Driver: San Francisco
Reflections riporta la serie sulla strada giusta.
“Le auto non erano ciò che avrebbero dovuto essere, ma a onore del team va detto che fu loro concesso pochissimo tempo per lavorare, meno di un anno. Creare giochi in quelle condizioni di pressione non è certo la situazione ideale”.
Un cambio di publisher a quel punto era inevitabile. Ubisoft fu più che disposta a concedere ai Reflections tutto il tempo necessario per creare il gioco che volevano, in un'atmosfera molto più rilassata e senza pressioni di alcun tipo. Dopo quasi cinque anni quel gioco è finalmente pronto ad arrivare sugli scaffali, con un approccio coraggioso e la volontà di ripristinare il prestigio della serie e anche quello del team di sviluppo.
“Se ripercorriamo la storia di Reflections, da Shadow of the Beast, Destruction Derby fino a Stuntman, vediamo che c'è sempre stato il desiderio di innovare”, continua Edmonson. “Il concetto di originalità si è perso in Driver 3 e Driver 4. Volevamo tornare a ciò che abbiamo sempre fatto: innovare e spingere al limite le prestazioni della piattaforma sulla quale lavoriamo”.
Nel nuovo Driver: San Francisco l'innovazione si concretizza nella funzione Shift, tanto strana quanto eccitante. Con al pressione di un tasto possiamo uscire da un'auto, sorvolare il traffico e sceglierne un'altra da controllare.
Edmonson non ha problemi ad ammettere che questa idea è stata un incubo da comunicare all'esterno. In effetti si tratta di qualcosa di bizzarro, le cui implicazioni e possibilità si rivelano chiaramente soltanto dopo un buon numero di ore di gioco. Non aiuta il fatto che, nelle battute iniziali, la caratteristica venga introdotta in un modo che dire fumoso è un eufemismo. La trama, dopo l'incidente che manda Tanner in coma, è abbastanza pasticciata e poco credibile.
Fortunatamente la storia non ha la pretesa di prendersi troppo sul serio, e inoltre Ubisoft ha già dimostrato che è perfettamente possibile dare vita a una storia fantastica partendo da un personaggio steso e immobile su un lettino. Il nome Desmond Miles vi dice niente?
La funzione di Shift, d'altra parte, non è lì per scopi drammatici o inerenti la trama, è un semplice mezzo con cui creare azione. Da qui a pensare che sia stata introdotta per superare gli annosi problemi delle sezioni a piedi il passo è breve. Edmonson nega decisamente che sia così, ma comunque stiano le cose, l'idea ha permesso al team di concentrarsi sul suo pezzo forte: la guida di veicoli.
In questo, Driver: San Francisco non delude le aspettative. È un ritorno alle atmosfere da cinema del primo episodio, con una piacevole deriva anni '70. La visione di Edmonson si presenta qui nella sua forma migliore, con una San Francisco in parte reale e in parte immaginata e un grande amore per le macchine veloci.