Fable: The Journey - review
Salvare Albion non è mai stato così faticoso!
Eccoci qui con un altro dei titoli attesi al varco con più impazienza dagli appassionati di tutto il mondo in questo inizio di stagione. Dopo i ritmi frenetici di Borderlands 2 e Resident Evil 6, il mio viaggio di inizio-autunno prosegue in maniera più cauta, il passo si fa più lento e le atmosfere western sfornate da Gearbox o quelle oriental-horror messe insieme da Capcom lasciano il passo a boschi incantati, festanti carovane, troll e magie... benvenuti, anzi bentornati nel mondo di Fable.
Se dovessi scegliere una sola parola che possa definire in toto la saga ideata da Peter Molyneux, questa probabilmente sarebbe "promesse". Fin dall'inizio Fable ha diviso pubblico e critica tra quelli che ne hanno adorato lo stile e il gameplay e quelli che invece ne sono rimasti scottati dopo le prime roboanti promesse (appunto!) fatte dal suo istrionico creatore.
Con il passare del tempo, fortunatamente, i ragazzi del team Lionhead hanno imparato a tenere la bocca chiusa e dopo la partenza di Sir Peter verso i suoi nuovi orizzonti "social", si sono gettati anima e corpo su questo nuovo e rischioso progetto.
Presentato come una sorta di "Fable in soggettiva su rotaie", Fable: The Journey ha subito sollevato grandi perplessità nel pubblico. Il suo arrivo sugli scaffali, inoltre, coincide con uno dei periodi più affollati dell'anno per quanto riguarda le uscite, cosa che, se il prodotto finale non fosse davvero all'altezza, potrebbe pregiudicarne pesantemente le possibilità di successo.
Spesso ho espresso all'inizio il mio giudizio sintetico su un gioco, ma farlo in questa occasione risulta particolarmente difficile per un semplice motivo: The Journey merita, secondo me, due discorsi paralleli e due giudizi distinti, uno relativo alla sua appartenenza alla serie Fable e l'altro riguardante il suo far parte della ristretta cerchia di titoli creati appositamente con Kinect.
"Questo NON è un Fable come tutti quelli che avete visto e vissuto finora!"
Partiamo subito con il discorso più spinoso. Quello che sto per dire è rivolto principalmente a chi ha giocato i precedenti episodio della saga, ovvero coloro che, attirati dal ben noto titolo, sono a maggior rischio delusione: questo NON è un Fable come tutti quelli che avete visto e vissuto finora!
Gran parte degli elementi distintivi del franchise, che già con il passare del tempo erano stati modificati e diluiti rispetto all'inizio, in The Journey sono quasi completamente spariti. Per prima cosa non esiste più la possibilità di scegliere se schierarsi dalla parte del bene o da quella del male.
L'eroe di turno, un ragazzino imberbe con tanto di dreadlock e testa fra le nuvole di nome Gabriel, è destinato suo malgrado ad entrare nella schiera degli eroi di Albion per salvare la sua terra dall'ennesima minaccia oscura.
Sono anche scomparse le interazioni sociali con i personaggi che incontrerete e il 99% della libertà di movimento che tante avventure vi aveva fatto vivere in passato. Il gioco segue infatti una linea retta che solo in rare occasioni presenta qualche bivio, quasi per niente significativo ai fini della trama e del susseguirsi degli eventi.
I viaggi a cavallo ricoprono buona parte della durata del gioco, ma fortunatamente non richiedono solo noiose sessioni davanti allo schermo con delle (finte) briglie in mano. Fasi più calme di dialogo vengono intervallate da inseguimenti mozzafiato nei quali bisogna cercare di mantenere la calma per riuscire a condurre al meglio il vostro fido destriero Stella.
Proprio questo spunto mi permette di passare al discorso Kinect. La famigerata tecnologia di Microsoft finora è stata sfruttata in modi in parzialmente discutibili e deludenti viste le promesse (ancora!) fatte all'inizio, ma il modo in cui Lionhead l'ha implementata all'interno del gioco merita sicuramente un applauso e fa intravedere per il futuro qualche spiraglio di luce.
Il primo impatto con Kinect non tarda a farsi attendere. Dovrete imparare subito a condurre la carrozza che vi terrà compagnia per gran parte del gioco. Inizialmente la tendenza a strafare con i movimenti davanti allo schermo fa sì che la sua conduzione non sia poi così agevole, ma devo ammettere che dopo averne capito al meglio il meccanismo, i risultati ottenuti sono migliorati notevolmente. I movimenti meno ampi ma più decisi, infatti, fanno sì che la risposta ai comandi diventi molto più precisa.
"Il modo in cui Lionhead ha implementato il Kinect all'interno del gioco merita sicuramente un applauso"
Di tanto in tanto i viaggi vengono interrotti da alcune soste opzionali, indicate da cerchi luminosi. Fermando il cavallo dentro questi cerchi (con un movimento delle mani verso l'alto come a tirare le briglie), si accede a brevi sezioni avventurose che spesso conducono al ritrovamento dei pochi "collectibles" sparsi nel gioco. Questi sono composti nella loro quasi totalità da carte che rappresentano alcuni oggetti storici della saga, dai famosi pulcini croccanti al pasticcio di carne, passando per alcune facce ben note a chi ha già visitato questi luoghi.
Ovviamente queste sezioni si fanno man mano più difficili e se all'inizio l'apertura dei preziosi forzieri non richiede un grande sforzo, andando più avanti vi ritroverete a fronteggiare schiere di nemici anche più forti di quelli che avrete di fronte nell'avventura principale.
A tal proposito, il bestiario di Fable: The Journey riprende praticamente tutto quello dei titoli precedenti. Questa volta però li affronterete faccia a faccia, nel senso che la particolare natura di questo gioco fa sì che gli scontri siano più simili a quelli di uno sparatutto in soggettiva piuttosto che a quelli di un action-adventure.
Anche in questo caso è necessario fare pratica con gli incantesimi a disposizione, che possono anche essere combinati tra loro per ottenere un maggior quantitativo di punti esperienza. Sollevare un Hobbes in aria per poi trafiggerlo con un dardo incantato dà una certa soddisfazione, ma anche bloccare un Balverino per poi bruciargli il posteriore non è male.
"È necessario fare pratica con gli incantesimi a disposizione, che possono anche essere combinati tra loro"
Potrete anche puntare qualche barile esplosivo per rendervi le cose più facili, o magari spedire qualche nemico giù da un dirupo o dentro un fiume di lava.
Utilizzare i vari incantesimi non è una cosa difficile e i movimenti da fare sono piuttosto semplici. Quasi ogni magia richiede che il giocatore alzi la mano destra o sinistra e la porti sopra la spalla per "caricare" il colpo, per poi portarla avanti con gesto deciso per il "lancio". Un incantesimo di difesa piuttosto utile richiede invece di mettere il braccio orizzontale a mò' di scudo e per quanto riguarda il resto, le varianti sono molto poche.
Purtroppo è proprio in queste fasi che Fable: The Journey mostra anche il suo punto più debole. Nonostante per una volta tanto non sia necessario giocare in piedi e a tre metri di distanza dal video, visto che il gioco riconosce solo la parte superiore del busto e il movimento delle braccia, di tanto in tanto, senza alcun preavviso, la taratura del Kinect si perde totalmente e la precisione dei colpi va a farsi benedire. Se questo nelle prime ore non crea gravi problemi, con il crescere della difficoltà le cose si fanno decisamente più frustranti.
Il difetto c'è ed è anche pesante, ma in un certo senso si sarebbe anche potuto rimediare al tutto se fosse stato possibile ricalibrare il Kinect senza uscire dal gioco... ma la cosa non è possibile!!! Per poter ripristinare la risposta migliore del dispositivo è infatti necessario uscire sulla dashboard per poi rientrare nel gioco riprendendo dall'ultimo checkpoint/salvataggio, che in alcuni casi può anche distare una decina di minuti dal punto in cui si era interrotto.
Un vero peccato perché finché non mi sono imbattuto nel problema mi stavo anche divertendo. Nonostante la varietà di situazioni proposte non sia infatti all'altezza di quelle dei precedenti Fable, il senso di immersione nella "magia" e nella "favola" in alcuni momenti sembrava essere tornato quello del capostipite della saga.
Ritorniamo per un attimo al parallelismo tra i precedenti Fable e questo spin-off per parlare della progressione del personaggio e della sua personalizzazione. Anche questi due aspetti sono stati in gran parte sacrificati per venire incontro al cambio di rotta del gameplay.
"Di tanto in tanto la taratura del Kinect si perde totalmente e la precisione dei colpi va a farsi benedire"
Gli XP si guadagnano portando a termine varie azioni nel corso del gioco, dal reperimento di particolari cristalli quando si è a bordo della carovana (contraddistinti da diversi colori in base al modo in cui possono essere recuperati) al completamento di alcune semplici azioni nel corso delle varie soste. Queste vanno dalla pulizia e cura del cavallo, che nel corso dei tragitti verrà inevitabilmente ferito, al reperimento di cibo e acqua, al ritrovamento di forzieri nascosti.
Ovviamente anche i combattimenti garantiscono Punti Esperienza, in base al modo in cui si eliminano i nemici. Più fantasioso e vario è il modo scelto per farli fuori, maggiore sarà il quantitativo di XP guadagnati. Questi possono essere utilizzati per aumentare la quantità di "cuori" del protagonista, la lunghezza della barra degli incantesimi, la resistenza del cavallo e ovviamente per potenziare gli incantesimi.
Tutte le attività descritte finora fanno di Fable: The Journey un'esperienza di gioco piacevole ma al tempo stesso faticosa, molto faticosa. Come dicevo poco fa, si può giocare anche stando seduti ma alla lunga i movimenti delle braccia necessari per guidare, combattere e fare qualsiasi altra azione si fanno sentire. Lancia una magia, para, attendi che la barra degli incantesimi si ricarichi e intanto schiva inclinandoti a destra o sinistra... di moto ne farete prima di arrivare alla sospirata fine del gioco e all'ennesimo salvataggio di Albion.
A tal proposito, la natura particolare del gameplay del titolo Lionhead fa sì che anche la sua longevità sia inferiore a quella dei capitoli principali della saga. Non avendo più libertà di movimento e di esplorazione, non si passano più ore in giro in cerca di forzieri e gargolle, non ci si intrattiene più con giovin donzelle nella speranza di farle salire in camera, di metterci su famiglia e poi magari di mollarle per cercare nuove avventure, non si comprano più case e non si passa più il tempo a fare il mastro birraio o lo spaccalegna.
"Per vedere i titoli di coda non impiegherete più di 8 ore, forse 10 se proprio avete voglia"
Le cose da fare sono molte meno e risiedono tutte su una linea retta, il che significa che per vedere i titoli di coda non impiegherete più di 8 ore, forse 10 se proprio avete voglia di effettuare tutte le fermate opzionali, portare a termine le poche side-quest a disposizione e cercare di completare la collezione di carte.
Proprio per ovviare a questa mancanza di longevità, Lionhead ha inserito una modalità Arcade nel gioco. Dietro questo familiare nome si nascondono una serie di livelli presi direttamente dalla campagna principale, in gran parte combattimenti contro nuguli di nemici o di boss particolarmente ostici, nei quali si deve cercare di ottenere una valutazione particolarmente alta per conquistare il bronzo, l'argento e l'oro. Tali sfide sono poi inserite in classifiche a livello mondiale nelle quali si possono confrontare i propri risultati con gli amici o con tutto il resto del mondo.
Tecnicamente parlando Fable: The Journey rimane in linea con il precedente capitolo della serie, con l'unico problema di essere uscito parecchio tempo dopo. Nonostante l'Unreal Engine abbia dimostrato di saper fare cose ben superiori, non si notano particolari miglioramenti grafici rispetto al passato, fatta eccezione forse per alcuni effetti di traslucenza per i fluidi e cose minori.
Piccoli ritardi nei caricamenti delle texture si fanno notare qui e là, ma nel complesso lo "stile Fable" è sempre piacevole da vedere: peccato che in più di un'occasione si abbia l'impressione di essere tornati indietro di 2 o 3 anni.
Il sonoro anche è rimasto più o meno quello di allora, con una colonna sonora in gran parte riciclata dai capitoli precedenti. Ottimo, come sempre il doppiaggio in Italiano, che ancora una volta si assesta su livelli altissimi sia per quanto riguarda la caratterizzazione che per l'intensità della recitazione.
Fable: The Journey assomiglia a un'attrazione da parco divertimenti. La libertà di movimento e di "espressione" dei precedenti capitoli ha lasciato spazio a un'avventura guidata che ripropone gran parte delle situazioni e delle creature che negli ultimi 8 anni abbiamo imparato a conoscere, dagli Hobbe ai Piagati, dai maghi da strapazzo alle veggenti.
Se avete sempre seguito la saga e state pensando di trovarvi di fronte a un gioco simile ai precedenti però, fate attenzione: The Journey sta a Fable come il giro su una giostra di un Luna Park sta ad una passeggiata dentro un negozio di giocattoli. Entrambe sono piacevoli ma regalano sensazioni completamente differenti.
"Il divertimento c'è e in alcuni momenti si ha davvero la sensazione di avere un potere nelle mani"
Il divertimento c'è e in alcuni momenti si ha davvero la sensazione di avere un potere nelle mani e il controllo della situazione su schermo, ma purtroppo ci sono anche delle fasi in cui la frustrazione prende il sopravvento per colpa del famigerato Kinect, che sembra provare piacere nel perdere il suo delicato equilibrio proprio poco prima di un momento cruciale del gioco.
Senza ombra di dubbio siamo di fronte al primo, vero gioco "adulto" (per non dire hardcore) che il Kinect abbia proposto dalla sua uscita, ma questa purtroppo è stata anche la sua proverbiale arma a doppio taglio. Se da un lato siamo su un livello sicuramente più alto rispetto alle solite compilation di mini-giochi e cose simili, dall'altro The Journey ha anche evidenziato molti dei limiti dell'attuale tecnologia Kinect.
Giocare in questo modo a Fable risulta inizialmente affascinante e a tratti divertente, ma alla lunga le soddisfazioni che si ricevono sono in parte rovinate dai problemi tecnici legati alla periferica e indicati nel corso della recensione. La natura fiabesca da cui è nata la serie riecheggia di tanto in tanto nel corso dell'avventura ma molti degli elementi che avevano reso a loro modo unici i primi due capitoli sono totalmente scomparsi, lasciando spazio allo sbigottimento di chi forse si aspettava la redenzione definitiva della saga.