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Dishonored

Thief e Deus Ex assumono una nuova forma.

Oltre alla chiara volontà dei game designer di spingerci a sperimentare in quanti più modi possibile possano essere risolte determinate situazioni, il secondo aspetto che potrebbe rendere questo gioco un'esperienza di portata unica nel panorama attuale riguarda le conseguenze delle nostre azioni.

Stordire una guardia o un civile senza farsi vedere non è sicuramente un problema; piazzargli un proiettile di grosso calibro in mezzo alle scapole e far trovare il suo cadavere invece sì. Non solo nell'immediato (pattuglie appiedate, sentinelle robotizzate che corrono da una parte all'altra, la solita agitazione da cadavere sgradito in bella vista) ma anche a lungo termine.

Le opzioni presenti nel sistema di dialogo di Dishonored possono, infatti, cambiare drasticamente in base alla nostra reputazione: un NPC pacifista può smettere di supportarci o anche optare per il tradimento se esageriamo con l'approccio "disinvolto" delle situazioni più tese, soprattutto se le uccisioni avvengono alla luce del sole.

Per non parlare dell'eventuale comportamento di grossi gruppi di persone (in genere interi quartieri), che possono apprezzare (o meno) la mano pesante con i nostri avversari.

Le informazioni che si possono ricevere spiando le guardie giuste sono molto preziose. Certi NPC valgono molto più da vivi che da morti.

Quello che è apparso evidente è che il giocatore in Dishonored può scegliere molteplici approcci per arrivare al risultato: dall'ultraviolenza totale allo stealth completo, passando per un sacco di sfumature a metà tra l'una e l'altra estremità che possono concorrere a cambiare drasticamente il corso di una partita.

Se avete il grilletto facile, non mancherete di divertirvi, ma l'impressione è che Dishonored sia un gioco a uso e consumo di chi ha imparato, dopo anni di militanza tra Thief, Splinter Cell e Deus Ex, a farsi avvolgere dall'oscurità come un mantello.

Sappiamo quello che state pensando: una tale varietà di situazioni si ottiene solo combinando un mondo di gioco vastissimo, decine e decine di reazioni differenti in termini di intelligenza artificiale e animazioni. La direzione in cui sta andando lo sviluppo è sicuramente questa, anche se è chiaro che c'è ancora molto da lavorare per ottenere il risultato sperato.

Come in ogni gioco stealth che si rispetti, l'uso della luce è sempre un elemento essenziale.

Alcune sequenze infatti sembrano ben programmate, mentre altre denotano problemi di pathfinding e nemici che non riescono a individuarci correttamente anche quando siamo in piena visuale. Senza parlare delle aree di gioco rifinite in modo non uniforme…

Molte altre questioni comunque rimangono in sospeso per farci un'idea precisa del gioco e di altri aspetti cruciali della sua struttura: pensiamo a come la progressione del protagonista influirà sulle sue abilità magiche e fisiche, a quanto la storia cambierà in base al nostro comportamento e agli eventuali bivi nella trama o a un eventuale sistema economico che vada a influenzare la modalità di utilizzo dell'inventario.

Un'altra cosa da appurare è l'effettiva difficoltà del gioco. La demo qui alla gamescom è stata fatta in 'god mode', il che significa mana ed energia infinita. Soprattutto per quanto riguarda il primo aspetto, ciò ha permesso a Colantonio, che ha presentato il gioco, di usare le magie con eccessiva frequenza.

Pensiamo a incantesimi quali quello per fermare il tempo, teletrasportarsi, trasformarsi in topi o creare dal nulla sciami di roditori che divorano vivi i nostri nemici. Tutte cose che, in alcuni frangenti, hanno reso sin troppo facile riuscire a completare gli obiettivi prefissati.

Ma siccome siamo nel campo prime impressioni, possiamo dire che Dishonored rimane un titolo da segnarsi in agenda e da lasciar decantare almeno fino alla prossima primavera. Le premesse per un gioco di grande qualità ci sono sicuramente tutte.