Intervista a Massimo Guarini
Scopriamo chi è questo Game Director che si è fatto un nome all'estero.
Una decina di giorni fa abbiamo riportato la notizia che Massimo Guarini ha abbandonato Grasshopper Manifacture per imbarcarsi in una nuova avventura, che poi si è scoperto rispondere al nome di Ovosonico.
La questione è che per la maggior parte di voi, probabilmente, questo nome non suonerà poi così familiare, eppure parliamo di un game designer italiano che presenta un pedigree d’eccezione, e che è stato capace di ritagliarsi uno spazio non solo in produzioni nostrane ma anche all’estero, nientemeno che in Giappone, una terra notoriamente ostica per tutti i gaijin.
Nella terra del Sol Levante, il Guarini non ha lavorato a progetti marginali ma a Shadows of the Damned, un gioco prodotto da Electronic Arts e che ha visto coinvolti nomi illustri quali Suda51, Shinji Mikami e Akira Yamaoka.
Ed è proprio prendendo spunto dalla sua esperienza in Grasshopper che Eurogamer.it ha pensato di intervistare Massimo Guarini per scambiare quattro chiacchiere con questo talentuoso Game Director.
Sin da ragazzino ero appassionato di videogiochi e computer (Vic 20 in testa, ndR). Sul finire degli anni '90 ho partecipato a un concorso che Ubisoft indisse a Milano per diventare game designer, lo vinsi e da lì ebbe inizio la mia carriera.
Il primo gioco che ho sviluppato è stato "Rayman" per Gameboy Color che ha vinto nel 2000 il premio come gioco dell'anno, poi ho collaborato come game designer alle serie di Rainbow Six, Tomb Raider e infine ho dato vita a "Naruto: Rise of a Ninja", vincendo alcuni riconoscimenti come l’E3 2007 Best Fighting Game (Xbox360) Award e il 2007 Game Critics Award nominee for Best Fighting Game.
Dal Canada quindi mi son deciso a trasferirmi a Tokyo e percorrere nuove strade che mi hanno portato a incrociare Suda nel 2007, un uomo che mi ha sorpreso parecchio sia per il suo carattere che per le sue idee innovative. Ad oggi è difficile trovare persone così nell' industry.
Sì, ad oggi i budget per sviluppare un videogioco sono alti, ed è sempre più difficile riuscire a realizzare un prodotto veramente originale in termini di concept, specie perché nel frattempo molte aziende continuano a chiudere o a licenziare. I publisher, inoltre, sono sempre più selettivi e tendono a evitare ogni tipo di rischio.
Al giorno d'oggi non è facile riuscire a rimanere in piedi ed essere al tempo stesso originali, ma Suda con Grasshopper e Inaba con Platinum, ci hanno dimostrato che è possibile. Non semplice, ma possibile.
Si l'ho visto e anche giocato quando uscì (poco ad essere sinceri); la cosa che più mi colpì al tempo era l' originalità e la trama totalmente fuori dalle righe per un videogioco; poi averlo conosciuto di persona mi ha fatto capire ancora di più quale grande persona e artista sia in tutto ciò che fa; parlo del tocco inconfondibile con cui oggi lo conosciamo tutti.
Nel 2007 quando sono venuto in Giappone e abbiamo incominciato a riflettere su come realizzare concretamente il gioco. Lì azzardai l'ipotesi (da Occidentale), di utilizzare il motore di Unreal 3 che ritengo che con le dovute modifiche possa fare scintille.