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Naval War: Arctic Circle - review

Anche le migliori navi affondano.

Le aperture delle recensioni dei titoli Paradox cominciano a diventare problematiche: potrei infatti celebrare nuovamente le glorie e gli onori di questo publisher, capace di proporre senza soluzione di continuità titoli di livello medio-alto, ma credo che risulterei noioso oltreché ripetitivo.

Tuttavia, questa volta, i toni enfatici che solitamente accompagnano i miei pezzi sui giochi di questa piccola fucina delle meraviglie risultano notevolmente smorzati dalla constatazione che non sempre le ciambelle escono con il buco; Naval War: Arctic Circle infatti, nonostante le buone premesse, cade sotto i colpi di una realizzazione che potrei definire incompleta e il voto che leggerete a fondo pagina è purtroppo il risultato di questa considerazione.

Sì, quella dovrebbe essere l'Islanda…

Ma entriamo direttamente nel vivo: lo strategico made in Turbo Tape Games si presenta come una sorta di simulatore bellico di un futuro ipotetico dove, nei freddi mari del nord, le potenze navali di Inghilterra e dei paesi scandinavi se la devono vedere con la sempre presente madre Russia, in un'escalation bellica che ci accompagnerà lungo ventitre missioni divise in due campagne dedicate alla modalità single player.

Premesse non del tutto originali ma che perlomeno ci permettono di tornare con la memoria ai tempi in cui, strateghi alle prime armi, eravamo costretti con invidiabile frequenza a fronteggiare gli amati compagni rossi in un qualsiasi scenario sul globo.

I benefici dell'effetto amarcord si infrangono tuttavia in maniera rapida, giusto il tempo di incontrare la struttura del gameplay: secondo le intenzioni degli sviluppatori, infatti, la migliore soluzione per permettere di vivere al meglio l'adrenalina della battaglia è di semplificare al massimo la consueta gestione tipica degli rts così da focalizzare l'attenzione solo sugli aspetti strategici.

Niente gestione delle risorse quindi, ma solamente una serie di truppe da governare in maniera parsimoniosa, con le quali scovare il nemico in una qualsiasi delle mappe proposte e annientarlo utilizzando il massimo della vostra abilità tattica.

Fra i pochi parametri da tenere in considerazione c'è anche il carburante, quindi occhio alle missioni a lunga gittata.

Sebbene sulla carta la cosa possa risultare perlomeno accattivante, a conti fatti il riscontro diretto è più un grosso punto di domanda che una certezza ludica, a partire proprio dalla macrogestione che risulta allo stesso tempo "troppo macro e troppo micro".

"I benefici dell'effetto amarcord si infrangono non appena si analizza il gameplay"

Diamo qualche dettaglio: il controllo delle truppe è attuabile da una mappa in due dimensioni, purtroppo scevra di riferimenti diretti se non quelli dati dai confini tracciati dalle coste; il tutto viene così lasciato praticamente al solo intuito del giocatore, che dovrà ipotizzare di volta in volta il dove e il come un determinato conflitto verrà svolto.

Nonostante questa impostazione possa anche trovare la sua spiegazione all'interno di una logica minimalista, si fatica a comprendere allora il perché gli sviluppatori si siano ingegnati nel proporre anche una visuale in 3d di quanto avviene nello scenario, la cui utilità ai fini bellici è praticamente nulla. Considerando che la qualità di realizzazione non è certo eccelsa, sembra che la risposta più facile sia che il tutto sia stato fatto più per consegnare delle "belle" immagini alla stampa piuttosto che per dare un aiuto concreto al giocatore-ammiraglio.

Come avete avuto modo di capire quindi non è possibile fare un'attenta analisi di conformazioni geografiche o includere nella valutazione variabili di particolare levatura come ad esempio la tipologia di armi con cui equipaggiare le prorie navi o i propri aerei, ma l'unica leva decisionale sarà relativa a decidere quali delle truppe a disposizione mandare in avanscoperta, dove dirigerle e come strutturare un attacco in una sorta di gioco degli scacchi virtuali.

"È proprio quando si entra nella fase più concitata che il gioco rivela la sua seconda anima"

Tuttavia è proprio quando si entra nella fase più concitata che il gioco rivela la sua seconda anima: gli spostamenti, così come la gestione vera e propria dei combattimenti, abbattono infatti in maniera decisa il ritmo, rendendo il tutto decisamente compassato nonostante la possibilità di accelerare il tempo per ridurre i momenti di stasi.

Una delle pecche più grandi di Naval War: Arctic Circle è pertanto imputabile alla sua incapacità di non riuscire a definire con chiarezza lo scopo per il quale è stato creato: da un lato infatti scontenta gli amanti della simulazione pura, a causa di un'eccessiva semplicità di fondo unita alla non necessità di dover in qualche modo provvedere alla micro gestione.

Ehm, vogliamo definirlo un modello poligonale vintage?

Dall'altro, per i giocatori mordi e fuggi, rischia di essere troppo compassato, proponendo ritmi da gioco in scatola senza fornire al contempo una valida sfida a causa di un'intelligenza artificiale dal quoziente intellettivo spesso risibile.

Il tutto vive così in una sorta di limbo videoludico che qualcuno potrà anche apprezzare, vista comunque la sufficiente qualità media dei vari fattori in gioco, ma che per gli amanti di una o dell'altra fazione risulterà probabilmente un ibrido dalla non ben chiara fattura.

Navigando poi su altri lidi, uno spazio particolare deve essere lasciato alla grafica poc'anzi citata; ricordo infatti con un certo sapore agrodolce i tempi in cui simulare una distesa di acqua realistica era uno degli scogli più difficili per qualsiasi sviluppatore e spesso tale fattore poteva decretare la morte o la gloria di un gioco che volesse ambire a vette di realismo indimenticabili.

Vedere così la resa di questo Naval War: Arctic Circle mi porta in maniera quasi naturale a pensare che, sebbene di "acqua" sotto i ponti ne sia passata parecchia, il riuscire nell'impresa di cui sopra non è ancora un compito accessibile a tutti, ma che anzi molto dovrebbero astenersi: a partire dai modelli poligonali dei vari mezzi, per arrivare proprio all'impianto scenico, si ha infatti spesso l'impressione di giocare un titolo di alcuni anni addietro.

Altro che Top Gun…

"Con Naval War: Arctic Circle, Paradox compie un mezzo passo falso"

Il copione si ripete uguale anche per il sonoro, mentre per quanto riguarda il multiplayer alcuni dei difetti sopracitati spariscono in virtù di un grado di sfida decisamente migliore, sebbene i pochi scenari a disposizione rendano il tutto, ancora una volta, appena abbozzato.

Con Naval War: Arctic Circle, Paradox compie così un mezzo passo falso, proponendo un gioco mediamente divertente, mediamente sviluppato e in generale mediamente divertente, per il quale è davvero difficile riuscire a esprimere una soddisfazione di fondo.

Certo, qualora lo trovaste all'interno di qualche offerta potreste anche pensare di recuperarlo, anche in virtù di una mancanza quasi totale di titoli simili sul mercato e della già citata mediocrità che comunque non sconfina mai nel pessimo, ma a questo budget e a questi livelli, c'è ben di meglio con cui passare il proprio tempo.

6 / 10
Avatar di Roberto Bertoni
Roberto Bertoni: Proveniente dalla ridente Brianza, è cresciuto a pane e Amiga. Ama inoltre in maniera viscerale il retro, ma solo videoludico. Piatto preferito: pollo con la carrucola in mezzo.

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