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Okabu - review

Un'avventura con la testa tra le nuvole...

Parlare di Okabu è un po' come parlare della "ragazza dei tuoi sogni" che incontri una sera al pub dopo esserti scolato qualche birra di troppo. Il mondo che ruota vorticoso di fronte ai tuoi occhi non conta, così come a nulla servono gli sforzi dei compagni di bevuta che si sbracciano in pose al limite del parcheggiatore d'aerei per avvisarti dell'imminente pericolo: tu sei incredibilmente sobrio e lei è incredibilmente perfetta. O almeno ti sembra tale fino a quando sobrio ci ritorni davvero, quando scopri - ahimè troppo tardi - dell'enorme pasticcio in cui sei finito.

Ok, nell'ultima fatica dei ragazzi di HandCircus non sarà presente una sola goccia d'alcool, ma quanto emerso dalla sessione approfondita con il fratellino minore dell'ottimo Rolando non è poi molto lontano: un antipasto promettente, che già dalle prime portate lascia però presagire un pasto piuttosto deludente. Sì, perché l'universo sgargiante di Okabu, i suoi personaggi divertenti e animati alla perfezione, le sue musiche ispirate e capaci di insediarsi stabilmente nel cervello del giocatore, difficilmente non riescono a strappare un sorriso anche al gamer più hardcore, che si ritrova catapultato in un universo intriso di fanciullesca innocenza a bordo di due balenuvole ambientaliste in lotta contro l'inquinamento.

La direzione artistica di Okabu è ineccepibile, forte di uno stile sgargiante e accattivante che ricorre all'utilizzo del flat shading.

Nimbe e Kumulo, questi i nomi delle due idrometeore cetacee, sono i protagonisti di questo atipico puzzle game dai sani propositi che ci contrappone a quegli sporcaccioni dei Doza, mossi dal solo desiderio di trasformare il lussureggiante regno di Okabu in una triste discarica. In aiuto dei nostri eroi vaporosi correranno gli abitanti del villaggio di Yorubu, stufi delle prepotenze dei Doza e quanto mai decisi a mandare in pensione i loro macchinari inquinanti.

L'azione di gioco alterna l'eliminazione dei Doza più coriacei alla risoluzione dei numerosi puzzle, facendo ricorso alle doti delle balenuvole (come la capacità di assorbire acqua per spegnere incendi o innaffiare piccole foreste, o di ingurgitare petrolio per fomentare piccoli incendi con cui bruciacchiare i nemici più dispettosi) e, cosa più importante, alle specialità dei quattro Yorubu (Captain Monkfish, Kat, Picolo e Roki) che le cavalcheranno nel corso dei quattro mondi di cui si compone l'avventura. Scendono dunque in campo la comoda ventosa di Monkfish, utile per attivare interruttori, afferrare oggetti di ogni tipo, armi incluse, o aprire porte e forzieri inaccessibili, oppure il "dono" di Picolo che, da novello San Francesco, può parlare agli animali usandoli a proprio vantaggio per sfondare determinati ostacoli o attaccare nemici.

"Okabu fallisce proprio nella progettazione della sua componente puzzle."

Seppur le combinazioni scaturite dall'accoppiata nuvola/Yorubu siano potenzialmente notevoli, l'esperienza di gioco pad alla mano è ben lontana da quei livelli di varietà che un tale design lascerebbe presupporre. Duole doverlo ammettere, ma Okabu fallisce proprio nella progettazione della sua componente puzzle, che tanto nell'avventura single player quanto nella coop locale soffre di limitazioni davvero, davvero pesanti.

Che vi piaccia o no, il gioco darà suggerimenti non solo sul cosa fare, ma anche sul come e sul quando.

Prima su tutte è l'esagerata facilità: il solo fatto di saper leggere vi garantirà la riuscita della maggior parte degli enigmi proposti, vista la mole impensabile di suggerimenti (tutto tranne che celati) presenti nello scenario, al punto da trasformarlo in una sorta di walkthorugh flat-shaded. Persino la scelta dello Yorubu più indicato alla particolare missione finisce per divenire un azione meccanica che, nella maggior parte delle circostanze, esula dal più semplice ragionamento: perché "scervellarsi" nella scelta del personaggio più opportuno quando ci viene praticamente suggerito in fase di briefing? Tutto ciò si traduce in una laconica constatazione: se risolvere un particolare puzzle vi ruberà più di due minuti, iniziate seriamente a dubitare delle vostre capacità mentali.

"A peggiorare la situazione contribuisce una sensibile ripetitività degli stessi enigmi."

A peggiorare questa già delicata situazione contribuisce una sensibile ripetitività degli stessi enigmi, che costringe il giocatore a perpetuare il medesimo pattern di azioni (che non sveleremo, lasciando a voi il compito di stanarlo) per buona parte delle 7/8 ore di gioco. E se la presenza di uno schema ricorrente può essere accettabile nelle prime battute di gioco, necessarie al giocatore per prendere dimestichezza con un sistema di comandi complessivamente ben congeniato, alla lunga risulta impossibile non scontrarsi con un fattore noia in costante ascesa.

Noia che raggiunge il proprio apice nel tremebondo backtracking di cui il gioco è piuttosto prodigo: preparatevi a ripercorrere il medesimo scenario per due o tre volte senza alcun motivo apparente, se non per soddisfare il sadismo dei level designer, trasportando particolari item da una parte all'altra dello schermo mentre l'ennesimo gruppetto di Doza fa di tutto per ostacolare il vostro cammino.

Il trailer di lancio di Okabu.

"Il multiplayer, dal canto suo, garantisce una fluidità dell'azione di gioco maggiore."

Che si tratti di single player o di coop locale, la musica cambia poco: nel primo caso, il giocatore è chiamato a gestire entrambe le nuvole protagoniste, passando da una all'altra con la pressione del tasto triangolo, in maniera del tutto analoga a quanto accade nella serie Lego dei Traveller's Tale. Una soluzione comoda ma alle volte particolarmente macchinosa, specie quando per raccogliere determinati oggetti (ad esempio, delle mele da un albero dopo opportuni strattoni) bisognerà coordinare al secondo le mosse di entrambi i personaggi primari.

La controparte multi, dal canto suo, garantisce una fluidità dell'azione di gioco maggiore (pur di non far squadra con un primate privo di pollice opponibile), anche se in più di qualche occasione è risultato necessario mettere il gioco in pausa e pianificare a tavolino una strategia ben definita per evitare di trovarsi in spiacevoli situazioni di mancata coordinazione. I puzzle presenti, tuttavia, risultano troppo semplici e mal progettati per una soluzione corale, affievolendo in breve tempo il loro charme.

Il che, a conti fatti, è davvero un peccato, alla luce di un comparto tecnologico che, al di là dell'assenza di un multi on line, non si vede così spesso in una produzione esclusiva PSN. Okabu parte col piede giusto, irretendo il giocatore con la sua spensieratezza e il suo fascino quasi fiabesco, ma scivola troppo rapidamente in quello che dovrebbe essere il suo fulcro, il design dei puzzle, a causa di una curva di difficoltà pressoché inesistente e di un'evidente povertà di idee, riproposte per tutta la durata dell'avventura con variazioni al limite del percettibile.

5 / 10
Avatar di Alberto Destro
Alberto Destro: Eterno Peter Pan intrappolato nel corpo di un trentenne, ha barattato la propria ombra per tastiera e controller. Il tutto per la gioia dell'adorata moglie, che si chiede cos'ha fatto per meritarsi un tale nerd.

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Okabu

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