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Resident Evil: Operation Raccoon City - hands on

Il nome potrebbe anche non bastare...

Mancano ormai poco meno di due mesi al giorno in cui le porte di Raccoon City si spalancheranno al mondo per accoglierci in una realtà tanto soffocante quanto pericolosa, e proprio per scoprire cosa realmente ci attende, il sottoscritto è stato spedito in avanscoperta per effettuare un dettagliato sopralluogo. La buona notizia è che sono sopravvissuto e quella brutta, beh... è che forse quel che ci aspetta non è poi così unico come molti di noi speravano o immaginavano. Ma andiamo con ordine.

Il primo impatto con Resident Evil: Operation Raccoon City mi ha suscitato emozioni contrastanti. L'atmosfera generale è fedele alla tradizione della serie e graficamente, pur non essendo di certo sconvolgente, il titolo fa una discreta figura.

A dispetto di quanto fosse lecito attendersi, i veri limiti del prodotto si fanno tuttavia evidenti quando ci si trova ad osservare da vicino il gameplay e le dinamiche che lo caratterizzano. Al momento della stesura di questo pezzo, basato su una build ancora incompleta, non sembrano esserci infatti i presupposti affinché questo titolo riesca ad elevarsi al di sopra della massa degli shooter in terza persona.

Il trailer più recente di Resident Evil: Operation Raccoon City.

"Sorprende la scarsa mobilità dei personaggi, davvero macchinosi tanto nei movimenti più semplici quanto nell'utilizzo delle armi o del CQC"

Ciò dipende da svariati motivi, prima fra tutti la scarsa mobilità dei personaggi che si è chiamati ad interpretare, davvero troppo macchinosi tanto nei movimenti più semplici, quanto nell'utilizzo delle armi o del CQC (Close Quarter Combat). Avete presente l'ormai storica legnosità nei cambi di direzione che ha caratterizzato gran parte dei capitoli principali del franchise? Beh, in parte c'è anche qui, a dispetto di quanto dichiarato da Mike Jones, produttore del gioco. E considerando che stiamo parlando di uno sparatutto, tale problematica assume una rilevanza ben maggiore rispetto a quanto accadrebbe in un survival horror...

In una missione, ad esempio, mi sono ritrovato a interpretare il ruolo di un membro del servizio di sicurezza dell'Umbrella, il cui compito era quello di intercettare William Berkin prima che potesse recuperare i suoi progetti e vendere il Virus-G al governo americano. Raggiungere il vecchio Berkin ha richiesto solo tre, semplici sparatorie e una volta sul posto, dopo aver constatato la sua contaminazione e la conseguente trasformazione in un abominio, mi sono dovuto limitare a fuggire per evitare di essere fatto a pezzi, cosa a tratti non proprio semplice visti i problemi di cui sopra...

Ciò che delude in maniera particolare è infatti la sostanziale semplicità dell'intera esperienza di gioco, caratterizzata da sequenze di gameplay trite e ritrite che qualsiasi appassionato della categoria avrà già visto un milione di volte. La progressione è infatti estremamente lineare e il passaggio da una zona all'altra è scandito da sparatorie in cui le mancanze di un'IA, tutt'altro che impeccabile, e la scarsa solidità del sistema di puntamento, spiccano davvero più del dovuto.

"Le sparatorie appaiono caotiche e l'IA non mostra particolare dinamismo"

Le sparatorie che si è chiamati ad affrontare appaiono infatti caotiche e prive di senso (in alcuni casi si è addirittura costretti a rimanere entro un certo perimetro a causa di barriere che scompaiono solo dopo la morte di tutti i nemici presenti), e il fatto che l'IA non mostri particolare dinamismo né quando controlla soldati umani né tantomeno quando si trova a gestire i movimenti dei non morti, limita notevolmente gli stimoli che un prodotto come questo dovrebbe garantire.

A sopperire almeno in parte a questi difetti ci pensa un pregevole sistema di progressione, incentrato sull'acquisto di armi e abilità attraverso l'esperienza accumulata nel corso del gioco (non sembra esserci alcuna distinzione tra singleplayer e multiplayer in questo senso), e una pregevole co-op, attraverso la quale è possibile affrontare la campagna in compagnia di altri tre amici.

Alla luce dei limiti dell'IA e della sostanziale ripetitività dell'esperienza proposta, il fatto che gli eventi narrati possano essere condivisi con i propri amici, ognuno dei quali dovrà necessariamente vestire i panni di uno tra i sei personaggi proposti (tutti molto diversi gli uni dagli altri) garantisce senz'altro un maggior numero di variabili tattiche, ma questo non rimedia alle diverse lacune di cui il prodotto soffre.

Uno sguardo al multiplayer di Resident Evil: Operation Raccoon City.

Com'è facile intuire tutto questo fa di Resident Evil: Operation Raccoon City un gioco fondamentalmente anonimo che, almeno in singleplayer, non sembra avere nulla che lo elevi rispetto alla massa e che lo renda meritevole di attenzione da parte degli appassionati del genere.

La speranza è dunque quella che i mesi a venire possano essere utilizzati per arricchire un prodotto che sembra affidare tutte le sue fortune al nome che porta, perché se le cose dovessero rimanere invariate, la dicitura "Resident Evil" sulla copertina potrebbe anche non bastare.

Avatar di Davide Persiani
Davide Persiani: Davide inizia a lavorare nel campo dell'editoria videoludica all'età di 16 anni. Dopo qualche anno di gavetta in Spaziogames e Play Media Company, subisce l'irresistibile fascino di Eurogamer.it.
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Resident Evil: Racoon City

PS3, Xbox 360, PC, Windows Phone

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