizon 5 di PlayGround Games, non sono riusciti ad ottenere i voti necessari per arrivare a competere per la statuetta più ambita, quella destinata al Game of the Year.

I candidati ufficiali al titolo di miglior videogioco dell'anno sono: Deathloop, It Takes Two, Metroid Dread, Psychonauts 2, Ratchet & Clank Rift Apart e Resident Evil Village. Una selezione che, fatta eccezione per i lavori di Josef Fares e Double Fine, potremmo definire piuttosto standardizzata, composta da classiche produzioni AAA che rientrano nella pur elevata media della categoria senza spiccare voli icariani.

I candidati al titolo di Game of the Year tradiscono un'annata priva di kolossal e stancamente nella media.

Tempo fa abbiamo realizzato un articolo tentando di analizzare le logiche che portano all'elezione del Game of the Year, notando come al di fuori di rarissime eccezioni la cerimonia di assegnazione del GOTY secondo i The Game Awards porti quasi sempre alla consacrazione di un grande videogioco narrativo AAA, una di quelle enormi produzioni massificate che, per un motivo o per l'altro, non hanno visto luce nel corso del 2021.

È possibile che il cortocircuito scaturito dall'assenza di un "re indiscusso" abbia scosso violentemente le meccaniche di selezione, mandando in confusione gli addetti ai lavori meno esperti, quelli che magari non hanno dedicato la giusta attenzione a un'opera particolare come Returnal, o che forse avvicinano con un sottile strato di pregiudizio un videogioco racing arcade come Forza Horizon 5, probabilmente considerandolo inadatto a un palcoscenico come quello del GOTY.

Da segnalare anche l'assenza di produzioni indipendenti, piccole o grandi che siano, dalla lista dei candidati alla statuetta più ambita. Nelle edizioni passate capolavori come Hades hanno dovuto inchinarsi al cospetto dei titani dell'industria, opere come Outer Wilds non sono state considerate, Celeste ha dovuto accontentarsi di figurare accanto agli enormi God of War e Red Dead Redemption 2. Nel corso di un'annata senza guizzi per il segmento più ricco dell'industry ci avrebbe fatto piacere vedere una maggiore attenzione verso questo sottobosco più che mai ispirato.

Ciononostante, si è creato lo spazio per far emergere i sopracitati Psychonauts 2 e It Takes Two, titoli fortemente distanti dal classico modello del blockbuster, probabilmente gli unici capaci di portare una ventata d'aria fresca all'interno della selezione. Sia chiaro, tutti gli altri candidati mettono in scena esperienze valide e memorabili, nel caso specifico meritano a pieno titolo di stare dove stanno, solo non siamo certi ce l'avrebbero fatta nel corso di qualsiasi altra edizione della kermesse.

Immagine da The Forgotten City. Il mercato indipendente è ancora la costola più ispirata del medium.

Se assenze come quelle di Returnal, Forza Horizon 5 e Monster Hunter Rise hanno un peso specifico molto elevato, è un peccato vedere alcune opere spiccare nelle sole categorie accessorie, come ad esempio The Forgotten City, Death's Door o Ender Lilies, tre titoli che consigliamo vivamente in un folto mercato indie e AA che ha regalato grandissime soddisfazioni. Ma è evidente che il 2021 dei videogiochi, seppur ricco di produzioni ottime, non abbia offerto i classici picchi qualitativi capaci di brillare accecanti sopra ogni altra release.

L'assenza di lanci eccezionali ha appesantito una situazione che sì, era in qualche misura prevedibile, ma che si sta allargando a macchia d'olio in mezzo alle metriche che raccontano gli ecosistemi digitali. A quella formula di consumo bulimico di contenuti e videogiochi che ha senza ombra di dubbio aiutato il mondo intero nel corso dei lockdown, è infatti seguito un forte contraccolpo in tutti i segmenti dell'universo virtuale.

C'è più di un content creator su YouTube che ha visto le visualizzazioni scendere al di sotto delle soglie critiche, le metriche di Twitch che si erano impennate durante la pandemia sono calate parecchio nel corso degli ultimi mesi, e lo stesso destino è ovviamente toccato ai numeri del mercato dei videogiochi; chissà, forse se un Back 4 Blood qualsiasi fosse stato rilasciato nel pieno del 2020 avrebbe potuto evitare di perdere l'interezza della sua playerbase nell'arco di sole due settimane.

È come se si fosse inceppato il meccanismo che ciclicamente cinge d'alloro il grande fenomeno videoludico del momento pur facendo mangiare tutti gli altri, il portatore di quella corona che è passata di mano in mano tra i vari PUBG, Fortnite, Valheim, World of Warcraft Classic, Fall Guys, Among Us e tante altre opere titaniche. I tempi di consumo si sono ulteriormente ridotti, e adesso il successo di Crab Game, videogioco "ispirato" alla serie Squid Game, sembrerebbe esser giunto al capolinea dopo una sola settimana sul tetto del mondo. Eliminato il predatore alfa dall'ecosistema, tutta la struttura ha finito per risentirne.

Basterà un grande videogioco come Elden Ring o il nuovo Horizon per ricostruire i dogmi caduti nell'ultimo anno?

Guardando invece verso l'orizzonte delle produzioni tradizionali, la sensazione è quella di aver vissuto un'annata simile, ricchissima di esperienze sempre diverse e quasi sempre ottime, da Tales of Arise a Marvel's Guardians of the Galaxy, da Far Cry 6 a Age of Empires IV - giusto per citarne alcune - senza però che nessuna di queste riuscisse a raccogliere l'attenzione né la risonanza che avrebbe meritato.

Per arrivare a una lettura completa manca un elemento essenziale dell'equazione, ovvero quel passaggio soft alla nuova generazione di console che, suo malgrado, ha dovuto anche fare i conti con il peggior shortage di componenti di sempre. Le conseguenze sono state due: da una parte il balzo tecnologico 'leggero" ha aperto le porte a un mercato di prodotti cross-gen che hanno faticato a soddisfare l'hype generato dai nuovi hardware, mentre dall'altra i problemi nei rifornimenti hanno portato una grossa fetta di pubblico a mettere in stasi la propria passione.

Fattori, questi, che hanno impattato tutte le situazioni analizzate fino a questo momento. La delusione di Cyberpunk 2077, ad esempio, è strettamente legata alla sciagurata scelta del lancio cross-generazionale. La mancata candidatura di un titolo come Returnal al premio per il Game of the Year potrebbe essere dovuta al fatto che si tratti di un prodotto originale ed esclusivo PS5, pertanto fuori dalla portata della sfera d'interesse del pubblico. Inoltre, dato che molti appassionati sono ancora privi di hardware next-gen, è possibile che abbiano conservato decine di titoli da acquistare solamente quando saranno in possesso delle nuove console.

Il 2021 racconta anche di una nuova formula dilatata del mercato che viaggia a diverse velocità, facendo la felicità di milioni di appassionati e al tempo stesso decentralizzando la travolgente corrente dell'hype. Perché è vero, molte produzioni sono cross-gen, mancano le console, si sente l'assenza di un grande kolossal, ma il mercato "al dettaglio" del videogioco ha vissuto una particolare età dell'oro.

Raramente abbiamo avuto a che fare con un'offerta videoludica tanto variegata.

I fan dei titoli simulativi hanno potuto mettere le mani su un'opera gigantesca come Microsoft Flight Simulator, gli aficionados degli RTS hanno riscoperto Age of Empires, Arkane ha pubblicato un nuovo immersive-sim, gli amanti degli MMORPG hanno ritrovato la passione con Final Fantasy XIV, The Forgotten City ha deliziato gli amanti della filosofia, i palati più fini si sono saziati con Inscryption. Raramente abbiamo avuto a disposizione un'offerta tanto ampia e variegata, ora resa ancor più accessibile grazie allo straordinario apporto dei nuovi servizi.

Insomma, sono tempi di grandi cambiamenti. È ancora molto presto per stabilire se il torrente del mercato tornerà all'interno dei suoi argini ristabilendo il vecchio equilibrio al primo lancio di un'opera massiccia, come un Elden Ring o un Horizon: Forbidden West qualsiasi, titoli capaci di catalizzare l'attenzione del mondo intero. È altrettanto presto per ipotizzare che il fiume sia ormai esondato realizzando un panorama fatto di acque stagnanti e frammentate, con pochi guizzi creativi pronti a brillare in un calderone sempre più grande e impossibile da osservare nella sua interezza.

Sono condizioni che possono coesistere? C'è il modello Game Pass, che regala Age of Empires, raduna milioni di giocatori nel Messico di Forza Horizon e ancor prima che la magia si esaurisca invita tutti gli abbonati nelle battaglie di Halo: Infinite, rischiando di penalizzarsi da solo sbilanciando il rapporto fra domanda e offerta. C'è il sistema valorizzante di Sony, che vede invece il singolo grande videogioco posto al centro di tutto e che resta indissolubilmente legato al successo o all'insuccesso delle suddette produzioni, al punto che basterebbe uno scivolone sul fronte del solo God of War per far traballare l'intero edificio.

E poi ovviamente c'è Nintendo, che ha intenzione di proseguire sul sentiero dorato di Switch, e accanto a lei c'è Steam, che le ha strizzato l'occhio imbarcandosi nel progetto portatile Deck. C'è una colossale Amazon che ha lanciato New World e Twitch Gaming, cui presto si affiancherà il cloud di Luna. Ci sono software-house come Electronic Arts e Ubisoft che si sono girate di scatto verso il mondo degli NFT. C'è il metaverso di Facebook, che tra fantascienza e distopia ha intenzione di fare sul serio. Ci sono sempre più brand che partono dai pixel e tentano di penetrare l'universo cinematografico.

Il lancio di New World coincide con il primo grande passo mosso da Amazon nel mondo dei videogiochi.

Tutti i grandi dell'industria si stanno agitando forsennatamente in cerca della "next big thing", di una nuova terra promessa strettamente legata al mondo dei videogiochi. Spesso, durante la ricerca, sembrano dimenticare il percorso che ha portato il medium a raggiungere le straordinarie dimensioni che può vantare oggi. Ed è probabile che facciano bene, perché la realtà è che ci troviamo di fronte al primo grande stacco generazionale dal momento della nascita dell'universo digitale.

Ancora non ce ne rendiamo conto ma il 2022 potrebbe rivelarsi l'anno più pesante e decisivo nell'intera storia dei videogiochi. Sarà un momento in cui il vecchio dovrà convivere e combattere col nuovo, in cui tutti gli equilibri fra gli attori potrebbero ribaltarsi in un battito di ciglia, in cui si potranno finalmente scoprire e forse cogliere i frutti di strategie decennali, in cui chiunque rischierà una caduta fatale in seguito alla scelta di una strada senza uscita.

Le certezze risiedono proprio là dove sono sempre state: nelle profonde radici di Nintendo, di Sony e di Microsoft, quei platform owner che invece di focalizzarsi sul concetto del "videogioco" hanno spostato l'attenzione sulla figura del videogiocatore.

Attraverso strategie e filosofie completamente diverse perseguono lo stesso obiettivo, quello di preservare il medium al riparo nell'occhio dell'uragano del cambiamento, ben consapevoli della lunga e faticosa storia che li ha portati fino a questo momento.