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Steel Battalion: Heavy Armor

Il fascino dell’acciaio.

Se mai ci chiedessero quale fosse l'arma segreta di Steel Battalion, quel "qualcosa" in più che ha permesso al titolo Capcom di entrare tra l'Olimpo delle chicche dei collezionisti più incalliti, la nostra risposta sarebbe senza alcun dubbio il controller.

Quaranta pulsanti differenti, due enormi cloche alloggiate in altrettante comode unità collegate ad una terza unità di controllo centrale, che davano vita ad un mostro di plastica e transistor grosso all'incirca tre volte l'allora console di riferimento, la prima Xbox. La sua complessità tecnica e, non ultima, la sua ragguardevole stazza ne fecero lievitare il prezzo ben oltre il limite dello spendibile di gran parte degli esseri umani, consacrandolo in questo modo ad oggetto leggendario dei più inconfessabili desideri.

I pochi che al tempo ebbero la fortuna di sedersi di fronte a questo adorabile ammasso di hardware e plastica, ricordano ancora oggi con malinconia la tremebonda procedura di accensione, che obbligava il giocatore a premere un'infinità di interruttori nell'ordine corretto prima ancora di poter vedere il proprio bolide in movimento, o l'ancor più leggendario pulsante eject, capace di mandare ai campi elisi in un sol colpo - o meglio, con una singola pressione - il file di salvataggio del giocatore.

Un pulsante che, originariamente, doveva essere protetto da un apposito involucro di vetro, da rompere solo in caso di estremo bisogno: fortuna che Capcom, in uno dei rari momenti di lucidità nella fase di design del titolo, decise di abbandonare definitivamente l'idea del pulsante "bomba atomica style" .

Al di là dei numerosi aneddoti sparsi per la rete, chiunque abbia provato Steel Battalion si sarà accorto di come quell'enorme controller fosse effettivamente il cuore dell'intera esperienza di gioco: ecco dunque perché il suo abbandono in favore di Kinect, che caratterizza questo Steel Battalion: Heavy Armor, per certi versi rischia di risultare strano o - almeno inizialmente - poco convincente. Ma basta poco per accorgersi di come in realtà il risultato non sia solo qualcosa di davvero originale, ma allo stesso tempo tanto difficile quanto emozionante.

Il filmato della Gamescom.

Le prime fasi di gioco possono sembrare piuttosto macchinose: Kinect lavora in tandem con il controller di Xbox 360, introducendo una serie di funzioni e possibili movimenti così lunga da far impallidire anche chi su quel leggendario pad di cui sopra ci ha speso intere estati. Inutile dire che siamo di fronte al degno successore di uno dei giochi più brillanti e maledettamente complessi mai apparsi su console.

Abbassa due mani et voilà, subito disponibile un utile periscopio che aumenta sensibilmente lo spazio visivo del giocatore nel campo di battaglia. Alzandosi in piedi e scuotendo la testa - come se ci stessimo guardando intorno - il nostro alter ego aprirà il portellone del tank per raggiungere un punto di vista ottimale, rischiando però di finire sforacchiato dall'immancabile fuoco incrociato che caratterizza tutte le arene di guerra che andremo ad incontrare.