Sacred Citadel - review
Old School fino al midollo!
Piccolo disclaimer iniziale: il sottoscritto è un grandissimo fan dei picchiaduro a scorrimento. E se come me siete cresciuti negli anni '80, vi sfido a non esserlo: in quegli anni le sale giochi di mezzo mondo erano infatti occupate dai cabinati di capolavori come Double Dragon, Golden Axe, Final Fight... e compagnia picchiando.
Sacred Citadel è ispirato chiarissimamente a quei vecchi ghepardi di un tempo, che cita e omaggia in più di un'occasione senza nasconderlo, e in particolare a quel Golden Axe che a tutt'oggi costituisce uno dei momenti più alti di una SEGA d'epoca, ormai purtroppo andata. Il gioco in realtà è una sorta di "preludio" all'imminente Sacred 3, ma se ne discosta totalmente dal punto di vista delle meccaniche e dello stile generale, risultando purtroppo uno spin-off senza infamia e senza lode.
Non si tratta di una frase fatta: ogni aspetto di Sacred Citadel è infatti generosamente "standard". Gli unici fattori che si discostano da questa aurea mediocritas sono quelli relativi ai valori di produzione. Da un lato abbiamo infatti un aspetto estetico decisamente molto bello, privo di particolari spunti creativi nel creature design ma comunque validissimo (se siete di quelli che da un millennio firmano petizioni online per avere i "vecchi classici" di un tempo rieditati in HD, qui troverete pane per i vostri denti). Dall'altro troviamo invece una delle colonne sonore più genuinamente brutte, noiose e ripetitive che mi sia capitato di ascoltare nei tempi recenti: l'intera soundtrack sembra un lunghissimo e inutile assolo di hammond dei peggiori Doors, e sicuramente vi indurrà a pigiare il tasto "-" del telecomando dopo al massimo un'ora di gioco.
Ma la grafica e il sonoro non sono tutto nei videogiochi (nonostante quanto sembri pensare il boss di Crytek). Quindi, com'è il resto di Sacred Citadel? Innanzitutto, sono rimasto piuttosto sorpreso dalla blandezza della storia: se questo è il "preludio" che con le sue vicende dovrebbe incuriosirci a giocare Sacred 3, ossia un action-RPG da centinaia di ore, stiamo freschi. I personaggi e la vicenda sono infatti abbastanza trascurabili e non costituiscono di certo una gran motivazione a proseguire.
"I personaggi differiscono tra di loro come skin, ma in quanto a gameplay non troppo"
Ma parliamo della vera sostanza, ossia del gampeplay, e del design generale. In Sacred Citadel dovremo affrontare circa una ventina di livelli, suddivisi in quattro aree, con una progressione completamente lineare. Potremo scegliere il nostro eroe tra quattro personaggi diversi (Guerriero, Ranger, Maga e Stregona) e affrontare l'avventura in compagnia di altri due amici, tramite gioco locale o online. Fin qui, davvero niente male. Affondando un po' più i denti nella ciccia di questo titolo, emerge però un difetto generalizzato, ossia una certa mancanza di "spezie" che contribuisce a creare quel sapore standard che dicevamo prima.
Per cominciare i personaggi sono sì molto diversi come skin, ma in quanto a gameplay mica tanto: al di là dell'attacco secondario (affidato al tasto Triangolo/Y) e della "smart bomb", il sistema di combattimento è infatti molto simile per tutti, e si basa sull'utilizzo di due armi in dual wield. Quindi anche la vostra seducente maga dovrà menare sante mazzate con le sue doppie spade o asce o quant'altro riuscirà a recuperare dal terreno di battaglia. Sì, perché in Sacred Citadel le armi vengono saltuariamente "droppate" dai nemici, dandovi la possibilità di equipaggiare di tanto in tanto un nuovo strumento di morte. Questo è un tocco carino, peccato che ogni arma si comporti esattamente come le altre (a parte i valori di danno fisico ed elementale).
Una semplicità di base che si riflette anche nel combattimento in generale: gli scontri non richiedono quasi mai alcuna tattica, e nonostante sia presente un tasto "parata" potreste tranquillamente finire il gioco senza mai utilizzarlo. Le combo realizzabili sono una manciata abbastanza ristretta e i nemici in genere sono ben felici di farsi raggruppare in un'unica matassa e incastrarsi in un giro di schiaffi infinito, fino alla propria morte. Ogni tipo di approccio tattico è praticamente assente: solo negli ultimissimi livelli capiterà di incontrare qualche avversario furbo abbastanza da parare un colpo ogni tanto, ma la resistenza offerta è in generale molto bassa, così come il livello di difficoltà.
"Gli scontri non richiedono alcuna tattica e il tasto 'parata' potrete tranquillamente non utilizzarlo"
Il che è forse un bene, perché si ha l'impressione che i controlli di Sacred Citadel non siano particolarmente precisi e reattivi, e nemmeno le collisioni. Il personaggio "fluttua" un po' sullo sfondo, alcune mosse stranamente sembrano rifiutarsi in modo del tutto imprevedibile di partire (l'attacco R1+Triangolo del guerriero, nella mia prova, è riuscito una volta sì e tre no...) e le collisioni con i nemici a volte sono frustranti: è ad esempio impossibile saltare alcuni "mostri" anche se il margine ci sarebbe, perché si viene bloccati dal solito fantomatico muro di plexiglass.
Parlando di livelli, come dicevamo prima, qui abbiamo una progressione completamente lineare, e lineari sono anche le varie aree, all'interno delle quali non succede poi molto. Lo schema è quello classico: avanzare di quattro passi, ondata di nemici da uccidere fino all'ultimo, poi avanzare di nuovo di quattro passi... e così via. Di tanto in tanto si finisce per affrontare un mini-boss o si incappa in una sezione con qualche ponte mobile, ma niente di più.
Il che va anche bene in un piacchiaduro a scorrimento ma se si pensa che già 20 anni fa giochi come Dungeons & Dragons: Tower of Doom offrivano percorsi multipli e livelli molto più interattivi... beh, è chiaro che in un gioco "moderno" si poteva fare qualcosa di meglio dal punto di vista del design. Qui, l'unica distrazione possibile è una minuscola "città", accessibile dal menù, in cui potremo acquistare armi, pozioni e altri potenziamenti.
"Il gioco può essere terminato in circa 4 ore con un personaggio"
Il gioco può essere terminato in circa 4 ore con un personaggio, complice anche la difficoltà senz'altro compiacente, ma il fattore rigiocabilità è abbastanza elevato: ogni livello ci darà infatti un "voto" finale in base alla nostra prestazione, e ci offrirà tre sfide differenti (come ad esempio arrivare al termine senza morire). Abbastanza per convincerci a fare un'altra "run" nei panni di un secondo personaggio, o magari a frantumare di nuovo il gioco in un lungo pomeriggio in compagnia di amici (situazione in cui questa categoria di giochi dà sempre il meglio di sé).
Insomma, Sacred Citadel non ha difetti imperdonabili ma neanche grandi qualità perché io possa consigliarvelo. Se siete come me degli appassionati di picchiaduro a scorrimento e non vedete l'ora di far frullare qualche altra ascia bipenne, sentitevi pure liberi di aggiungere un bonus di +1 al voto finale, specialmente se il materiale da multiplayer a casa vostra non manca mai. Se invece non siete dei nostalgiconi dei "bei tempi" delle sale giochi e dei vari Golden Axe, temo che qui non troverete molti stimoli.