Outlast - review
Survival terror.
Vi siete mai pentiti di esservi messi in fila per un ottovolante estremo, ma una volta scesi avete amato alla follia il brivido provato durante il giro? Outlast più o meno è la traduzione in termini videoludici di quella sensazione, un mix adrenalinico di eccitazione e puro spavento.
Una volta "in fila", nei panni del giornalista Miles Upshur, è probabile che vi venga in mente di pensare che un tizio sano di mente deciderebbe di tornare immediatamente indietro di fronte alla tetra vista del manicomio di Mount Massive, cosa che personalmente ho anche provato a fare proprio come tanti anni fa giocando a Project: Firestart.
Però andrete avanti e nei panni di questo folle giornalista informato da una fonte anonima cercherete un ingresso alternativo alle porte principali, naturalmente bloccate come da copione. Definire Upshur un folle non è un'esagerazione: già trovarsi di fronte Mount Massive nella notte buia e tempestosa durante la quale è ambientato Outlast scoraggerebbe chiunque, ma le fugaci ombre visibili alle finestre e i mezzi militari abbandonati all'esterno sono proprio un richiamo all'istinto di sopravvivenza.
Nelle prime fasi si impara subito a utilizzare la videocamera di cui è dotato Miles, utile per documentare l'esplorazione e per orientarsi nelle stanze più buie, una volta attivata la funzione di visione notturna. I preliminari sono veloci e non si mettono di mezzo tra giocatore e gameplay: entrare nel manicomio è cosa rapida, e restando in tema di giostre la corsa comincia quasi subito.
All'inizio non c'è ombra di nemici ma gli spaventi non mancano e sono quasi sempre di tipo brutale. Outlast è come quelle case dell'orrore dove il figurante di turno è sempre dietro l'angolo pronto a spaventare con il suo "buuuu", ma che siano falsi allarmi o pericoli veri, la paura del gioco di esordio di Red Barrell riesce a infilarsi sotto la pelle e gelare il sangue. Pelle d'oca, paura di aprire una porta, lancio delle cuffie con conseguente snack per riprendersi... mettete pure in conto questi fattori se avete intenzione di vestire i panni di Upshur.
"All'inizio non c'è ombra di nemici ma gli spaventi non mancano e sono quasi sempre di tipo brutale"
Ragionando prima di provare il titolo, o con il senno di poi, un horror di questo tipo sembra incapace sulla carta di spingersi al livello della sottile angoscia di titoli come i Silent Hill del periodo d'oro. Outlast fa infatti affidamento sulla paura del sangue, sul raccapriccio, sull'essere afferrato dal mostro di turno, sull'horror sbattuto in faccia, ma i risultati si rivelano sorprendentemente validi e quasi mai pacchiani.
Proprio in virtù delle situazioni assurde in cui Miles si caccia (voi vi infilereste in un condotto d'aria da cui cola una cascata di sangue o ve la dareste a gambe levate?), anche quando non accade nulla, si resta con l'angoscia che qualcosa possa accadere dopo. E sì, senza anticipare nulla, state pur certi che alcune di quelle cose che vi verranno in mente accadranno sul serio. Il bello è che giocando ad Outlast si arriva a pensare a talmente tante svolte raccapriccianti che la maggior parte della tensione viene dall'interno prima di tradursi nello strillo e nella fuga affannosa di turno.
Da buon giornalista (non tutti sono anche rugbisti), Miles non è un esperto di combattimento, anche se sembra poter contare su una discreta velocità. Di fronte a un pericolo incombente, le uniche alternative a sua disposizione sono infatti la fuga a gambe levate e la possibilità di nascondersi una volta fatte perdere le tracce.
"Di fronte a un pericolo incombente le uniche alternative sono la fuga a gambe levate o nascondersi"
Infilarsi in un armadietto o sotto un letto, possibilmente dopo aver chiuso qualche porta per rallentare l'inseguitore, non risolve comunque magicamente il problema. I cattivi si danno la pena di controllare qualche armadietto o altri nascondigli prima di rinunciare alla preda, il tutto sotto i nostri occhi che potranno solo controllare impotenti dalla ristretta visuale a disposizione nel nascondiglio.
La visione notturna della videocamera è quella indubbiamente più utile, visto che permette di orientarsi nel buio più pesto anche se a volte in maniera estremamente limitata. Dal punto di vista degli ostacoli da affrontare, Outlast non si sforza di andare oltre i classici compiti mondani come la riattivazione di un generatore o l'apertura delle porte sigillate dal sistema di sicurezza. Trovarsi al buio in situazioni pericolose con la batteria agli sgoccioli è il peggio che possa capitare in Outlast, eventualità resa comunque improbabile dall'apparente adorazione dei pazienti di Mount Massive per le batterie, sparse un po' ovunque.
A rendere particolarmente efficaci le sensazioni trasmesse dall'avventura è la fisicità quasi avvertibile di Miles, che si muove in modo convincente durante la corsa e il cui corpo è anche parzialmente visibile posizionando adeguatamente l'inquadratura. Il nostro alter ego poggia le mani sugli angoli prima di sporgersi oltre di essi, o a terra quando si acquatta, e corre in modo generalmente convincente.
"A rendere efficaci le sensazioni trasmesse dall'avventura è la fisicità quasi avvertibile di Miles"
Il sonoro fa un ottimo lavoro sia nel fare avvertire la presenza del personaggio, che ansima se affannato o si produce in espressioni di paura decisamente avvertibili quando scorge qualcosa di macabro. Stessa cosa per comparto grafico, che aiuta a calarsi egregiamente nell'atmosfera e non scade neanche al massimo livello di zoom dell'onnipresente videocamera.
A voler essere pignoli, i pazienti di Mount Massive non brillano per varietà o caratterizzazione, ma la maggior parte degli spaventi nasce dalla situazione contingente e non dall'incarnazione stessa del pericolo. Angoli, svolte, porte e possibili nascondigli sono le cose che capita di cercare febbrilmente, mentre si tiene mentalmente presente la posizione del mostro di turno. Volendo è anche possibile voltarsi con un apposito tasto durante gli inseguimenti, ma si tratta di un'opzione decisamente scomoda e controproducente pur se dall'effetto assicurato.
L'unico problema di rilievo di Outlast è che il fattore spavento, altissimo e sempre in agguato, cala drasticamente a un certo punto. Ciò non accade per colpa della trama o di situazioni particolari ma nel preciso istante in cui si arriva faccia a faccia con quel terrore al quale si tenta di sfuggire a tutti i costi.
"Proprio come in una casa dell'orrore, Outlast spaventa ma non punisce minimamente"
Proprio come in una casa dell'orrore, in cui il figurante vestito da mostro afferra qualcuno e magari si mette a ridere subito dopo insieme alla vittima, Outlast spaventa ma non punisce minimamente, neanche un po' a livello grafico. La prima volta che un mostro riesce a mettere le mani su Miles, magari afferrandolo da un nascondiglio, non segue neanche una breve sequenza di morte alla The Last of Us, per fare un esempio recente.
Niente carni strappate, urla agonizzanti o destini simili: spesso il nemico scaraventa via Miles dandogli tempo di rialzarsi e cominciare una nuova fuga, o se armato lo colpisce producendo effetti grafici poco convincenti e poco più. Alla prova dei fatti i mostri si rivelano quindi molto più deboli di quanto il loro aspetto suggerisca, visto il numero di colpi necessario ad abbattere l'indifeso giornalista.
Quando Miles muore o si trova in balia dei nemici, l'effetto insomma non convince e la tensione evapora sensibilmente. Il compromesso, che garantisce al giocatore una comprensibile via di fuga, cozza per forza di cose con la percezione che si ha dei pazienti: una volta provato con mano che il mostro non è spaventoso come sembra, Outlast perde la capacità di spaventare nel profondo che rappresenta il suo punto di forza e diventa un'esperienza molto più mondana.
Il titolo di esordio di Red Barrell resta comunque un'esperienza avvincente e spaventosa come poche altre. Il terrore che riesce ad instillare, pur non durando fino al termine, resta una delle sensazioni più forti che mi sia capitato di provare ultimamente in un videogioco, e per un survival horror non c'è forse complimento migliore.