Lost Planet 3 - review
Ma Capcom ci ha mai creduto?
Per Lost Planet 3 è giunto il momento della verità. Presentato per la prima volta durante il Captivate di Roma, il terzo capitolo non ha saputo convincere fin dall'inizio, soprattutto a causa del drastico cambio di rotta deciso dal team di sviluppo incaricato di realizzarlo.
Per cercare di recuperare la saga duramente colpita dal fallimento di un secondo episodio interamente dedicato al multiplayer, Capcom ha scelto di affidare il capitolo del riscatto a Spark Unlimited, team occidentale responsabile di progetti non certo memorabili.
Nonostante le premesse poco rassicuranti, tuttavia, stampa e giocatori hanno deciso di attendere pazientemente nella speranza di ritrovare in Lost Planet 3 l'essenza tanto affascinante che aveva fatto distinguere il primo capitolo all'epoca della sua uscita.
D'altra parte il lore creato da Capcom era ancora lì, pronto a offrire le basi per un'esperienza carica d'azione, mech e creature aliene gigantesche su un pianeta reso invivibile dalle temperature rigide e dalle continue tempeste di ghiaccio che ne spazzavano la superficie.
Sfortunatamente tutti i dubbi che avevamo sollevato in fase di anteprima si sono concretizzati nella versione finale del gioco che, a conti fatti, si è rivelato essere un banale sparatutto in terza persona ben lontano dal fascino del primo Lost Planet e, oltretutto, incapace di competere perfino con i titoli a cui si è palesemente ispirato.
Stiamo parlando di Gears of War e, soprattutto, di quel Dead Space 3 con cui avevamo immediatamente individuato una somiglianza eccessiva. Lost Planet 3 perde il confronto diretto sia con la saga di Epic che con l'action-horror Electronic Arts, andando di fatto a inserirsi in un segmento di mercato fin troppo affollato.
"Il nuovo capitolo della saga di Capcom è ambientato diversi anni prima dei precedenti episodi"
Come abbiamo già precedentemente raccontato, il nuovo capitolo della saga di Capcom è ambientato diversi anni prima dei precedenti episodi, nel bel mezzo della colonizzazione del selvaggio pianeta E.D.N.III, ritenuto prezioso per via dei suoi ricchi giacimenti di Energia Termica.
Tale fonte di calore permette alle creature che popolano le pericolose lande di E.D.N.III di sopravvivere alle temperature proibitive del pianeta, ma rispetto a quanto accadeva nel primissimo Lost Planet non è più necessaria agli esploratori umani per evitare la morte per assideramento.
Questo è il primo grande punto di distacco rispetto al passato ma non si tratta certo dell'unico elemento con cui i programmatori di Spark Unlimited hanno preso le distanze da una serie che, almeno in teoria, erano chiamati a rappresentare.
L'altro grande cambiamento, infatti, riguarda il ruolo del mech, qui chiamato Utility RIG. Là dove nei primi due Lost Planet i mech potevano essere trovati abbandonati nelle distese innevate del pianeta, questa volta il mezzo a disposizione del giocatore è quello personale di Jim Payton, operaio della NEVEC impegnato nelle operazioni di esplorazione del pianeta e di riparazione delle strutture dell'azienda.
Jim ha accettato il lavoro per denaro, nel tentativo di rimediare agli errori commessi in passato e di essere utile alla propria famiglia. Secondo quanto raccontato dallo stesso Jim, ormai vecchio e parzialmente sepolto da una frana, la sua vita su E.D.N.III è sempre andata avanti senza troppi problemi, fra un'ispezione e un lavoro di riparazione, almeno finché i veri piani della NEVEC non hanno iniziato a venire alla luce, così come le orrende creature che popolavano il pianeta ben prima dell'arrivo degli esseri umani.
"La trama non riesce a coinvolgere davvero, soprattutto a causa del modo in cui sono state divise le fasi d'azione da quelle narrative"
Il modo in cui viene portata avanti la trama è in linea con quanto mostrato dai giochi moderni ma i temi trattati e il modo in cui questi si evolvono non riescono a coinvolgere davvero il giocatore, soprattutto a causa del modo netto in cui sono state divise le fasi d'azione da quelle narrative.
Il fatto di ritrovarsi spesso a percorrere lunghe tratte camminando a bordo del RIG per raggiungere l'esterno del pianeta o i luoghi dove svolgere le missioni, spezza il ritmo dell'azione e non bastano i video-messaggi della famiglia di Jim o le considerazioni del protagonista a far digerire le lunghe attese.
Le prime ore di gioco, in particolare, sono caratterizzate da una lentezza quasi insostenibile ed è necessario attendere fin troppo per assistere ai primi colpi di scena che metteranno Jim di fronte a un nemico inatteso in una situazione tutt'altro che semplice da gestire.
La divisione tra missioni principali e secondarie, inoltre, contribuisce a dilatare ulteriormente l'esperienza, spingendo il giocatore a svolgere compiti di vario genere per migliorare i rapporti con i compagni di lavoro nella colonia, nel tentativo di accumulare dosi sempre più generose di energia termica da investire nel negozio dei potenziamenti.
"Anche l'azione vera e propria non è mai all'altezza di quella offerta dai diretti concorrenti"
Esattamente come la componente narrativa, anche l'azione vera e propria non è mai all'altezza di quella offerta dai diretti concorrenti. Nonostante i tentativi fatti dal team di sviluppo di creare un gameplay differenziato ma comunque interconnesso tra le fasi a piedi e quelle a bordo del mech, Lost Planet 3 fatica a decollare e a garantire l'esperienza adrenalinica che un gioco d'azione dovrebbe offrire.
Tornando all'Utility Rig, abbiamo trovato particolarmente interessante il rapporto che gli sviluppatori hanno immaginato tra la macchina e il protagonista, che considera il proprio mech una sorta di rifugio sicuro dove isolarsi, pensare e perfino rilassarsi schiacciando un pisolino o ascoltando un po' di musica.
L'idea è interessante e contribuisce a rendere l'Utility RIG un personaggio vero e proprio, a differenza di quanto accadeva negli episodi precedenti dove i mech erano semplici attrezzi da abbandonare in qualsiasi momento in favore di una variante dotata di armamenti migliori.
Una volta a bordo del RIG, Jim può affrontare senza paura le tempeste di ghiaccio che spazzano costantemente il pianeta e, soprattutto, gli esemplari più imponenti di Akrid, particolarmente pericolosi da sfidare senza ricorrere alla massiccia armatura meccanica.
Ai comandi del RIG, il protagonista può contare sui due arti superiori (una tenaglia e una trivella) per difendersi dagli assalti nemici e, con un po' di buona volontà, per smembrare letteralmente i propri bersagli.
"La libertà concessa dal primo Lost Planet è ormai solo un ricordo"
Il problema di queste sequenze sta nella loro mancanza di ritmo, perfino quando è necessario abbandonare temporaneamente il mezzo per attirare l'attenzione del bersaglio o per compiere alcune operazioni utili a far volgere lo scontro a proprio favore.
Il forte senso di banalità che colpisce le fasi a bordo del RIG non risparmia nemmeno le fasi a piedi, nelle quali Jim viene chiamato a esplorare porzioni di pianeta sempre molto limitate e caratterizzate da corridoi dai quali è impossibile deviare il proprio cammino.
La libertà concessa dal primo Lost Planet è ormai solo un ricordo, così come il divertente uso del rampino retrattile che aveva caratterizzato il primo capitolo della saga Capcom. Sebbene ancora presente, infatti, il rampino viene utilizzato principalmente per salire a bordo del RIG, per effettuare brevi scalate scriptate o per raggiungere piattaforme poste troppo in alto o troppo in basso rispetto a Jim, ma sempre in modo poco appagante.
Perfino durante le sparatorie, nelle quali la saga si è sempre comportata molto bene, Lost Planet 3 offre il fianco a qualche critica, principalmente a causa di un sistema di puntamento poco preciso a cui è difficile abituarsi. Se quando si affrontano gli Akrid più grandi la situazione è ancora gestibile, lo stesso non si può dire quando ci si trova di fronte ad alieni di piccole dimensioni, che spesso si rivelano un vero inferno da gestire.
Dal punto di vista tecnico il versatile motore di Capcom non offre certo la sua migliore prestazione in Lost Planet 3. La parte del leone è affidata agli scorci del pianeta E.D.N.III e alle sue tempeste improvvise, nelle quali la visibilità è ridotta all'osso grazie a un ottimo uso degli effetti particellari.
"Dal punto di vista tecnico il versatile motore di Capcom non offre certo la sua migliore prestazione"
Il resto del comparto grafico non merita commenti altrettanto positivi, vista la qualità altalenante dei modelli poligonali e, soprattutto, la presenza di rallentamenti anche importanti durante i combattimenti più caotici e ricchi di nemici su schermo.
A risollevare parzialmente i risultati deludenti della Campagna single player è il multiplayer, presente unicamente in forma competitiva. Nella modalità Scenario due gruppi di giocatori sono chiamati a vestire i panni di una squadra della NEVEC e dei pirati spaziali nel tentativo di portare a termine compiti di vario genere attraverso le mappe, cercando al tempo stesso di eliminarsi a vicenda.
L'idea in sé è piuttosto semplice ma, oltre a funzionare a dovere, ricorda in parte le atmosfere del multiplayer del primo Lost Planet, nonostante la qualità media delle mappe non raggiunga i livelli toccati all'epoca. A rendere tutto particolarmente divertente è la gran quantità di strade e passaggi presenti nei livelli, che influiscono in modo particolare sull'approccio dei giocatori a seconda che questi siano a piedi o a bordo di uno dei mech armati di tutto punto.
Dall'altra parte troviamo la modalità Akrid Survival, la versione in salsa Lost Planet dell'ormai immancabile Orda. A differenza di quanto accade negli altri TPS in circolazione, però, l'Orda di Lost Planet 3 si distingue per la presenza di tre squadre rivali contemporaneamente sulla mappa (chi sopravvive all'Orda deve poi eliminare i superstiti degli altri teamper reclamare la vittoria) e la presenza di alcuni Akrid particolarmente cresciuti che rendono l'esperienza divertente e appagante, sicuramente la più riuscita dell'intero pacchetto offerto dal titolo Capcom.
Fino all'ultimo momento abbiamo sperato che Capcom e Spark Unlimited potessero stupirci col nuovo Lost Planet, che le perplessità suscitate dai codici preview potessero sciogliersi come neve al sole, ma sfortunatamente le cose sono andate come avevamo immaginato. D'altra parte è stata la stessa Capcom a dimostrare di non aver mai creduto in questo gioco e il risultato finale, appena sufficiente, non è che la naturale conseguenza dell'atteggiamento dell'azienda nipponica.