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Flatout 3: Chaos and Destruction - review

Gli acrobati da parabrezza sono alla fine del filo.

La fine dell'anno è da sempre associata a roboanti premiazioni relative ai dodici mesi appena conclusi con classifiche, votazioni e premiazioni più o meno prestigiose dei migliori software realizzati dall'industria videoludica. Le classifiche all-time sono sicuramente più difficili da stilare ma nella categoria "divertimento becero" la serie Flatout si piazzerebbe agevolmente nelle prime posizioni.

Il primo capitolo della serie era una raccolta di vetture e modalità di corsa che aveva come unico scopo quello di farci arrivare primi al traguardo con ogni mezzo lecito e illecito, anche (soprattutto) sbattendo fuori corsa i propri avversari. Alle gare si aggiungevano eventi di contorno che, oltre a un'arena e piste a incrocio degne del miglior Destruction Derby targato Psygnosys, proponevano momenti in stile Giochi Senza Frontiere in cui una delle numerose attività era quella di andare a sbattere per far volare il manichino del guidatore il più lontano possibile.

Come non amare all'istante un gioco del genere?

Ecco la corsa, modalità principe di Flatout 3 e anche la meno giocabile, a meno di non lavorare di fino nel menu delle opzioni.

Roba d'altri tempi, che tuttavia aveva funzionato abbastanza bene anche nei capitoli successivi. Logico quindi pensare che Flatout 3: Chaos & Destruction fosse la degna prosecuzione di Ultimate Carnage e invece, fin dalla schermata d'installazione, ci si accorge che al timone di comando al posto dei Bugbear Entertainment troviamo il misconosciuto Team 6. Le sopracciglia si alzano ulteriormente quando si entra nel menu principale: niente carriera o una qualsiasi modalità storia, ma solo una collezione di modalità mutuate dal passato che fanno presagire una minestra riscaldata poco piacevole.

"Il gameplay di Flatout 3: Chaos & Destruction è solo una pallida imitazione di quello originale"

Dopo tre giorni di gioco intenso, un risotto di recupero ben cucinato sarebbe stato più che accettabile visto che il gameplay di Flatout 3: Chaos & Destruction è solo una pallida imitazione di quello originale. La modalità corsa è quella principe: per proseguire sbloccando nuove vetture e tracciati ci obbliga a vincere contro un'intelligenza artificiale che sembra sfruttare più le routine di puntamento di Serious Sam che non quelle di un gioco di guida. Gli avversari hanno chiaramente come obiettivo la disintegrazione materiale del nostro veicolo senza il minimo rispetto per mantenere quella che dovrebbe essere la parvenza di una corsa automobilistica, per quanto senza regole.

Il segreto di ogni gara è tutto nella partenza: evitate la carneficina iniziale, guidate con accortezza e la gara sarà vostra. Qualche volta.

Mettere il sedere su bolidi sempre più maneggevoli in grado di toglierci alla svelta dai guai mitiga in parte i problemi, visto che la fragilità di quasi tutti i mezzi (con quelli più robusti scordatevi di arrivare primi) rende impossibile qualsiasi approccio ragionato a una corsa. L'unico modo per riuscire a procedere senza fare eccessivamente affidamento sulla casualità obbliga a un lavoretto di fino nella schermata delle opzioni: meno giri, riparabilità automatica del mezzo e riduzione del numero degli avversari, sono operazioni che rendono le gare meno caotiche ma inevitabilmente anche meno interessanti.

La possibilità di usare la nitro per bruciare i concorrenti e riparare la macchina, usare scorciatoie o l'indistruttibilità temporanea sono elementi che mescolano le carte per qualche secondo e riescono a distrarre dalla carneficina che, sopratutto in partenza, si verifica con puntualità svizzera. Tuttavia molti tratti sono impossibili da percorrere in gruppo e anche in pieno rettifilo i contatti più leggeri possono spararci fuori rovinando una gara accortissima, per non parlare di speronamenti e sportellate pesanti, che già al livello di distruttibilità normale possono causare incidenti da secco game over.

"Anche in pieno rettifilo i contatti più leggeri possono spararci fuori rovinando la gara"

Certo, sulle prime i megaincidenti sono divertenti, ma al 34° riavvio di una gara buttata per colpa di un kamikaze a cento metri dalla linea del traguardo, ci si accorge di come il Team 6 non abbia investito la giusta dose di Euro in un betatesting approfondito che avrebbe dato indicazioni preziose sulla direzione da intraprendere per lo sviluppo dell'intelligenza artificiale e, quindi, in un gameplay indovinato.

Il modello di danni è decente ma nulla più. I pezzi non si staccano mai completamente poichè è possibile riparare la vettura usando la nitro.

Le modalità meno convenzionali che vedete nei filmati qui in giro permettono una maggiore libertà d'azione e tutto sommato ben ricalcano lo spirito dei precedenti Flatout, pur non essendo tutte divertenti allo stesso modo. Le gare offroad consentono ampia libertà di movimento in zone collinari, mentre con i bigfoot bisogna far esplodere barili o posizionare grosse mine in determinati punti della mappa. I Destruction Derby sono due, cui si aggiunge una variante a bassa visibilità della corsa, fragilissime repliche delle F1 che sanno tanto di aggiunta pretestuosa e gli immancabili stunt con cui bisogna proiettare il guidatore a centinaia di metri di distanza in un punto ben preciso.

Insomma, da giocare c'è parecchio, il problema è che siamo tornati indietro rispetto ai predecessori per qualità del gameplay e performance tecnica. Il motore grafico perlomeno è leggero e riesce a inscenare gare veloci e piene di distruzione acrobatica ad una velocità eccellente anche su PC di fascia medio-bassa. Il fatto è che il sistema di illuminazione annega l'immagine in un bloom che rende difficile distinguere le vetture avversarie in scia. Non solo: l'effetto galleggiamento sulla pista di alcuni mezzi è evidente, per non parlare di un modello di danni che non perde i pezzi e deforma le carrozzerie sempre allo stesso modo.

"Il problema è che siamo tornati indietro rispetto ai predecessori per qualità del gameplay e performance tecnica"

Anche la fisica non è particolarmente convincente, con contatti da constatazione amichevole che a volte ci sparano in orbita e incidenti da ritiro della patente in eterno che invece lasciano pilota e vettura quasi fermi. La natura ignorante di Chaos & Destruction fa sorvolare ampiamente su quest'ultimo aspetto ma è chiaro che nel passaggio di consegne tra Bugbear e Team 6 sia andato perso parecchio del know-how di questo engine grafico.

La collezione di modalità alternative è discreta ma c'è molto poco di nuovo rispetto ai precedenti capitoli della serie.

In definitiva, la sostanza racchiusa nella modalità corsa definisce le sorti di Flatout 3: Chaos & Destruction, nonostante la patch della scorsa settimana abbia migliorato la giocabilità di un arcade altrimenti inaffrontabile. Ora abbassando danni, aggressività e numero degli avversari si riesce almeno a finire una gara su cinque, ma vincere rimane chiaramente tutta un'altra questione: la marmellata di modalità di gioco complementari rende meno indigesto il piatto di portata principale, ma non lo salva dall'ignominia di una produzione che grida vendetta, sopratutto pensando alla vacanza a tempo indefinito cui sono costretti sviluppatori di talento come Bizarre Creations.

Ventinove euro su Steam sono quasi una presa in giro: fate un favore a voi stessi e del bene a chi non c'è più comprando per la metà di questa cifra Blur, Need for Speed: Hot Pursuit o il vecchio Flatout: Ultimate Carnage, altrimenti aspettate Ridge Racer Unbounded dei Bugbear Entertainment e incrociate le dita.

4 / 10